Museo Novecento
Da domani la mostra sulla parte meno conosciuta della carriera dell’artista
di Elisabetta BertiJannis
Kounellis considerava ogni mostra come un’opera d’arte, da modificare, aggiustare, sistemare fino a pochi minuti prima dell’inaugurazione. Era rigoroso e perfezionista. A vedere i suoi disegni, che come un flusso di coscienza hanno accompagnato una produzione costellata di leggendarie installazioni sapientemente architettate, sembra perciò come di guardare dal buco della serratura del suo studio: sono sogni da sveglio, lampi di immaginazione, schizzi di qualcosa che sarà, o forse no. Esposti da domani al Museo Novecento nella mostra“ La stanza vede. Disegni 1973- 1990” a cura di Dieter Schwarz e con la direzione artistica di Sergio Risaliti, i disegni costituiscono la parte meno ovvia e meno conosciuta della sua lunga carriera cominciata negli anni Sessanta a Roma, dove era approdato “ in fuga” dalla sua Grecia e dalla scuola di belle arti, e proseguita attraverso diverse fasi – dai quadri con lettere e simboli alla conquista dello spazio oltre la tela, dall’arte povera alle performance fino alla morte avvenuta nel 2017. Il corpus di disegni che arriva per l’occasione a Firenze, in tutto 115, proviene da una selezione che lo storico dell’arte e direttore di musei Rudi Fuchs operò nel 1990 per la mostra alla Haags Gemeentemuseum dell’Aia: era la prima volta che l’artista greco esponeva i suoi disegni e il titolo era proprio “ La stanza vede”, per suggerire un ribaltamento della relazione tra lo spettatore e lo spazio che contiene le opere d’arte. Il Museo Novecento li riprende continuando così a percorrere il filone di ricerca dedicato alle opere su carta, di cui hanno fatto parte le personali di Henry Moore, Tony Cragg e Jenny Saville. A matita, a china o a carboncino Kounellis tratteggia figure di donne che emergono dal fumo, volti che ricordano Munch e Modigliani, locomotive, una città di ciminiere, lampade a olio, sacchi di carbone, cumuli di teschi, macchine da cucire: si ripercorrono tutti gli elementi iconici della sua produzione,tutti i temi a lui più cari ( i mali della modernità, il viaggio, lo scetticismo nichilista, il rapporto tra artista e sistema) attraverso opere grafiche che appaiono come annotazioni, esercizi di memoria, fantasie, non necessariamente legate ad una produzionesuccessiva. Talvolta invece si tratta di bozze progettuali di futuri lavori, idee per un allestimenti pensati all’interno di scatole prospettiche, o di scenografie che ricordano le prime avanguardie. «Nel disegno ho sempre calcolato delle cose che erano completamente sognate. Il lavoro èben diverso » disse Kounellis rispondendo a Giancarlo Politi in un’intervista del 1985. Si tratta di qualcosa di più fluido e più spontaneo rispetto alle opere, tuttavia legato alla storia dell’arte e alla tradizione. Non a caso, tra i suoi riferimenti più forti, ricorda Risaliti nel catalogo della mostra, c’è Masaccio, che per primo abbandonò l’astrattismo simbolico dell’arte bizantina per abbracciare il naturalismo moderno. Non solo: il primo Umanesimo è il momento della responsabilità civile, in cui l’artista sente di avere un ruolo per la costruzione di una certa idea di società. Un elemento fondamentale per un pittore – così si definiva lui – con un forte sentimento della politica nell’arte. Il legame di Kounellis con Firenze viene perciò da lontano, dalle radici della sua idea di arte, e si è rinsaldato nel tempo con eventi memorabili: la performance alla Galleria Area nel 1975 nella quale, disteso a terra con una fiamma ossidrica legata ad un piede, riscaldava una caffettiera; nel 1977 nel chiostro dei morti di Santa Maria Novella dove un treno scorreva su un binario intorno al fusto di una colonna, e poi nel 2017 con la mostra “ Ytalia” che lo vide protagonista con opere esposte a Palazzo Vecchio e agli Uffizi, ma che lui non fece in tempo a visitare. Oggi la mostra di Kounellis, suggerisce il direttore del Museo Novecento, entra in risonanza con quella in procinto di inaugurare a Palazzo Strozzi su Anselm Kiefer, grande pittore e scultore tedesco che tra i suoi punti di riferimento ebbe proprio il maestro greco, ma anche con Andre Butzer, il quale a sua volta guarda a Kiefer, e la cui mostra ha appena aperto a Firenze tra il Museo Bardini e lo stesso museo Novecento. L’esposizione è completata da due film proiettati nella sala cinema al primo piano: uno è “ Atto unico” girato da Ermanno Olmi durante l’allestimento della mostra omonima, l’altro è dedicato all’arte in Italia tra gli anni Sessanta e Settanta, quelli dell’affermazione di Kounellis.