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«C’è un problema di caduta demografica – spiega il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ai microfoni di SkyTg24 – negli anni scolastici 20/21 e 22/23 abbiamo perso quasi 300mila studenti. La previsione è di 1,4 milioni di bambini in meno in 10 anni. Dobbiamo dare attenzione a questa emergenza nazionale».
Il calo demografico è una tendenza nota da tempo, eppure si fa poco o nulla per affrontarla. Dai dati raccolti da Tuttoscuola in questi giorni, sono poco più di 8.016.288, tra scuola statale e paritaria, gli studenti che stanno tornando sui banchi. «Si tratta di un numero decisamente e clamorosamente basso rispetto al passato», commenta la rivista. In sintesi, in un anno si è persa la popolazione scolastica delle province di Firenze e Grosseto (-147 mila alunni), in due anni più di quelle di Bari e Brindisi (-286 mila), in tre anni quasi quella delle intere Calabria e Abruzzo (-417 mila), in cinque anni si è persa la popolazione scolastica delle affollatissime province di Napoli e Caserta (-594 mila alunni) e in dieci anni quella dell’intera Campania, la seconda Regione italiana dopo la Lombardia per abitanti e numero di studenti. In dieci anni è svanito il 10 per cento degli alunni, che sono passati da 8,9 a 8 milioni. I problemi più gravi conseguenti a questa riduzione li sta affrontando soprattutto la scuola paritaria, che ha perso 3 studenti su 10. La scuola statale ha perso complessivamente il 7 pr cento degli alunni (-558 mila).
«Andrebbe organizzata una forma di compensazione – sostiene Mario Rusconi, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi di Roma – perché il calo demografico non ha lo stesso peso ovunque. Quando Franca Falcucci guidava il ministero di viale Trastevere, adottò il modello delle gabbie municipali impedendo la libertà di scelta dei genitori di uscire dalla propria zona di residenza. Bisogna intervenire sulla dimensione delle scuole, la regione ha questo potere e da anni nella commissione regionale per il dimensionamento scolastico forniamo indicazioni su come intervenire che poi vengono disattese per accontentare i politici di turno che si oppongono».
«In una fase come questa in cui il Paese si sta svuotando abbiamo bisogno di più scuola – commenta Alessadro Rapezzi della segreteria nazionale della Flc-Cgil – invece questo governo sostiene che, poiché caleranno i ragazzi, basta stare fermi e aspettare, i problemi si risolveranno da soli. Invece abbiamo bisogno di investimenti per ridurre il numero di alunni per classe, per aumentare il tempo a scuola e per dare supporto all’orientamento nella scelta delle scuole future e dei percorsi professionali».Per effetto del calo demografico in futuro si rischia innanzitutto la chiusura delle scuole nei centri più piccoli, avverte Cristina Costarelli, presidente dell’Anp del Lazio. «Bisogna avviare una revisione dei canoni numerici che definiscono l’autonomia delle scuole. Ora sono 900 studenti per gli istituti comprensivi e 600 per le superiori. Se i canoni rimarranno invariati, inevitabilmente molte scuole perderanno l’autonomia e non avranno più un preside con effetti negativi sulla gestione. È un problema che la politica dovrebbe porsi, invece lo sta ignorando. Se ne parla soltanto per assicurare che tutto va bene, l’organico non è diminuito, e dire che sono diminuiti i ragazzi e quindi non esiste più il sovraffollamento. Non è così: il calo non è equamente distribuito, quindi ci sono territori dove le classi sono affollate e altri con pochissimi alunni».