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15 Ottobre 2022il commento
di Marcello Sorgi
È inutile nasconderlo: a quasi trent’anni anni dall’apparizione del centrodestra sulla scena politica italiana, l’elezione dei due presidenti delle Camere La Russa e Fontana rappresenta un passo indietro. Tutto il lavoro fatto da Berlusconi per rendere compatibili con la democrazia italiana un partito post-fascista e uno federalista è stato consumato in pochi giorni. E questo è dimostrato anche dal tenore liquidatorio dello scontro tra la leader di FdI e quello di Forza Italia, maturato nella giornata di ieri. Il foglietto in cui Berlusconi – sembrano gli appunti per un’intervista – definisce Meloni «supponente, prepotente, arrogante, una con cui non si può andare d’accordo». E Meloni che gli risponde che ha dimenticato di aggiungere «non ricattabile». Come possano questi due – il Fondatore del centrodestra vecchia maniera e la Rifondatrice – pensare di tornare ad allearsi per mettere su un governo, è tutto da scoprire, nei prossimi giorni.
Ma è intuibile che la vincitrice delle elezioni e candidata a Palazzo Chigi considera un “ricatto” le pressioni del Cavaliere per fare entrare nel governo la sua stretta collaboratrice Ronzulli. E che Meloni, piuttosto di accontentarlo, è pronta a non fare il governo, con conseguenze immaginabili sulle sorti della legislatura, e con un abbandono repentino dell’atteggiamento, se non proprio moderato, compatibile con la responsabilità che l’attende, tenuto fino a qualche giorno fa.
Quanto alla scelta dei due candidati eletti a Palazzo Madama e a Montecitorio e presi dalle file radicali dei due partiti, è un’altra conseguenza della mutazione genetica del centrodestra. Una svolta che contraddice i compiti di quel “triumvirato” che, con il Quirinale, da oltre un quarto di secolo sovrintende ai destini della Repubblica, accompagnandoli in tutte le emergenze, e muta la natura di questo organismo informale che è stato una risorsa nei momenti difficili di questi ultimi ventotto anni.
C’è da sperare, ovviamente, che i due nuovi presidenti sappiano interpretare i ruoli assegnati loro con senso delle istituzioni: e non è affatto escluso che lo faranno. La Russa, sia detto con tutto il rispetto, per tradizione familiare è un vecchio fascistone, che viene dalle file della “maggioranza silenziosa” inventata da Almirante, e si è molto ammorbidito nel tempo e nei lunghi anni di esperienza parlamentare: il discorso pronunciato subito dopo l’elezione fa testo della volontà di voler cambiare, dando vita a una nuova stagione della sua vita politica. Ha giurato, va preso in parola. Ma basta averlo frequentato in uno dei talk-show che ha frequentato spesso finora, e da cui dovrà necessariamente allontanarsi, per sapere che non ama essere contraddetto e reagisce con nervosismo, diciamo così.
Fontana, che ha pubblicamente ringraziato Bossi, sa benissimo di essere politicamente il suo opposto. Mentre il “Senatur” ha sempre lavorato per smussare ogni estremismo dei suoi seguaci, promettendo la “secessione” ma in realtà facendo di tutto per seppellirla e riuscendo a integrare la Lega nel gioco politico nazionale, fin dai tempi della Prima Repubblica, Fontana s’è mosso, anche da ministro, sul filo delle proprie idee proto-sovraniste, filo-Putin, no gender, pro-famiglia tradizionale e anti-abortiste, senza alcuna intenzione di confrontarsi con chi la pensa diversamente. Anche in questo caso, il nuovo presidente va messo alla prova: ma il punto di partenza, negarlo non si può, è molto più arretrato rispetto al suo collega del Senato. In ogni caso, tra la lite Berlusconi-Meloni e le personalità dei due nuovi presidenti, il centrodestra che conoscevamo non esiste più. E quello che è arrivato con le elezioni del 25 settembre è un’altra cosa. Vedremo dove ci porterà.