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15 Maggio 2024L’allarme dell’Anac
La corruzione ha «un costo sociale, civile e umano, oltre che economico», perché «mortifica legittime aspettative, deteriora la qualità dei servizi pubblici, rafforza le mafie, inquina la democrazia». Nel presentare la relazione annuale al Parlamento, il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia ricorda quanto sia «essenziale» la prevenzione, per evitare che l’ombra del malaffare si distenda sulla società. E difatti non si è ancora attutito il clamore delle inchieste su politica e corruzione, che l’Anac conferma come «nonostante gli sforzi compiuti l’Italia registri ancora dati poco incoraggianti», dato che «l’ultimo rapporto della Corte dei conti europea vede il nostro Paese in una posizione ancora troppo arretrata». Non solo: nel dossier 2023 della Procura europea, «l’Italia risulta il Paese col valore più alto in termini di danni finanziari al bilancio dell’Ue stimati a seguito di frodi e malversazioni, anche riconducibili alla criminalità organizzata». La relazione affronta diversi nodi, a partire dall’attuazione del Pnrr, in cui si segnala fra l’altro lo stallo nelle assunzioni di donne e giovani (56,62% nel 2022, 56,87% nel 2023); al boom degli affidamenti diretti e all’ingiustificato ricorso ai subappalti; fino alla crescita dei «medici a gettone» con «contratti onerosi per le amministrazioni, in cambio di servizi non adeguati» e con rischi per la salute dei pazienti.
Sul Pnrr «salita ripida». Nel 2023, il valore degli appalti avviati di importo pari o superiore a 40mila euro è giunto «sui 283,4 miliardi di euro» (più 65,9% rispetto al 2019). Tuttavia, osserva l’Anac, «avviare un procedimento non significa che si sarà in grado di chiuderlo
in tempo» e «lo dimostrano i dati preoccupanti sulla spesa effettiva». La strada «è ancora lunga e, con l’avvicinarsi della scadenza del 2026, la salita diverrà sempre più ripida». Nel frattempo, si è passati da 26.500 stazioni appaltanti registrate «a 4.353 soggetti qualificati », riduzione che però per l’Anac sarebbe necessario superare gradualmente», per rispettare i tempi. Altro campanello d’allarme è quello sugli affidamenti diretti: il 90% del totale. Il nodo sta nel nuovo Codice degli appalti, che non prevede l’obbligo di avvisi o bandi per lavori fino a 5 milioni di euro e consente di acquistare beni o affidare servizi fino a 140mila euro senza richiedere preventivi. «Avevamo evidenziato il rischio di affidamenti agli operatori più vicini e collegati, invece che a quelli più meritevoli, con un prevedibile aumento dei costi», lamenta Busia, sollevato comunque dal fatto che «il ministero delle Infrastrutture sia poi intervenuto per mitigare tali effetti» con una circolare interpretativa, nell’auspicio «che tale orientamento trovi riconoscimento normativo».
Abuso d’ufficio, equo compenso e direttiva Ue. In un anno in cui l’Anac ha gestito 1.294 istruttorie, avviato 395 procedimenti e vagliato 441 istanze di precontenzioso, all’esecutivo e al Parlamento Busia rivolge diversi appelli. Uno riguarda l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio: «Se verrà meno la tutela penale» per i conflitti di interesse, osserva, «occorrerà rafforzare i presìdi di prevenzione amministrativa, dotando Anac di maggiori strumenti di intervento» e prevedendosanzioni per chi omette «di astenersi da decisioni che possono favorire se stesso o persone vicine». Ancora, l’Anac auspica che il governo «sostenga l’approvazione» della direttiva europea anticorruzione, il cui esame nelle commissioni parlamentari è fermo. E un altro «intervento chiarificatore» dell’esecutivo viene chiesto sull’applicazione ai contratti pubblici dell’equo compenso, poiché «è doveroso retribuire adeguatamente i professionisti» ma senza penalizzare i più giovani.
Le mazzette uccidono. Fra le vittime della corruzione, Busia annovera i sepolti vivi sotto le macerie di «edifici costruiti con sabbia al posto del cemento» o «i lavoratori schiacciati nei cantieri» per mancata vigilanza. Ma anche quando non uccide, conclude, «la corruzione arreca danni inestimabili», per via di «opere non ultimate, con sperpero di risorse pubbliche», imprese sane fallite «a causa di un mercato poco trasparente » o giovani cervelli costretti a espatriare. In altre parole, il ritratto della ragnatela che da decenni avviluppa il Paese.