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12 Maggio 2024di maurizio Porro
Caro Luchino… caro Luca… conte Luchino Visconti… caro amico (Renoir)… caro Lucchino (Poggioli)… al conte Luchino Visconti di Modrone… signor Visconti… caro Visconti… Luchino caro (Gerardo Guerrieri)… Luca mio caro (la sua amata Brignone)… Dearest duca (Leonard Bernstein)… gentile Visconti (Ferrati)… gentile signor Visconti (il quindicenne Mario Girotti, futuro Terence Hill, che confessa di essersi abbassato l’età per fare La rosa tatuata)… E ancora: illustre conte oppure carissimo come titola con affetto l’amica di una vita Suso Cecchi d’Amico, che ha scritto con lui dodici sceneggiature, gli è stata sempre vicino con tutta la famiglia ma gli ha sempre dato del lei.
C’è di tutto nelle intestazioni di queste 700 lettere che formano il patrimonio del primo tomo dell’Epistolario Visconti. 1920-1961, fortemente voluto ed edito da Gian Luca Farinelli per la Cineteca di Bologna, a cura di Caterina d’Amico de Carvalho e Alessandra Favino, volume imprescindibile per conoscere le scapigliature della vita e della carriera del grande regista di cui nel 2026 ricorrerà il 50° della morte. Caterina d’Amico, figlia di Suso, spiega che, dopo il male improvviso, Visconti dovette cambiare residenza e quando morì non aveva ancora finito i traslochi (Roma, Ischia, Cernobbio…), e così, nella villa di Castel Gandolfo, dove non mise mai piede, il garage era pieno di misteriosi scatoloni: libri, foto, lettere, materiale superstite dopo molte soste non sempre custodite e funestate da furti più o meno disinvolti. «Ma la carta non interessava e la buttavano: siamo andati a recuperare molto materiale persino dentro ai bidoni della spazzatura».
Grazie, ne valeva la pena. Perché questo è un libro prezioso: dentro ci troverete colleghi, attori, politici in auge o futuri, Salvador Dalí — che nel 1948 chiede un milione per le scene di Come vi piace — e poi una valanga di lettere e telegrammi con la coccolatissima Callas e consorte cui cita Manzoni e da subito propone La traviata, giurando che senza di lei non la farà mai (e infatti!) ma le negherà Poliuto per protestare contro le angherie della censura. E poi Anna Magnani che perse Ossessione perché incinta ma fu ripagata con Bellissima; la scenografa e costumista Lila De Nobili; il giovane Vittorio Gassman che vuole a tutti i costi fare Lorenzaccio e discute l’ordine dei nomi in cartellone, ma avvisa che sarà in ritardo perché «devo fare un redditorio quanto ignobile filmetto».
C’è l’amico Franco Zeffirelli di cui spinge la carriera lirica ma che lamenta il tradimento della Compagnia dei Giovani su Anne Frank, andata ad Annamaria Guarnieri e non ad Adriana Asti come nelle intenzioni di Visconti. E ancora scambi con Einaudi, Nono, Brancati, Vittorini e l’amico gran lombardo Giovanni Testori che si firma Jan e con il quale i rapporti s’incrinarono durante le riprese di Rocco e i suoi fratelli e Ivo Chiesa, direttore dello Stabile di Genova, con cui Visconti discute di due spettacoli non andati in porto, L’albergo dei poveri e L’opera da tre soldi, poi nel Dna di Strehler.
Ad Antonioni, che chiama Michele, Visconti scrive per chiedergli un servizio sulla Terra trema e di curare l’ufficio stampa del film. Ci sono memorie di regia (una lunga lettera del 1953 spiega a Farley Granger, subentrato a Brando, il suo personaggio in Senso), richieste di contratti e saldi, liste di costi e ricavi, problemi di budget per la Compagnia stabile con Morelli-Stoppa che all’Eliseo con Visconti cambierà il corso della regia e del repertorio in Italia, mettendo in circolo Williams e Miller, cui spiega per lettera perché usare il dialetto siciliano per Uno sguardo dal ponte. E i politici, «bolscevichi» amici del conte che rischiò di essere fucilato come partigiano: ci sono lettere con Alicata cui chiede di ridurre i romanzi di Verga, telegrammi di congratulazioni e auguri reciproci con Togliatti, una lettera di Pertini che gli parla del Crogiuolo e una missiva a Pietro Ingrao (che sceneggiò senza firma Ossessione) del 1951 dove protesta contro la censura che vuol cacciare dalla Biennale di Venezia il Berliner Ensemble e minaccia di far saltare la regia dai suoi spettacoli.
Sono cronache di grandissimi successi, di incassi magri (a Milano si gela quando si replica Il crogiuolo), di progetti rimasti sulla carta. E querelle sulla crisi di cinema e del teatro, quando saltò la compagnia di Lilla Brignone per il flop d’autore Veglia la mia casa, angelo del grande americano Thomas Wolfe.
Volume di grande piacere intellettuale, pieno di informazioni d’epoca preziose ma pervaso anche da sontuosi gossip («la signora Lola Braccini vuole essere pagata ancora prima di uscire da casa»), è diviso in ordine cronologico con un dizionario- repertorio finale che rende semplice ritrovare la posta.
L’inizio non potrebbe essere più proustiano. Un’amica di famiglia gli scrive, addì Milano 3 giugno 1920, per confermargli che sarà al saggio di violoncello al Conservatorio del quindicenne Luchino: poi, dopo quattro missive complimentose, si passa al 1937 con la corrispondenza con il regista Ferdinando Poggioli. Si salta in lungo molto del periodo parigino, dove sarà aiuto regista di Jean Renoir, presentatogli dall’innamorata Coco Chanel. Ma ci sono anche lettere inviate dal carcere alla governante Maria Cerutti nel 1944 in cui si firma Alfredo Guidi, secondo la militanza clandestina, e chiede per favore carta e inchiostro, e una vestaglia e acqua di colonia. Fu vera paura per Luchino, aiutato da un’attrice che aveva perso la testa per lui e impedì a lui di perdere la sua.
C’è un Visconti potente che dialoga con il ministero (una lunga lettera di Nicola De Pirro rinfaccia i contributi speciali erogati) e con il partito comunista che l’aveva preso sotto l’ala: il finale di Rocco davanti ai cancelli dell’Alfa Romeo è un omaggio alla costanza della ragione pratoliniana. Ma c’è anche una commossa lettera di 685 operai licenziati nel luglio 1950 a Reggio Emilia dopo un corso di riqualificazione che, in un intervallo della lotta, hanno assistito a La terra trema e gli comunicano profonde emozioni: «Mai avevamo visto un film così bello e attuale».
Luchino dialoga con il mondo: Erika Mann, figlia di Thomas, gli propone un film da Felix Krull, la Bergman si propone volentieri, la Callas lo adora, Rosanna Schiaffino e mamma Jasmine gli scrivono su Rocco una lettera che esprime meraviglia.
Aspettiamo il secondo volume, quello del finale di partita. Ma uno come Luchino starà sempre seduto a giocare con noi.
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