Magari è stato un caso. Ma il 25 aprile, in contemporanea, due leader europei, di differente orientamento politico e culturale, hanno presentato la loro opposta visione dell’Europa. A Budapest, alla Conservative Political Action Conference Hungary, in presenza di esponenti del conservatorismo americano ed europeo, il premier ungherese Viktor Orbán ha delineato le caratteristiche di ciò che chiama l’Europa delle nazioni. A Parigi, all’università La Sorbona, in presenza di alti funzionari e imprenditori dell’establishment francese, il presidente Emmanuel Macron ha delineato le caratteristiche di ciò che chiama l’Europa potenza. Vediamo di cosa si tratta.
Cominciamo da Viktor Orbán. Il premier ungherese ha indicato l’obiettivo che i conservatori dovrebbero perseguire, combattere “lo spirito progressista che aleggia in occidente”.
L a vittoria di Donald Trump, alle elezioni americane del prossimo novembre, costituirebbe una vera svolta, in quanto Donald Trump è il leader naturale nella battaglia contro “l’ordine egemonico liberale”. Sostituire questo mondo “significa anche sostituire i liberali che l’hanno costruito”. Le elezioni americane ed europee dei prossimi mesi devono “inaugurare una nuova era di sovranità nazionali di cui l’Ungheria è un modello, un’isola conservatrice”. Un’isola dove vige la “legge del cristianesimo europeo, chiusa ai migranti islamici, ai progressisti e alla lobby LGBTQ”. Per Viktor Orbán, occorre rifiutare la “trasformazione dell’Europa in una società razzialmente mista”, una trasformazione che è imposta dalle agenzie governative di Bruxelles, esattamente “come le agenzie governative di Washington D.C. usano la loro autorità per eliminare Donald Trump”. I nemici dei popoli europei e americano sono dentro i rispettivi sistemi, non fuori, sono al centro delle rispettive strutture di potere pubblico, non alla periferia. Parlando a nome dei “sovranisti europei”, Viktor Orbán ha concluso il suo discorso ricorrendo allo slogan trumpiano, “Make Europe Great Again”. Pur non essendo il suo partito (Fidesz) membro di nessuno raggruppamento del Parlamento europeo, le posizioni di Orbán convergono con quelle dei Conservatori europei, che hanno reso pubblico il loro manifesto elettorale proprio alcuni giorni fa. Per i Conservatori europei “si tratta di fare meno, ma di fare meglio”, di ridurre drasticamente le politiche centralizzate a Bruxelles che hanno trasformato l’Unione europea (Ue) in “un superstato federalista che ha ridotto le nazioni a mere entità territoriali” controllate dal centro. Occorre, dunque, dar vita ad “un’Europa delle nazioni, rispettosa delle differenze locali, allo stesso tempo basata sul libero commercio (free trade) e gli scambi culturali ed economici”. L’Ue deve dunque ritornare alla fase precedente alla creazione del mercato singolo. Contemporaneamente, deve darsi strumenti per difendersi, anche se qui, tra Orbán e i Conservatori europei, le opinioni divergono.
Opposta è stata la visione che Emmanuel Macron ha presentato alla Sorbona. Nonostante il tono inutilmente francese (ad un certo punto ha chiesto addirittura scusa per aver usato un anglicismo), Macron ha presentato la sua idea di un’Europa “terza potenza” (tra Stati Uniti e Cina, come se esse fossero due potenze equivalenti), derivata dalla consolidata tradizione gaullista del suo Paese. Ha precisato, infatti, che l’Europa “deve dimostrare che non sarà mai un vassallo degli Stati Uniti quando parla alle altre regioni del mondo”. Il presidente francese ha spinto l’Ue a prendere atto che i suoi rivali, americani e cinesi, non rispettano le regole del commercio globale, trasferendo alle loro economie massicci sussidi pubblici. Per questo motivo, l’Ue “deve dotarsi di una politica commerciale più aggressiva e deve investire massicciamente in aree critiche”, anche facendo nuovo debito comune europeo, come ha fatto durante la pandemia, incrementando le risorse proprie (tasse europee) per garantirlo. Dopo aver individuato le aree strategiche cui indirizzare finanziamenti straordinari ad hoc (intelligenza artificiale, quantum information, spazio, biotecnologie, nuove energie), Macron si è quindi focalizzato sull’obiettivo, per lui prioritario, di costruire una “Iniziativa per la difesa europea” che includa uno scudo antimissile europeo e l’acquisto di materiale bellico solamente da produttori europei. Se la visione di Orbán implica la disintegrazione dell’Ue, la visione di Macron propone l’accelerazione del processo di integrazione. Tuttavia, i termini istituzionali dell’Europa potenza non sono chiari, condizionati come sono dalla sua cultura giacobina. Macron critica giustamente i nazionalisti
che non vogliono uscire dall’Ue ma la vogliono svuotare dall’interno, ma poi sostiene la necessità di costruire una ‘nazione europea’ da contrapporre a quella ristretta dei nazionalisti. Nonostante l’impegno a farlo, a Parigi è impossibile liberarsi dal paradigma dello stato nazione.
Insomma, se i Conservatori europei vogliono andare indietro, gli europeisti come Macron spingono per andare avanti. In entrambi i casi, però, non si precisa come creare l’Europa delle nazioni oppure l’Europa potenza. Seguendo Orbán perderemmo tutto ciò che è stato costruito dal 1957 (a cominciare dal mercato unico), seguendo Macron avremmo nuovi obiettivi con cui rafforzare ciò che abbiamo costruito, ma l’itinerario per raggiungerli continua ad essere scritto solamente in francese.