«Nella sua saggezza e nella sua povertà molisana, il dottor Ingravallo (…) sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice o un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti».
Italo Calvino, nella quinta e ultima delle sue Lezioni american e, si riferisce a questo passo iniziale di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda, per definire il romanzo contemporaneo come Metodo di conoscenza, volto a rappresentare il mondo «senza attenuarne affatto l’inestricabile complessità, o per meglio dire la presenza simultanea degli elementi più eterogenei che concorrono a determinare ogni evento». Un mondo il cui futuro non può essere anticipato univocamente.
È attraverso l’esplorazione di questa inestricabile complessità che la grande lezione in filigrana delle Lezioni americane concerne l’innovazione, il fenomeno socioantropologico che più di ogni altro caratterizza il nostro tempo. Questa è la tesi che sostengono Andrea Prencipe e Massimo Sideri, nel loro breve e illuminante saggio L’innovatore rampante. L’ultima lezione di Italo Calvino. Prencipe e Sideri mostrano come Calvino delinei un Metodo che, nello spirito della scienza contemporanea, pone in tensione complementare concetti tradizionalmente considerati opposti, ciascuno esclusivo dell’altro: continuità e discontinuità, stabilità e cambiamento, ordine e disordine, unità e molteplicità, chiusura e apertura, coerenza e incoerenza… E come utilizzi questa tensione «ossimorica» quale strumento di una pedagogia dell’immaginazione, volta a promuovere la capacità di ideare nuovi mondi, cioè, appunto, di innovare.
Il Metodo Calvino risuona con la Grammatica della fantasia di Gianni Rodari, che surrealisticamente scriveva: «una storia può nascere solo da un “binomio fantastico”. […] Occorre una certa distanza tra le due parole, occorre che l’una sia sufficientemente estranea all’altra, e il loro accostamento discretamente insolito, perché l’immaginazione sia costretta a mettersi in moto per istituire un insieme (fantastico) in cui i due elementi estranei possano convivere». È questo pensare per «binomi fantastici» che consente anche a Prencipe e Sideri di delineare una preziosa grammatica dell’innovazione. E, con calviniana fantasia, nel definire il profilo del loro «innovatore rampante», essi riescono perfino a trarre ispirazione dalla sesta Lezione americana di Calvino, mai tenuta né scritta, che pare dovesse ispirarsi al racconto Bartleby lo scrivano, di Melville, e concernere il binomio «coerenza/incoerenza».
Bartleby incarna il pensare per opposizioni, l’ostacolo a ogni innovazione: la sua ostinata coerenza si manifesta con la laconica risposta «preferirei di no» a qualsiasi sollecitazione del suo datore di lavoro. Il suo adagiarsi coerentemente sui limiti dell’attuale restringe e confina l’orizzonte del possibile. Mentre, osservano acutamente Prencipe e Sideri, «per scorgere l’evoluzione del possibile, per costruire il futuro, la coerenza va letta e agita anche e soprattutto in una dimensione esterna e prospettica; e quindi caratterizzata da una serie di incoerenze, anche temporanee, che permettano aggiustamenti o vere e proprie rivoluzioni».
L’innovazione non può essere imbrigliata in un pensiero lineare, in qualche schema prescrittivo né in un obiettivo predefinito, ma emerge sempre, imprevista, attraverso processi complessi, nell’interazione, appunto, fra gli «elementi più eterogenei» e nella cospirazione di «tutta una molteplicità di causali convergenti»: saperi transdisciplinari, politiche di ricerca lungimiranti, convergenza di interessi, un guizzo individuale…
La sfida dell’innovazione è, nello stesso tempo, una sfida cognitiva e una sfida organizzativa. Esige organizzazioni fatte dal dialogo tra una molteplicità di attori diversi: organizzazioni capaci di stabilire ponti fra competenze interne e competenze esterne, fra mondi in apparenza distanti, creando partnership non ovvie da cui trarre idee non convenzionali. I team delle imprese high tech impegnati a creare nuovi prodotti sono composti, come sottolineano Prencipe e Sideri, non solo da ingegneri, designer e marketer, ma anche da antropologi e filosofi, «per acquisire prospettive e angolature insolite, discordanti, necessarie per alimentare il pensiero divergente, linfa vitale dell’esplorazione di innovazioni radicali», che sono appunto «inopinate catastrofi», discontinuità che aprono un possibile inedito e imprevisto.
Calvino, ne Le città invisibili, definiva ogni luogo culturale come una «ragnatela di rapporti intricati che cercano una forma». Prencipe e Sideri, da parte loro, dopo averci offerto efficaci esempi di imprese e organizzazioni innovative, definiscono l’università come il luogo privilegiato in cui i nostri rapporti più intricati o difficili prendono forma. Ma io mi sento di aggiungere, pur in piena sintonia con il loro intento, che dovrebbe essere così: ma oggi non è così. La grammatica dell’innovazione da loro così limpidamente delineata è drammaticamente estranea alla pressione burocratica, alla frammentazione dei saperi e ai metodi di valutazione tecnocratici che attualmente imbrigliano pesantemente la missione delle università, quella di essere «crocevia di culture diverse (…), attori principali nello sviluppo di percorsi interculturali e interdisciplinari che formano professionisti poliglotti, persone in grado di dialogare con culture altre e conversare con esperti di diverse discipline, valorizzando le differenze e le connessioni».
Perciò l’ultima lezione di Calvino è oggi ancor più vitale, per formare cittadini e professionisti «innovatori rampanti», in grado affrontare con capacità immaginativa le complesse sfide che ci sono poste dalle attuali drammatiche crisi globali e in grado di sperimentare nuovi mondi possibili.
L’innovatore rampante.
L’ultima lezione
di Italo Calvino
Andrea Prencipe,
Massimo Sideri
Prefazione di Luciano Floridi
Luiss University Press,
pagg. 91, € 10