Anche gli elettori Pd potranno scrivere solo “Elly”
29 Aprile 2024Bilancio demografico sempre più rosso: dal 2013 persi 184 milioni di anni
29 Aprile 2024Il Papa tra le detenute a Venezia
di Gian Guido Vecchi
È il primo Pontefice a visitare la Biennale. Ai ragazzi: basta divano, siate rivoluzionari
VENEZIA «Dio sa che, oltre a essere belli, siamo fragili, e le due cose vanno insieme: un po’ come Venezia». Francesco arriva per la prima volta in Laguna ed è il primo Papa a visitare la Biennale, il padiglione allestito dalla Santa Sede nel carcere femminile della Giudecca, opere d’arte e detenute in lacrime, «sarò io ad uscire più ricco da qui, ogni volta che vado in una prigione mi dico: perché loro e non io?». Custodire la fragilità, la bellezza precaria delle persone e delle cose. C’è qualcosa di simbolico nell’immagine del pontefice che lascia la sedia a rotelle per attraversare il Canale della Giudecca su un motoscafo e poi, dalla punta della Dogana, percorre un ponte di barche su un’auto elettrica per celebrare la Messa in piazza San Marco. Il Redentore, San Giorgio, la Salute, sandoli e gondole che levano i remi in segno di omaggio. Francesco si guarda intorno e ammira il miracolo di «questa città costruita sulle acque» che «senza la cura e la salvaguardia di questo scenario naturale potrebbe perfino cessare di esistere», dice nell’omelia: «Così è pure la nostra vita».
Ci sono diecimila fedeli divisi i settori davanti al palco della Messa, sul lato del Museo Correr, lo spazio davanti alla Basilica è libero per la preghiera privata del Papa davanti alle spoglie del primo evangelista, e il paradosso è che la piazza appare meno affollata e caotica rispetto all’assedio dei turisti di questi giorni. Francesco dice la sua preoccupazione per i tanti problemi che «minacciano» la città, «i cambiamenti climatici che hanno un impatto sulle acque e il territorio, la fragilità delle costruzioni e dei beni culturali ma anche delle persone, la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso una gestione adeguata del turismo».
Venezia è una città in pericolo e insieme una metafora. Il Papa ieri mattina è rimasto poche ore e ha cominciato la visita al carcere, dove le detenute hanno partecipato all’allestimento del padiglione, un esempio di reinserimento: «Non “isolare la dignità”, ma dare nuove possibilità!». È qui che Bergoglio ha parlato delle opere d’arte come delle «città rifugio» bibliche, luoghi che «disobbediscono al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere e abbracciare tutti, a cominciare dagli ultimi».
Agli artisti
«Immaginate un luogo in cui nessuno
sia considerato un estraneo, vi imploro»
C’è bisogno che le arti diventino «una sorta di rete di città rifugio» per «liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, la xenofobia, la disuguaglianza, lo squilibrio ecologico e l’aporofobia, questo neologismo terribile che significa “fobia dei poveri”». Il tema della Biennale è «stranieri ovunque» e Francesco scandisce: «Vi imploro, amici artisti, immaginate città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo».
Andare verso gli altri, lo ha raccomandato anche ai giovani incontrati alla Salute: «Per Dio non siete profili digitali, ma figli». Il Papa esorta i ragazzi a non rimanere «seduti sul divano» ma «essere rivoluzionari» e «andare controcorrente», senza isolarsi: «Spegni la tv e apri il Vangelo, lascia il cellulare e incontra le persone!». Il patriarca Francesco Moraglia, come «segno concreto» della visita, annuncia la creazione di otto mini-alloggi per le persone più fragili.
La stessa Venezia è chiamata «ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune», spiega Francesco ai fedeli in piazza: «Restando uniti a Cristo potremo portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo: frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole, scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano: abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi».
VENEZIA «Dio sa che, oltre a essere belli, siamo fragili, e le due cose vanno insieme: un po’ come Venezia». Francesco arriva per la prima volta in Laguna ed è il primo Papa a visitare la Biennale, il padiglione allestito dalla Santa Sede nel carcere femminile della Giudecca, opere d’arte e detenute in lacrime, «sarò io ad uscire più ricco da qui, ogni volta che vado in una prigione mi dico: perché loro e non io?». Custodire la fragilità, la bellezza precaria delle persone e delle cose. C’è qualcosa di simbolico nell’immagine del pontefice che lascia la sedia a rotelle per attraversare il Canale della Giudecca su un motoscafo e poi, dalla punta della Dogana, percorre un ponte di barche su un’auto elettrica per celebrare la Messa in piazza San Marco. Il Redentore, San Giorgio, la Salute, sandoli e gondole che levano i remi in segno di omaggio. Francesco si guarda intorno e ammira il miracolo di «questa città costruita sulle acque» che «senza la cura e la salvaguardia di questo scenario naturale potrebbe perfino cessare di esistere», dice nell’omelia: «Così è pure la nostra vita».
Ci sono diecimila fedeli divisi i settori davanti al palco della Messa, sul lato del Museo Correr, lo spazio davanti alla Basilica è libero per la preghiera privata del Papa davanti alle spoglie del primo evangelista, e il paradosso è che la piazza appare meno affollata e caotica rispetto all’assedio dei turisti di questi giorni. Francesco dice la sua preoccupazione per i tanti problemi che «minacciano» la città, «i cambiamenti climatici che hanno un impatto sulle acque e il territorio, la fragilità delle costruzioni e dei beni culturali ma anche delle persone, la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso una gestione adeguata del turismo».
Venezia è una città in pericolo e insieme una metafora. Il Papa ieri mattina è rimasto poche ore e ha cominciato la visita al carcere, dove le detenute hanno partecipato all’allestimento del padiglione, un esempio di reinserimento: «Non “isolare la dignità”, ma dare nuove possibilità!». È qui che Bergoglio ha parlato delle opere d’arte come delle «città rifugio» bibliche, luoghi che «disobbediscono al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere e abbracciare tutti, a cominciare dagli ultimi».
Agli artisti
«Immaginate un luogo in cui nessuno
sia considerato un estraneo, vi imploro»
C’è bisogno che le arti diventino «una sorta di rete di città rifugio» per «liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, la xenofobia, la disuguaglianza, lo squilibrio ecologico e l’aporofobia, questo neologismo terribile che significa “fobia dei poveri”». Il tema della Biennale è «stranieri ovunque» e Francesco scandisce: «Vi imploro, amici artisti, immaginate città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo».
Andare verso gli altri, lo ha raccomandato anche ai giovani incontrati alla Salute: «Per Dio non siete profili digitali, ma figli». Il Papa esorta i ragazzi a non rimanere «seduti sul divano» ma «essere rivoluzionari» e «andare controcorrente», senza isolarsi: «Spegni la tv e apri il Vangelo, lascia il cellulare e incontra le persone!». Il patriarca Francesco Moraglia, come «segno concreto» della visita, annuncia la creazione di otto mini-alloggi per le persone più fragili.
La stessa Venezia è chiamata «ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune», spiega Francesco ai fedeli in piazza: «Restando uniti a Cristo potremo portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo: frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole, scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano: abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi».