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Mattarella alla Sapienza
di Monica Guerzoni
Agli studenti dice: le violazioni dei diritti umani vanno denunciate ovunque
ROMA Volevano incontrarlo sul «pratone» delle tende montate per protesta otto mesi fa all’interno dell’Università, proprio là dove lo striscione steso sull’asfalto accusa: «Italia e Sapienza complici del genocidio». E il presidente Sergio Mattarella non si è sottratto al richiamo degli studenti, che in tutto il mondo gridano il loro sdegno per le violazioni dei diritti umani. Ha risposto ai ragazzi e alle ragazze dei collettivi studenteschi pro-Palestina della Sapienza, da giorni in agitazione e lo ha fatto rilanciando l’urgenza del cessate il fuoco e l’importanza del confronto: «Le università sono la sede del libero dibattito e talvolta anche del dissenso dal potere».
L’XI Giornata del Laureato arriva dopo giorni di tensione nel più grande ateneo d’Italia, con le bombe carta e i lanci di uova piene di inchiostro. Mattarella prende la parola prima della premiazione dei 400 neo-laureati più brillanti e subito ribadisce l’importanza del dialogo per la libertà, la pace e il rispetto dei diritti umani: «Venendo ho visto un cartello che mi chiedeva cosa pensassi di quel che avviene a Gaza. Non voglio lasciare questa domanda senza risposta». Un intervento fuori programma, in cui Mattarella sottolinea la preoccupazione per il conflitto in Medio Oriente e richiama la missiva dei collettivi studenteschi: «Una lettera mi ha sollecitato a non chiudermi in quella che è stata definita la ”torre d’avorio del Rettorato”…». Un messaggio, quello degli studenti antagonisti, molto severo con i vertici dell’ateneo e delle istituzioni.
I ragazzi dei collettivi sono arrabbiati, lamentano di aver ricevuto manganelli invece di risposte e vogliono che Mattarella parli con loro, occhi negli occhi, sul dramma di Gaza e le responsabilità di Israele. La risposta del presidente arriva dall’Aula magna: «Il nodo è la questione della pace in Medio Oriente, del diritto all’esistenza in sicurezza di Israele, dei diritti del popolo palestinese e, tra i diritti, quello di avere uno Stato». Mattarella ora legge i suoi appunti, ora parla a braccio. Ribadisce l’urgenza del cessate il fuoco già invocato alle Nazioni Unite. Ricorda che «l’esigenza di rispettare il diritto umanitario è nella nostra Costituzione» e che «tutte le violazioni vanno denunciate e contrastate. Tutte, ovunque e sempre». Vale «per il popolo palestinese, per i ragazzi stuprati e uccisi mentre ascoltavano musica in un rave lo scorso 7 ottobre in Israele, per i bambini sgozzati quel giorno». Vale per il rapper condannato all’impiccagione in Iran. Vale «per Mahsa Amini e per tante ragazze iraniane incarcerate torturate e spesso uccise per il rifiuto di indossare il velo o perché non lo indossavano bene». Vale per «le ragazze a cui è proibito frequentare scuole e università in Afghanistan».
Vale per il popolo palestinese, per i ragazzi stuprati
e uccisi
e per i
bambini sgozzati
il 7 ottobre
Fuori dal Rettorato, la protesta continua. I ragazzi e le ragazze con le kefiah in testa e gli striscioni in mano, inizialmente poche decine, sono ora più di cento. Prima sventolano la bandiera della Palestina, cantano e ballano davanti a pannelli e muri con su scritto in rosso e in verde «free Gaza», «Israele boia», «Viva la resistenza palestinese». Stendono lenzuola «A Gaza ci si laurea sotto le bombe», quindi gridano dentro i megafoni slogan a dir poco aggressivi: «Mattarella pagherai tutto». Accendono fumogeni colorati, lanciano aeroplanini fatti con la lettera a Mattarella. Sparano acqua con le pistole di plastica verso gli agenti e, quando cominciano a premere sulle transenne, le forze dell’ordine in assetto antisommossa reagiscono alzando gli scudi di plexiglas. Qualche minuto di tensione, ma nessun incidente e i ragazzi tornano verso le tende.
Le telecamere — che da giorni documentano le proteste — sono ora puntate sulla cerimonia aperta dal professor Eugenio Gaudio, presidente della Fondazione Roma Sapienza. Al tavolo dei relatori siedono anche Gianni Letta e Luciano Fontana. Il direttore del Corriere, che si laureò alla Sapienza con il grande linguista Tullio De Mauro, riceve l’attestato di «laureato illustre della Sapienza» e i complimenti di Mattarella per l’«estrema efficacia» della sua lectio brevis dal titolo «Il nuovo mondo dell’informazione», sul valore dello studio (e della gavetta) per la realizzazione professionale.
Una lettera mi ha solle-citato a non chiudermi in quella che è stata definita la torre d’avo-rio del Rettorato
La rettrice Antonella Polimeni, che gli studenti avevano portato in corteo sotto forma di sagoma di cartone, non nasconde l’orgoglio di guidare la prima università al mondo negli studi classici. Il finale è tutto per i 400 «laureati eccellenti» in ogni disciplina, ai quali Mattarella aveva rivolto il suo «intenso augurio». Foto di gruppo, applausi e lancio del «tocco». Ma la protesta non è finita, perché su Instagram i ragazzi dei collettivi, che forse non hanno letto attentamente il discorso, replicano con durezza al capo dello Stato: «O ci si impegna per fermare il genocidio, con ogni mezzo, o si è complici. E no presidente, non basta chiedere il cessate il fuoco per avere la coscienza pulita. Non esiste la libertà tanto citata finché vive l’oppressione».
Dario Nardella, sindaco di Firenze, rimprovera agli studenti slogan «di una violenza e di una mancanza di rispetto inaccettabili». Accuse che il dirigente dem ritiene «ingiuste» nei confronti di un capo dello Stato che «si è esposto, dimostrando sensibilità e fermezza, nel condannare le repressioni con i manganelli da parte degli agenti di polizia a Pisa e Firenze». Quegli stessi manganelli che i ragazzi dei collettivi avevano citato nella lettera a Mattarella: «Chiedevamo il dialogo, le risposte sono state i manganelli».