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16 Luglio 2025Banche, il risiko si complica: tra la sfida Mps-Mediobanca e la stretta Ue sul golden power
Il risiko bancario italiano si fa sempre più acceso, tra l’offerta pubblica di scambio di Mps su Mediobanca e lo scontro tra il governo e l’Unione Europea sul golden power applicato per bloccare l’acquisizione di Banco Bpm da parte di Unicredit. A pochi giorni dall’apertura dell’offerta di Siena su Mediobanca, alcuni soci storici di Piazzetta Cuccia stanno infatti dismettendo quote. Dopo Mediolanum, che ha venduto il 3,5% a inizio luglio, anche il gruppo Gavio e la famiglia Lucchini hanno ceduto azioni. Il patto di consultazione tra i soci di Mediobanca scende così sotto l’8%, rispetto all’11,7% di pochi mesi fa.
Queste vendite sono un segnale: i soci preferiscono restare neutrali in un momento di tensione tra Mps e Mediobanca, ma forse non solo. È possibile che dietro il disimpegno ci sia anche la volontà di non esporsi troppo e di non mettersi contro il governo, che in Mps è ancora il principale azionista e ha un ruolo chiave nella partita. Inoltre, non tutti sembrano credere davvero nel progetto di Siena. L’offerta continua a mostrare uno sconto rispetto al valore di mercato di Mediobanca, e la stessa proposta è stata respinta a larga maggioranza dal patto di sindacato. Mps è solida dal punto di vista patrimoniale, ma resta fragile sul piano delle strategie industriali e della governance, e molti investitori dubitano che possa valorizzare Mediobanca meglio dell’attuale management.
In fondo, non si può escludere che parte del mercato tema un progetto più politico che industriale, con il rischio di vedere Mediobanca piegata a logiche diverse da quelle di valorizzazione e crescita. E la prudenza dei soci storici, che hanno accompagnato la banca per decenni, riflette anche questa preoccupazione.
Intanto Mps prosegue la sua campagna per convincere gli investitori internazionali, con tappe a Londra e New York, e cerca di colmare il gap di valutazione magari aggiungendo una componente in denaro. Mediobanca, dal canto suo, continua a piacere sui mercati: ha appena collocato un bond da 500 milioni, ricevendo richieste per oltre 2 miliardi.
Ma il fronte bancario non si ferma qui. La Commissione europea ha bocciato il decreto con cui il governo italiano ha applicato il golden power per fermare Unicredit nell’acquisizione di Banco Bpm. In una lettera di 54 pagine, Bruxelles contesta il legame fatto dal governo tra sicurezza nazionale e motivazioni economiche. Secondo la Commissione, l’Italia ha violato il regolamento europeo sulle concentrazioni, perché la sicurezza pubblica può essere invocata solo in presenza di minacce effettive e gravi. E la fusione tra due banche italiane non rappresenterebbe un pericolo tale.
Il governo ha 20 giorni per rispondere, ma il ministro Giorgetti è deciso a difendere la linea italiana citando la sentenza del Tar che, a suo avviso, riconosce che la sicurezza economica fa parte della sicurezza nazionale. Bruxelles però è netta: se la risposta non sarà convincente, potrebbe ordinare la revoca del decreto. Intanto Unicredit, che aveva lanciato l’offerta su Bpm, resta in attesa di capire il da farsi, mentre il tempo stringe.
Sul tavolo, in sostanza, ci sono due partite cruciali per il sistema bancario italiano: la scalata di Mps a Mediobanca e la fusione Unicredit-Bpm. Due mosse che potrebbero ridisegnare gli equilibri finanziari del Paese, tra tensioni interne, mercati in movimento e il pressing dell’Europa.