Effetto Novecento quando gli artisti raccontano la Storia
21 Settembre 2024Pianese: Mattia Polidori pensa positivo «Inizio difficile ma possiamo fare bene»
21 Settembre 2024Il mio museo sarà un’agorà
di Aldo Tani
È arrivato a Siena con esperienze importanti alle spalle e un compito gravoso davanti, far funzionare la Fondazione Santa Maria della Scala. Dallo scorso gennaio ne è il presidente e dopo nove mesi di lavoro Cristiano Leone può tracciare un bilancio.
Presidente, che museo ha trovato?
«La Fondazione è attiva da meno di due anni. Era ed è un percorso tutto da costruire, muovendosi su due piani: uno manageriale e l’altro per rendere più funzionali gli spazi. Se sul secondo c’è un concorso di idee in svolgimento, il primo resta da sviluppare. L’ente che presiedo ha un solo socio, il Comune di Siena, e quindi la mia priorità è allargare la compagine sociale. Il Santa Maria della Scala è un complesso di 36 mila metri quadri, sfruttati solo per metà. Nonostante gli sforzi dell’amministrazione, le risorse oggi a disposizione non sono sufficienti. Ecco perché ho lanciato un invito al Ministero della Cultura per entrare nella società. Questo coinvolgimento non è legato solo ad avere più fondi, ma anche alla necessità di avere più attenzione su questo museo».
Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello di un ripensamento degli ambienti, come si muove?
«Il progetto Canali che è stato la base negli anni Novanta della trasformazione del Santa Maria, ha tanti meriti, ma quell’idea non è più attuale. Oggi un museo deve essere sempre di più un’agorà nella quale la cittadinanza possa ritrovarsi. Un po’ quella che è la vocazione identitaria di questo luogo. Perciò, la mia idea è di non procedere con le ristrutturazioni parziali, ma ripensare gli spazi. Ecco la proposta del concorso di idee, con tre importanti studi di architettura al lavoro. Hanno già visitato questo posto. Da ciò deriverà un masterplan, che deve rispondere anche alle esigenze della cittadinanza. Il punto di arrivo è che l’Antico Spedale sia allo stesso tempo un luogo di studio, di ricerca e di diffusione culturale».
Il Comune ha stanziato nell’ultimo 350 mila euro a favore della Fondazione. Con questi fondi cosa riuscite a fare?
«Si tratta di un contributo importante, ma limitato rispetto all’ambizione della nostra programmazione culturale. Per questo ci muoviamo per reperire altri aiuti. Per esempio a ottobre aprirà la mostra Costellazioni . Esposizione basata sui capolavori del ‘900 con la Fondazione Monte dei Paschi di Siena e la Fondazione Cesare Brandi e che coinvolge altri enti. Il nostro approccio è di associarsi per ogni progetto con delle istituzioni pubbliche, e non private, perché non abbiamo la vocazione da galleria».
Va bene il Pubblico, ma prima che arrivasse lei, le istituzioni si sono attivate per far sì che la Fondazione rientrasse tra gli enti del Terzo settore in modo che anche i privati si potessero affacciare a questa realtà.
«La storia è un po’ differente. Ad oggi, per come è stata costituita la fondazione, non può essere ascritta al Terzo settore. Un’azienda del Terzo settore non può avere una presenza del pubblico preponderante rispetto alla presenza del privato. Nel caso specifico, essendo una fondazione con un unico socio fondatore, il Comune di Siena, abbiamo il nostro personale che è messo a disposizione dal Comune, quindi la preponderanza del pubblico impedisce l’iscrizione. Per questo si mira, e l’ingresso del ministero va in questa direzione, a una società partecipata nella quale ci sarà una compagine societaria solo pubblica, ma verranno poi creati, e noi già ci stiamo lavorando ampiamente, tutta una serie di programmi di sponsorizzazioni e di partenariati che sosterranno invece l’iniziativa».
Allora come sta procedendo questo coinvolgimento del ministero?
«La nostra istanza è stata accolta dalla Direzione generale Musei. Noi dobbiamo lavorare in maniera molto tecnica, perché va riscritto lo statuto che era deficitario in diversi punti e questo ovviamente si fa insieme con il Ministero. Il cambio del ministro ha significato la sospensione temporanea del progetto, ma sono certo che con la sensibilità di Alessandro Giuli ci sarà sicuramente un interesse evidente».
Sarà possibile vedere a Siena i grandi nomi in mostra?
«A me l’idea del grande nome non dice nulla, anche perché le grandi mostre sono sempre di più considerate non sostenibili. Io ragiono più sul concetto di nomi giusti, che abbiamo un ancoraggio con l’istituzione. Per esempio noi faremo una mostra sul Vecchietta, che è il grande maestro del Santa Maria della Scala. Il Vecchietta è ovviamente per il grande pubblico, magari non è un nome che faccia smuovere le persone dall’estero. Però allora che cosa facciamo? Faremo una mostra organizzata insieme alla Free Collection di New York, quindi diciamo che il processo di internazionalizzazione viene anche dal rapporto con i partner con cui realizzeremo questi progetti».
La riapertura del Palazzo delle Papesse rappresenta una concorrenza sul territorio?
«Nella cultura non esiste la concorrenza, perciò sono felice di vedere questo palazzo riaperto. Nel momento in cui esistono più proposte, gli studi hanno dimostrato che anche la domanda aumenterà, quindi la cosa essenziale è lavorare insieme e non sovrapporre gli eventi».
Lei è un punto di riferimento per la cultura performativa a livello internazionale. Troverà spazio al Santa Maria della Scala?
«Questa disciplina crea collegamenti diretti tra opere d’arte, artisti e pubblico, quindi consente di lavorare su una visione macroscopica della cultura. L’esempio è il festival performativo che faremo a novembre, Xenos».
https://corrierefiorentino.corriere.it/