danilo ceccarelli
Un lungo scroscio di applausi risuonati in tutto l’emiciclo, come una sinfonia liberatoria. È stata accolta così nell’Europarlamento di Strasburgo la bocciatura della proposta presentata dal Partito popolare europeo, che fino all’ultimo ha cercato di rispedire al mittente la legge sul Nature Restauration Law della Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Il primo atto di una giornata continuata con l’esame dei circa 140 emendamenti presentati e conclusasi con l’approvazione del testo. Uno dei pilastri del Green Deal che punta a difendere l’ambiente ripristinando habitat ed ecosistemi rovinati dall’azione dell’uomo. Tra i vari obiettivi, c’è quello di recuperare il 20% delle aree terrestri e marine dell’Ue entro il 2030. Un progetto accompagnato in questi ultimi mesi da un forte dibattito, che ha visto da una parte ambientalisti e sinistra europea, dall’altra la destra, anche quella estrema, guidata dai popolari che hanno preso le difese degli agricoltori, preoccupati dalle conseguenze di un simile progetto sulle loro attività. «Il fatto che dobbiamo lottare per avere il minimo è assurdo», ha commentato Greta Thunberg, presente in aula insieme ai militanti di Friday for Future dopo aver partecipato il giorno prima ad una manifestazione a favore della legge davanti all’Eurocamera, dove si erano ritrovati anche gli agricoltori contrari.
Alla fine via libera è arrivato per un soffio, con 336 voti favorevoli, 300 contrari e 13 astenuti. Fondamentali i 21 franchi tiratori interni al Ppe, che sfidando la linea del loro leader Manfred Weber hanno votato a favore della legge. «È difficile che un gruppo sia compatto al 100%», ha commentato subito dopo l’eurodeputato tedesco, garantendo che quello del suo gruppo è «un approccio al contenuto» della legge. Ma il vero ago della bilancia sono stati i liberali di Renew, che hanno spianato la strada al compromesso presentando degli emendamenti utili a trovare un compromesso. «Gruppo Ppe, possiamo smettere di giocare ora e lavorare di nuovo insieme per l’interesse generale?». ha scritto in un tweet il macroniano Stephane Sejourné, capogruppo dei liberali. Le forze del governo italiano (Fdi, Fi e Lega) si sono invece mostrate unite nel dire no alla legge, definita «figlia del Green Chic, non del Green Deal» da Nicola Procaccini eurodeputato per Fratelli d’Italia e co-presidente dei conservatori di Ecr.
«Gli sforzi delle destre non sono riusciti ad affossare uno dei capisaldi del Green Deal», ha commentato su Twitter la vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno. Più diplomatico il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, che ha parlato di «voto cruciale» per il raggiungimento della neutralità climatica dell’Ue, prima di offrire la «massima apertura» per le prossime negoziazioni, che dovranno avvenire sui «contenuti».
Una battaglia, quindi, vinta dalla sinistra guidata dai Socialisti europei e dai Verdi, anche se in molti hanno lamentato l’approvazione di un progetto edulcorato rispetto alla sua versione iniziale. L’obbligo di raggiungere certi obiettivi è stato cancellato, mentre in casi eccezionali sarà possibile prorogare alcuni target. Il prezzo che è stato pagato per far passare il testo e vincere la battaglia politica in vista delle prossime elezioni europee, dove la destra rischia di presentarsi indebolita e frammentata alla luce del risultato di ieri, vinto di un soffio da una sinistra unita con il sostegno dei liberali. Dinamiche delle quali Timmermans non vuole nemmeno sentir parlare: «ora pensiamo alla prossima generazione e non alle prossime elezioni».
Adesso si apriranno le negoziazioni de Trilogo (Commissione, Parlamento e Consiglio) che porterà al testo che i Governi dovranno attuare. L’obiettivo di arrivare entro la fine dell’anno a quelli che sono stati definiti dal Commissario all’ambiente Virginijus Sinkevicius come dei «compromessi equilibrati».