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18 Novembre 2024Boom dell’affitto breve Città come hotel diffusi sull’onda del turismo. Ma i sindaci si ribellano (in Lombardia)
Boom dell’affitto breve Città come hotel diffusi sull’onda del turismo Ma i sindaci si ribellano Visitatori in crescita nel 2024, aumentano gli stranieri: record di spesa in Italia «Case tolte dal mercato tradizionale. Così borghi e centri storici si spopolano»
di Luca Balzarotti
MILANO «Sugli affitti brevi serve una legge, serve equilibrio». Mauro Guerra, presidente di Anci Lombardia (Associazione nazionale Comuni italiani) e sindaco di Tremezzina, uno dei borghi cartolina del Comasco con vista lago, chiede «strumenti che consentano agli amministratori di intervenire». «Alcuni Comuni, penso al mio, di piccole dimensioni, rischiano di vivere un processo di trasformazione del territorio, svuotando di cittadini centri storici e snaturandone i tessuti relazionali e commerciali. Occorre una normativa nazionale, non punitiva: non si può, però, lasciar crescere un fenomeno senza regole solo perché porta soldi». Lo dicono i numeri, anche gli ultimi di Regione Lombardia e Unioncamere: il turismo sta diventando un’economia sempre più redditizia. Tra gennaio e agosto le presenze sono cresciute dell’11% (37 milioni): più stranieri, nuove mete oltre alle grandi città, maggiori visitatori con alta capacità di spesa (il 32% lascia oltre 120 euro al giorno). Secondo Mastercard, la Lombardia rappresenta oggi la prima regione italiana per volumi, con il 18% del totale nazionale (+16%). Il mercato immobiliare ha fiutato l’affare. «Ma il rischio – sottolinea Guerra – è che chi non ha una casa di proprietà debba cercare un immobile in affitto altrove perché nei centri si preferisce tenerlo libero per gli affitti brevi piuttosto che impegnarlo per quelli tradizionali. Così si svuotano le comunità di abitanti. Occorre una normativa che limiti ad esempio il numero di giorni in un anno e consenta ai Comuni di differenziare le tariffe sui rifiuti, le aliquote Imu per gli affitti brevi in modo da liberare almeno dal bilancio risorse a beneficio della comunità locale, dalle tasse alla mobilità interna. E parallelamente prevedere incentivi all’affitto tradizionale. Chiediamo solo equilibrio». Secondo i dati del centro studi di Immobiliare.it Insights, che ha fotografato la variazione dell’offerta di affitti brevi negli ultimi 12 mesi confrontandola con quelli tradizionali e transitori, ci sono città dove la sproporzione è evidente e capoluoghi dove l’equilibrio resta. A Bergamo, ad esempio, l’offerta di affitti brevi a scopo turistico è cresciuta del 20%, quella tradizionale del 6%. A Cremona si procede per opposti: +21% i primi, -13% le locazioni di 4 anni (+4), così come a Lecco (+29% contro -5%) e a Mantova (+8% contro -48%). A parte qualche eccezione, i dati sembrano confermare i timori dei sindaci: chi ha una casa preferisce l’affitto breve. «Si tratta questo tema con semplificazione, senza guardare ai dati», è la posizione di Marco Celani, presidente di Aigab, Associazione italiana gestori di affitti brevi nata nel 2020. «Dieci anni fa si contavano 6 milioni di case vuote, oggi 9,6 milioni di seconde case non utilizzate: quelle immesse nel circuito degli affitti brevi sono 640mila, il 6,6% di quelle inutilizzate. Lo svuotamento abitativo dei centri dipende dal saldo demografico che ogni anno è negativo: nei centri storici abitano nuclei monofamiliari (33%), spesso un anziano rimasto solo. È un patrimonio che viene ereditato e, in attesa di definirne la destinazione, si preferisce l’affitto breve. Non sono soluzioni sottratte agli affitti tradizionali o agli studenti». Il centro studi di Aigab ha tracciato la provenienza delle case prima dell’affitto breve in Lombardia: il 30,4% è stata ereditata, il 28,7% era abitata da proprietari trasferiti per un periodo di tempo limitato (lavoro all’estero ad esempio), il 26,1% era sfitto. Secondo Aigab, nel 2023 gli affitti brevi hanno inciso 11 miliardi di euro sul Pil nazionale per le prenotazioni dirette a cui se ne aggiungono 44 di indotto. La rendita media per proprietario è stata di 17mila euro l’anno. A Milano 31mila.
Noi, espulsi da Milano. Dalla fisioterapista all’autista di bus Atm «Salari bassi, costi alti»
A 50 anni Cristina è stata costretta a trasferirsi a Corsico: «Non ho avuto scelta»
Giuseppe trasloca a Melegnano: contratti da alzare, impossibile crescere i figlidi Andrea Gianni
di Andrea Gianni
MILANO Cristina Carrera è cresciuta in piazza Napoli, quando è andata a vivere da sola si è spostata poco lontano, in un appartamento in affitto in via Solari dove ha abitato per anni. E ora, all’età di 50 anni, è stata costretta a trasferirsi fuori città, a Corsico. «Amo Milano e quando sono andata via mi piangeva il cuore – racconta –. Purtroppo è stata una scelta obbligata, dovuta ai costi della casa. Questa è diventata una città solo per chi ha i soldi e per i turisti, e in questo generale peggioramento delle condizioni ha giocato un ruolo anche il boom degli affitti brevi, perché chi ha un appartamento libero preferisce metterlo su Airbnb. Mia madre era casalinga e mio padre con il suo lavoro da piccolo artigiano riusciva a mantenere dignitosamente due figli, adesso sarebbe impossibile». Cristina è uno dei milanesi spinti fuori città. Ha un lavoro stabile, fisioterapista all’Asst Santi Paolo e Carlo, ma lo stipendio di circa 1600 euro al mese è incompatibile con il costo della vita. «Ho dovutolasciare l’appartamento in via Solari, dove pagavo circa 650 euro al mese spese comprese, perché la proprietaria ha deciso di metterlo in vendita – racconta Cristina – e cercando una nuova casa mi sono trovata in una giungla, perché i prezzi nel corso degli anni sono esplosi. Mi offrivano “loculi“ di 25 metri quadrati per 800-900 euro al mese, ex portinerie riadattate con bagni senza neanche il bidet, addirittura mi è stato proposto di andare in una casa in condivisione con altra gente, all’età di 50 anni. Ho cercato invano di entrare in una casa popolare, mi sono iscritta alla piattaforma del Comune Milano Abitare, creata per mettere in contatto chi cerca casa con proprietari di alloggi disposti ad applicare affitti accessibili. Non mi ha mai chiamato nessuno». Ha scelto quindi di spostarsi a Corsico, dove ha acquistato un appartamento di 38 metri quadrati. «Pago 750 euro al mese di mutuo – spiega – ma almeno ho una casa di proprietà. Vado al lavoro con i mezzi perché non posso permettermi la macchina. Le vacanze? Al massimo quattro o cinque giorni a giugno. Anche le mie colleghe abitano fuori Milano. La città dove sono nata e cresciuta è diventata inaccessibile – conclude – e il Comune dovrebbe intervenire con misure efficaci e concrete per invertire questa tendenza». Giuseppe Marulli, invece, è nato e cresciuto in Puglia. Si è trasferito a Milano nel 2011, dopo aver trovato lavoro in Autoguidovie. Nel 2014 è stato assunto da Atm, come autista dei bus di linea. «Quando sono arrivato a Milano pagavo 600 euro di affitto in zona Rogoredo – racconta – poi ho comprato casa a Melegnano, con un mutuo di 550 euro al mese. Vivere a Milano, con i figli da mantenere, lo stipendio che abbiamo e le spese che nel frattempo sono schizzate alle stelle, sarebbe impossibile. Vedo tanti ragazzi che vengono assunti da Atm, si trasferiscono a Milano e si licenziano dopo il primo mese, proprio perché il costo della casa e le spese essenziali erodono tutto lo stipendio. La soluzione sarebbe alzare i salari, adeguarli al costo della vita». Solo l’affitto, infatti, assorbe il 60-70% dello stipendio di lavoratori che guadagnano 1300-1500 euro al mese. «Governo e Regione Lombardia – sottolinea il segretario generale della Uil Milano e Lombardia Enrico Vizza – devono mettere in campo un piano casa per i lavoratori per contrastare un disagio abitativo che va affrontato con misure strutturali e con una visione di lunga durata attraverso investimenti pubblici e interventi urbanistici non speculativi, favorendo canoni di affitto calmierati e l’acquisto sostenibile». Il sindacato ha messo sul tavolo una piattaforma di proposte, che parte da un’analisi curata da Giorgio Goggi, architetto ed ex assessore alla Mobilità del Comune di Milano: punta il dito anche sul boom degli affitti brevi e degli alloggi per studenti «ricavati spesso dopo aver svuotato un intero edificio residenziale». E così si assiste a una «fuga da Milano delle classi a medio e basso reddito, discriminate dal costo degli affitti, che però tornano come pendolari». La sfida, per i Comuni, è trovare gli strumenti per garantire abitazioni a prezzi accessibili, e una leva possono essere «i Pgt con interventi sovracomunali a visione decennale».