Fabrizio Goria
La frenata della Germania manda due segnali distinti. Uno alla Banca centrale europea (Bce), che salvo sorprese a settembre sospenderà i rialzi dei tassi d’interesse. Uno all’Italia, che potrebbe essere trascinata nelle sabbie mobili da Berlino. La moderazione, nel caso di Francoforte, e il rigore di bilancio, in quello di Roma, si rendono necessari. Specie perché alle problematiche tedesche si aggiungono gli indici Pmi in netta contrazione e l’incertezza sulla stabilità finanziaria derivante dalla crisi immobiliare in Cina. La Bce vede vicino un arresto temporaneo delle strette, e Roma guarda con attenzione alle prossime mosse.
Il percorso non è ancora giunto a destinazione. Però occorre ragionare su quanto fatto finora. Specie perché la corretta trasmissione della politica monetaria richiede tempo, e quindi pazienza, per essere efficiente ed efficace. Una riflessione quella attesa per settembre, spiegano fonti interne al Consiglio direttivo della Bce, che «sarà su diversi aspetti». A iniziare «dall’efficacia delle misure messe in campo finora», per continuare con «una verifica della corretta trasmissione della politica monetaria» e una «analisi sulle possibili divergenze di contrasto dei rincari nell’eurozona». Vale a dire che, se finora la cura anti fiammate dei prezzi poteva essere condivisibile per tutta l’area euro, ora rischia di perdere efficacia. Pertanto, come anche sottolineato dal presidente della De Nederlandsche Bank, Klaas Knot, sarebbe doveroso guardare ai dati man mano che arrivano. «Si pensava che l’estate, con il turismo, potesse portare a uno scenario di nuovi rincari: ma non ci sono ancora evidenze concrete», fanno notare le fonti. Ipotesi che induce gli economisti di J.P. Morgan a ritenere che il prossimo aumento, nonché il finale, sarà da 25 punti base a fine ottobre. «Un tasso sui depositi a quota 4,00% può essere considerato come terminale», fa notare la casa d’affari statunitense Jefferies. Del resto, a intimorire Francoforte sono le letture dei dati macroeconomici.
Il rallentamento che si avvicina è sorgente di discussione a Francoforte. Il settore privato dell’Eurozona si è contratto in modo sensibile nel mese di agosto. L’indice Pmi composito si è attestato a 47 punti, al di sotto della soglia di 50 che indica il livello di contrazione, rispetto ai 48,6 del mese di luglio. «Si tratta di un dato che metterà alla prova l’ottimismo della Bce», fa notare Mark Wall, capo economista europeo di Deutsche Bank. Secondo cui Francoforte farà «una pausa a settembre». Non è però ancora chiaro se si tratterà di una interruzione temporanea sul percorso di contrasto all’inflazione oppure il punto finale. «Difficile che lo sia, visto che la persistenza dell’inflazione Core (di fondo, al netto di alimentari ed energia, ndr) è ancora marcata in diverse aree della zona euro», fanno notare fonti interne della Bce. E il “mantra” di Lagarde, ovvero «tenere la barra dritta contro l’inflazione», non è considerabile come un dogma, come segnalato da Rabobank.
La decisione di settembre potrebbe avere un impatto anche sui conti pubblici delle economie continentali. Come quella italiana, tedesca e francese. Che sono viste, dai mercati finanziari, come quelle con meno margini di manovra per le leggi di Bilancio per il prossimo anno. L’Italia cerca risorse e coperture per un controvalore di circa 30 miliardi di euro. Il minor aggravio su famiglie e imprese dell’incremento del costo del denaro, seppur temporaneo, potrebbe essere una boccata d’ossigeno. Anche sotto il profilo del rifinanziamento del debito, che da settembre a dicembre sarà messo sotto pressione dalle nuove esigenze di cassa. E dagli interessi passivi, che potrebbero superare quota 100 miliardi di euro l’anno entro la fine del 2023. Costringendo quindi Palazzo Chigi a valutare una revisione di bilancio. «Il problema dell’area euro è che la frenata è incisiva», fanno notare gli analisti di Wells Fargo. «Lo spazio d’azione per la Bce si riduce sempre di più, perché un conto è una recessione industriale, un altro è una economica», evidenziano. Nel secondo caso, i Paesi più vulnerabili avrebbero problemi di stabilità – di bilancio e finanziaria – che costringerebbero Francoforte agli straordinari nel corso dei prossimi nove mesi. A testimonianza di ciò, UniCredit (attraverso la controllata Hvb) ha ridotto di circa mezzo miliardo di euro la propria esposizione al segmento residenziale tedesco.
Le possibilità di un atteggiamento più pragmatico e moderato, come richiesto a gran voce da numerosi governatori dell’Eurosistema (tra cui la Banca d’Italia), aumentano giorno dopo giorno. Fra tre giovedì, il 14 settembre, la risposta definitiva.