Il quadro che emerge è la conseguenza dei vari decreti “sblocca cantieri” che per il Pnrr/Pnc hanno ampliato le soglie sotto le quali non serve ricorrere alle gare (di fatto elevandole, a seconda delle tipologie di appalto, fino a 5 milioni di euro). Nel 2021 il governo Draghi (decreto 77) ha confermato le norme transitorie volute dal Conte I e II e così ha fatto Meloni a febbraio scorso. Il nuovo codice degli appalti voluto da Salvini ha reso definitivi i nuovi limiti estendendoli a tutti gli appalti, non solo quelli dei due piani, ed elevando a 500 mila euro la soglia sotto la quale le stazioni non qualificate (cioè i piccoli Comuni) continueranno a gestire appalti senza doversi rivolgere a enti con le competenze necessarie.
Il risultato è nei dati. Il 94% degli appalti di servizi del Pnrr/Pnc è passato da affidamenti diretti, modalità che invece ha riguardato un appalto su due di lavori. Per capirci, delle 153.253 procedure finanziate, ben 127.336 riguardano affidamenti diretti. Significa che nel complesso l’83% di tutti i contratti è stato o verrà assegnato a imprese di fiducia delle pubbliche amministrazioni, senza concorrenza su prezzo e/o requisiti e senza neppure il bisogno di confrontare due o più preventivi. Negli appalti di servizi le assegnazioni fiduciarie sono 75.873 (sulle 81mila totali), cioè il 93,8%. Percentuali molto alte anche nelle forniture, dove gli affidamenti fiduciari sono l’89% (35.207 su 39.487 procedure totali).
Nei lavori, come detto, la quota è del 49,4%. Questo vuol dire che un cantiere su due viene affidato senza alcun confronto competitivo. Parliamo di 33.100 appalti tra i 40 e i 150 mila euro (il 62,8%), per i quali si può procedere con affidamenti diretti: 2,7 miliardi in valore, a cui vanno aggiunti gli 1,2 miliardi derivanti dai micro appalti sotto i 40mila euro, affidati all’interno di obblighi di gara e spesso (sotto i cinquemila euro) al riparo dei vincoli di rotazione degli aggiudicatari. Se a questi si aggiungono anche le 11.223 “procedure negoziate” (cioè chiamando un ristretto numero di imprese), la percentuale di cantieri senza una gara sale all’84%.
Il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, aveva già lanciato l’allarme, denunciando l’aumento delle soglie senza gara. “Così si riduce la trasparenza e aumentano le situazioni di illegalità – ha spiegato Busia –. Il rischio è di rivolgersi alle imprese che si conoscono e non alle migliori facendo lievitare i prezzi senza risparmiare tempo”. Per tutta risposta la Lega gli ha chiesto di dimettersi. L’effetto dei vari sblocca cantieri è che l’80% dei lavori è affidato direttamente alle imprese o con procedure negoziate e queste percentuali addirittura salgono negli appalti del Pnrr e del piano complementare. Busia ha chiesto di modificare il codice appalti: “Almeno sopra il milione di euro si deve partire da avvisi aperti alla concorrenza. Non è il bando a portare via tempo, ma la cattiva esecuzione se non si individua l’impresa migliore”.
La banca dati Anac restituisce anche il quadro degli importi: appalti per 36,1 miliardi riguardano i settori ordinari mentre altri 23,5 riguardano i cosiddetti “speciali” (trasporti, con le Ferrovie protagoniste, acqua, energia) per un totale di 59,6 miliardi (il 66,2%). Seguono le forniture (15,4 miliardi) e i servizi (14,6). A fare incetta di appalti è il colosso Webuild guidato da Pietro Salini, il costruttore più amato da Salvini che controlla anche il consorzio Eurolink che deve costruire il Ponte sullo Stretto di Messina: s’è aggiudicata da sola appalti per 5,8 miliardi grazie alla vittoria di quattro bandi, tre di Rfi (due per l’Alta velocità Palermo-Catania e uno sulla Salerno-Reggio Calabria) a cui va aggiunto l’appalto da quasi un miliardo per la nuova diga foranea di Genova, sotto indagine di Anac e Procura. Anche Ghella e Pizzarotti hanno vinto appalti miliardari ma nelle procedure più grosse figurano al seguito di Webuild, che guida le compagini come capogruppo, quindi la quota di appalti in campo al colosso è ancora più alta. Per quanto riguarda le stazioni appaltanti, i Comuni sono di gran lunga i più impegnati con il Pnrr, con 14.420 procedure all’attivo. Nei primi 10 per importo troviamo, però, le società del Gruppo Ferrovie: Rfi (con bandi per 12,7 miliardi) e Trenitalia (2,4 miliardi). Al secondo posto Consip (11,5 miliardi), seguita da Invitalia (9,1). La società per l’attrazione degli investimenti è invece al primo posto per numero di procedure promosse (688), seguita da Cnr (455) e Asmel (centrale di committenza dell’associazione di Comuni).