MARCO BRESOLIN
«La legislazione in questo settore è di competenza degli Stati membri» riconosce la Commissione europea, mettendo in chiaro che non spetta a Bruxelles intervenire per promuovere o bocciare i provvedimenti normativi nazionali legati all’aborto. E però la decisione di inserire nel decreto Pnrr un emendamento per aprire le porte dei consultori agli esponenti delle associazioni contrarie all’interruzione volontaria della gravidanza ha provocato un po’ di imbarazzo all’interno di Palazzo Berlaymont. Dove ieri una portavoce si è affrettata a precisare che la norma in questione è totalmente slegata dal Pnrr.
«Questo decreto contiene delle misure relative alla struttura di governance del Pnrr – ha spiegato la portavoce – e questi aspetti sono certamente legati al Pnrr. Ma ci sono anche altri aspetti che non hanno nulla a che vedere». Come ad esempio «questa legge sull’aborto». Si tratta di una scelta comunicativa per prendere chiaramente le distanze da una decisione politica italiana ed evitare che l’intervento venga in qualche modo associato al Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato dall’Unione europea.
Il messaggio serve infatti a sgomberare il campo da equivoci che potrebbero sorgere: non saranno certo le risorse del Pnrr a finanziare queste iniziative (che, tra l’altro, secondo il testo del provvedimento, saranno portate avanti «senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica») né si può dire che la misura rientri tra gli obiettivi richiesti da Bruxelles per poter ottenere i fondi del Next Generation EU.
È altrettanto vero che l’adozione dell’emendamento non metterà in alcun modo in discussione l’erogazione dei fondi Ue, essendo appunto un provvedimento che «non ha nulla a che vedere» con il piano nazionale di ripresa e resilienza. Bruxelles, insomma, avrebbe chiaramente preferito non vedere quella norma sotto il cappello del Pnrr, ma fonti Ue spiegano che si tratta «di una decisione del legislatore italiano» sulla quale la Commissione non può certo mettersi di traverso. Ciò che conta, per Bruxelles, è che i provvedimenti realmente legati al Pnrr siano in linea con quanto concordato. Per sintetizzare: tecnicamente, l’esecutivo europeo non ha alcuno strumento per poter intervenire, ma politicamente ha scelto di mandare un messaggio per chiarire che non c’è e non può esserci alcun legame tra il Next Generation EU e le associazioni pro-vita nei consultori. Liberi di farlo, insomma, ma “not in my name”.
Interpellata da La Stampa sul merito del provvedimento, la portavoce della Commissione responsabile degli Affari Interni, Anitta Hipper, spiega che «il rispetto della vita privata delle donne è al centro dei diritti delle donne» e che «fare marcia indietro non è un opzione». La funzionaria ribadisce che «la legislazione in questo settore è di competenza degli Stati membri», ma «detto questo vorrei segnalare le parole della presidente von der Leyen, secondo cui forti diritti delle donne sono una risorsa e in un risultato di cui l’intera Europa deve essere orgogliosa».
Sulla questione dell’aborto, nei giorni scorsi è andato in scena uno scontro a distanza tra il governo spagnolo e quello italiano. E soltanto una settimana fa l’Europarlamento ha votato una risoluzione (giuridicamente non vincolante) per chiedere di inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, passaggio auspicato anche da Emmanuel Macron a margine del Consiglio europeo di giovedì. Ma per farlo è necessario il via libera all’unanimità degli Stati membri e oggi non ci sono le condizioni. Anche perché ci sono Paesi come la Polonia e l’Ungheria che prevedono limitazioni all’interruzione volontaria di gravidanza, mentre a Malta è addirittura di fatto vietata. La risoluzione – che tra le altre cose invita La Valletta a rivedere la propria legislazione – era stata approvata con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astenuti. Gli eurodeputati dei tre partiti che sostengono il governo Meloni (tranne alcune eccezioni) si erano schierati per il “no”. In quell’occasione né la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, né quella dell’Europarlamento, la maltese Roberta Metsola, erano intervenute per commentare la decisione dell’Aula.