La giornata, picco di una mobilitazione che ha visto nelle scorse settimane prese di posizione ufficiali (con delibere) della Scuola Normale di Pisa, delle Università di Torino, Bologna e Bari e del Cnr, vedeva due fronti diversi e intersecati. Uno studentesco, guidato dai collettivi che hanno organizzato presidi e assemblee nelle università, anche con occupazioni di rettorati e senati accademici giudicate “inaccettabili” dal ministro Anna Maria Bernini, secondo quanto fatto sapere da fonti qualificate. E uno di sciopero, proclamato dal sindacato Usb, a cui hanno aderito docenti, ricercatori e dipendenti degli atenei, con biblioteche e uffici rimasti chiusi, e che “ha colto un appello che montava dalla comunità accademica stessa” nota Francesca Cecconi, delegata Usb all’Università di Pisa.
L’appello, che ha superato le 2500 firme di professori e ricercatori, chiede la sospensione del bando di cooperazione scientifica con Israele (in particolare per la ricerca dual use, che può avere anche scopo militare), “ma vuole aprire anche una questione morale e politica più ampia che riguarda la militarizzazione della ricerca, la commistione dell’industria bellica nella ricerca italiana a fronte di un sistematico e progressivo definanziamento della ricerca”, ha spiegato la docente Paola Rivett dal presidio all’Università Sapienza, cuore della protesta a Roma. In diversi atenei, proprio ieri il senato accademico votava sull’adesione al bando.
A Padova, l’Unione degli Studenti, lista di maggioranza, aveva messo ai voti una mozione per chiedere il ritiro dell’università. Nel frattempo, davanti al palazzo circondato da forze di polizia, un partecipato presidio premeva chiedendo di entrare nella sala. Pressione respinta e mozione bocciata “con voto contrario della Rettrice e nessuna apertura di riformulazione da parte sua” hanno notato i rappresentanti degli studenti.
A Siena gli attivisti del comitato Palestina libera hanno fatto irruzione nella riunione del senato accademico dell’università per chiedere di non partecipare al bando Maeci. “Grazie per la vostra opinione, noi dobbiamo continuare il nostro lavoro” ha risposto il rettore, e partecipazione al bando approvata.
Al Politecnico di Milano, una quindicina di persone hanno occupato le sale del rettorato allo scopo di “ottenere un incontro per discutere del ruolo che dovrebbe avere l’università e di questi bandi di collaborazione”. La rettrice “non si è presentata e anche la pro-rettrice delegata non si è assunta la responsabilità di garantire un incontro”, hanno spiegato gli studenti.
Apertura al Politecnico di Torino: “Il Senato accademico definirà i tempi e i modi per dibattere in modo ampio e articolato questi temi, per maturare la propria posizione e arrivare a una sintesi” ha detto il rettore Stefano Corgnati, dopo il il sit-in davanti all’ateneo.
Presidi e proteste anche in una decina di altre università e città, tra cui Pisa, Bologna, Bari, Firenze, Venezia, Cosenza, Genova. A prevalere è però per ora la linea del basso profilo: nessuna presa di posizione pubblica, ma l’impegno a vigilare perché i progetti di ricerca non finiscano per avere uso bellico.
Nel pomeriggio, la principale manifestazione si è tenuta alla Farnesina: una delegazione, uno studente e una docente, ha incontrato un dirigente del Ministero degli Esteri, che si è impegnato a portare le richieste (sospensione dei bandi presenti e futuri; riconoscimento delle università palestinesi; la revisione degli accordi per evitare il dual use) al Ministro. Di fronte al massacro in corso, troppo poco per chi ieri ha manifestato. “Non vogliamo essere complici del genocidio che Israele sta portando avanti. Se il bando non verrà ritirato continueremo a promuovere la pratica del boicottaggio” spiega Francesca Lini di Cambiare Rotta, che conclude: “Abbiamo dimostrato che la comunità studentesca non è dormiente. Dopo un decennio in cui non veniva messo in discussione il ruolo delle Università, è un avanzamento importante”. Prossimo appuntamento il 17 aprile, per un’assemblea nazionale di studenti e docenti. Mentre nei prossimi giorni si terrà un punto sulle proteste tra la ministra Bernini e il collega dell’Interno Matteo Piantedosi, che sarà allargato ai rettori e agli enti di ricerca.