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Una mostra sul rapporto tra banca e capolavori attraverso sette secoli: 67 opere, molte esposte per la prima volta
di Barbara Gabbrielli
L’arte racconta la storia delle città, ma quella senese in particolare riesce a intrecciare svariate identità. Insieme ai nomi di artisti, che dettero vita a una grande scuola già a partire dal Duecento, e a quelli delle famiglie che qui si sono affermate, è sempre presente l’insegna di una delle banche più antiche al mondo: il Monte dei Paschi. Committenza, mecenatismo e collezionismo, in un susseguirsi di vicende che hanno contribuito a creare il prezioso patrimonio artistico della città del Palio, vengono raccontati in un percorso espositivo che attraversa sette secoli in 67 opere, molte delle quali esposte per la prima volta. La mostra “ Arte senese. Dal tardo Medioevo al Novecento”, che si inaugura oggi all’interno del complesso di Santa Maria della Scala, è un resoconto del ruolo che l’istituto bancario di piazzetta Salimbeni ha avuto nel raccogliere, acquisire, conservare e spesso assicurare alla città capolavori pittorici e scultorei di ogni epoca. « Sono opere che provengono da Palazzo Salimbeni, Palazzo Tantucci, Palazzo Spannocchi, Palazzo Sansedoni, Palazzo Chigi Saracini e dal Museo di San Donato » spiega Laura Bonelli, curatrice della mostra. « Sono state eseguite da maestri senesi per Siena, per il suo territorio e anche per centri al di fuori dei suoi antichi e recenti confini amministrativi » Organizzata da Fondazione Mps e Fondazione Santa Maria della Scala, insieme a Opera Laboratori, l’esposizione si apre con il bozzetto in terracotta del monumento dedicato a Sallustio Bandini ( 1878) e realizzato da Tito Sarrocchi in occasione del rifacimento di piazza Salimbeni. Un piccolo assaggio di arte ottocentesca che cede subito il passo al tardo Medioevo, l’epoca d’oro della scuola senese, grazie a due rari dipinti duecenteschi: la Madonna col Bambino e santi del Maestro di Tressa e il Christus Triumphans di Margarito d’Arezzo, una delle più datate croci dipinte in Toscana. Il Trecento trova il suo protagonista in Pietro Lorenzetti rappresentato da un’opera della sua maturità: il pannello centrale e il laterale di un trittico portatile. Un capolavoro, anche se incompleto, come gli elementi della Croce di San Martino di Stefano di Giovanni detto “il Sassetta”, il primo pittore senese che seppe confrontarsi col mondo nuovo e prospettico di Masaccio e Donatello. « Questi frammenti » dice Bonelli « sono un esempio di come il collezionismo contribuì a salvare il patrimonio cittadino dopo le soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi. La colossale croce del Sassetta era stata segata per farne una porta. Per fortuna Gaetano Saracini riuscì a salvarne almeno una parte». Un capitolo importante della storia di Siena si svela grazie al cinquecentesco Cataletto di Francesco Vanni che raffigura il Beato Ambrogio Sansedoni mentre ottiene da Papa Clemente IV la revoca della scomunica sulla città. E Piazza del Campo trionfa nelle tre grandi tele del vedutista fiorentino del Settecento Giuseppe Zocchi. Infine, la cultura accademica, rappresentata dalle opere di Luigi Mussini fondatore dell’Accademia di Belle arti senese, da Cesare Maccari e Giovanni Dupré ( molte delle cui opere sono all’Hermitage) per poi arrivare all’intervento urbanistico di Fulvio Corsini del 1927 con il bozzetto della fontana “ della granocchia”, ancora oggi all’ingresso dell’antica chiesa di San Donato. La mostra proseguirà fino all’ 8 gennaio 2023 ( ingresso 12/8 euro, 0577 286300).