danilo ceccarelli
L’emozione ha preso il sopravvento alla fine del discorso, quando il pubblico comincia a intonare la Marsigliese e Marine Le Pen si interrompe, sorridendo commossa dinnanzi allo sventolio di centinaia di bandiere francesi. È la risposta della sua piazza, in verità non stracolma, alla condanna all’ineleggibilità arrivata meno di una settimana fa per appropriazione indebita di fondi europei. Una prova di forza, quella tentata dalla leader del Rassemblement National, che dal centro di Parigi, all’ombra del complesso monumentale degli Invalides dove riposa Napoleone, richiama all’ordine le sue truppe in una domenica di manifestazioni e raduni che ben illustrano il volto politico di una Francia divisa.
«Ha subito un processo politico», dice Marie, venuta dalla Normandia, che, mentre aspetta l’arrivo della sua beniamina, parla di un «complotto». «Le Pen è troppo in alto nei sondaggi, per questo l’Ue e la sinistra cercano di toglierla di mezzo», spiega la donna, che nella vita fa l’agente di sicurezza. Quando parla della decisione della Corte di appello di anticipare la sentenza sul ricorso per l’estate del 2026 dando qualche speranza alla candidatura di Le Pen, Marie si mostra cautamente ottimista: «Bisogna sperare che il giudice sarà imparziale!», afferma la donna, prima di interrompersi per l’arrivo di Marine Le Pen sul palco.
La pretendente all’Eliseo, che rischia di non potersi candidare alle elezioni del 2027, arringa la folla per una quarantina di minuti. «Non mollerò», garantisce la leader, che descrivendo la sua lotta azzarda un parallelismo con quella «pacifica del pastore Martin Luther King per i diritti civili dei cittadini americani». Il pubblico applaude, scandisce «Ma-rine presi-dente» e alza cartelloni con l’hashtag #SalviamoLaDemocrazia. La protagonista della giornata continua poi con un altro paragone, questa volta con il suo principale alleato italiano: «In tutti i Paesi europei, miei cari amici, i dirigenti dei partiti nazionalisti sono perseguiti, come ultimamente il nostro amico Matteo Salvini», spiega l’esponente dell’estrema destra d’oltralpe in riferimento al processo Open Arms. Proprio il vicepremier, assieme ai principali esponenti sovranisti d’Europa, è apparso in un video all’inizio dell’evento, ricambiando così il favore alla sua partner europea, che si era collegata al raduno della Lega. In quella che l’esponente dell’estrema destra francese definisce una «caccia alle streghe», riprendendo le parole del recente endorsement di Donald Trump, ci sono nel mirino i giudici che «criminalizzano le idee politiche sovraniste». Dal pubblico si alza un buu generale, a dimostrazione del fatto che il nemico numero uno ora è la magistratura, finita nel mirino delle critiche con la giudice che ha guidato il processo, Bénédicte de Perthuis, messa sotto scorta per le troppe minacce ricevute, definite «indegne» da Le Pen.
«La giustizia non deve mischiarsi nel processo democratico, è evidente che siamo in un governo di giudici», spiega Anton alla fine del discorso. Secondo il quarantenne, che confessa di essere un simpatizzante dell’ultraconservatore Eric Zemmour, «il potere giudiziario perde credibilità quando lascia liberi criminali e immigrati clandestini». Per questo oggi è sceso in piazza, pur riconoscendo che «non c’era troppa gente».
Circa 10mila secondo quanto annunciato da Jordan Bardella, il giovane braccio destro di Le Pen che ha parlato prima della leader. Se dovesse prendere il posto della sua mentore al primo turno delle presidenziali, il 29enne otterrebbe tra il 31 e il 35,5% stando all’ultimo sondaggio di BfmTv, che dà invece Le Pen tra il 26 e il 32%.
Difficile dire se la partecipazione sia stata inferiore di quella di place de la République, a circa 5 Km dal meeting lepenista, dove si è tenuto un contro-raduno organizzato dai Verdi e dalla sinistra radicale de La France Insoumise, senza l’appoggio dei socialisti. Per gli organizzatori 15mila persone, per la prefettura 3mila. Fatto sta che la risposta all’estrema destra c’è stata, non solo da parte della gauche.
A Saint-Denis, nella banlieue a Nord di Parigi, i macroniani di Renaissance si sono ritrovati per un incontro terminato con l’intervento di Gabriel Attal, ex premier dato come possibile candidato alle prossime presidenziali. «Se rubi, poi paghi», ha tuonato in merito alla condanna di Le Pen il fedelissimo del presidente Emmanuel Macron, lanciando l’allarme sulla minaccia incarnata dalla «internazionale reazionaria» di cui farebbe parte anche la leader del Rassemblement National, che poco prima si era paragonata ad Alexei Navalny. «Lei è solo una pedina del suo boia», ha risposto Attal, in un botta e risposta dal retrogusto elettorale.