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27 Settembre 2023Inaugurato il progetto dell’architetto Zermani. Acidini: è una passeggiata metafisica
Chiara Dino
Dal buio alla luce. La nuova uscita del Museo delle Cappelle Medicee, a cinque anni dal bando di concorso vinto dallo studio di architettura di Paolo Zermani, è un percorso prima discensionale poi ascensionale che evoca la caducità dell’esistenza, la vita, la morte e ancora la vita, quella eterna di Cristo risorto. È un’uscita d’autore che consta di due rampe di scale le quali collegano la Cappella dei Principi e le tombe di Michelangelo — «davanti a cui ci siamo inchinati, prima di progettare il nostro intervento» sono le parole dell’architetto Zermani — al canto dei Nelli offrendoci delle tappe belle e sobrie.
«Sembra una passeggiata metafisica che ricorda quella del Louvre» commenta Cristina Acidini, prima soprintendente ad aver messo la sua firma e la sua professionalità nel controllo degli scavi preliminari del 2010. «Dopo di lei — ricorda una Paola D’Agostino molto emozionata e a fine corsa alla direzione dei Musei del Bargello, e dunque anche delle Cappelle Medicee — ci sono state l’architetta Alessandra Marino, poi Paola Grifoni, dunque Andrea Pessina e adesso Antonella Ranaldi». È il suo giorno.
«Lascia alla città un lavoro molto elegante — dice il direttore generale dei musei Massimo Osanna — un innesto di contemporaneo nella città storica che ha portato a compimento grazie alla sua serietà e pragmaticità. Siamo molto contenti del suo operato». Non una parola invece sulla nuova uscita degli Uffizi, ancora al palo e su cui «mi piacerebbe darvi una dead line visto che Firenze la attende da troppo tempo. Ma non dipende da me».
È costata in tutto 2 milioni e 600 mila euro questa impresa che ha inglobato in sé la cinta muraria fiorentina rinvenuta durante gli scavi preliminari «e che risale al 1172/1175» come ha ricordato la soprintendente Ranaldi. L’incipit del percorso è in un’area interrata che comprende le due cripte, quella medicea già aperta al pubblico, e quella lorenese che da oggi farà parte del percorso verso l’esterno e che fino a ieri era chiusa. Poterla attraversare consente di avere una visione chiara della tomba di Cosimo il Vecchio, da cui è separata da un vetro. Qui è davvero l’apoteosi dei Medici e, a seguire, di chi li sostituì.
A parete e sul pavimento i colori e la matericità minimale del travertino di Rapolano ci accompagnano lungo una passeggiata la cui meta è l’esterno, la città che vive in San Lorenzo, tra mercato, turisti, venditori di pelli, bici, taxi, guide, bar e osterie. Ma seguiamo il percorso: attraversate le due cripte — a cui si accede con due rampe di scale — e raggiunto il nuovo bookshop dove le mura del XII secolo sono inglobate a parete, si risale verso la luce per arrivare al Canto dei Nelli. Qui sono due i segni lasciati dallo studio vincitore del bando internazionale a cui si erano presentati in 118. Nella piazza infatti, a copertura della scala c’è una tomba, come fosse un sarcofago aperto (quello di Cristo), poco più in là una seduta collocata sopra il percorso delle mura sottostanti.
La metafora del cammino dal buio alla luce qui è manifesta. Un intento chiarissimo quello dell’architetto Zermani che cita non a caso il Vangelo di Luca: «Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”». Ricorda ancora il progettista: «Nel contrapporsi di finito e non finito, in Sagrestia Nuova dove la stabilità delle statue dei duchi si oppone alle pose instabili delle figure a copertura delle tombe, un Michelangelo maturo rese palese il suo tormento, rimandano a quella dialettica tra morte e vita, che anche noi abbiamo voluto evocare».
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