Dall’altra parte della penisola, in località Boccasette (Porto Tolle), sul Delta del Po, ci si è svegliati con una distesa di granchi blu morti sulla spiaggia: solo domenica 28 luglio ne sono stati raccolti, morti, circa 100 chili. Un fenomeno osservato per la prima volta, dopo mesi, dopo anni, in cui i pescatori si lamentavano dei danni che la proliferazione del crostaceo alieno stava provocando. “Non è il caldo che uccide il granchio blu, ma la mucillagine”, ha spiegato Paolo Mancin, presidente del Consorzio che riunisce i pescatori del luogo: “Si tratta al momento di un caso isolato, non ci sono altre segnalazioni. Ma secondo il nostro biologo i granchi sono morti al largo, in mare aperto, per colpa della mucillagine. Non per il caldo. Oggi nelle nostre lagune ne abbiamo pescati 21 mila chili, vivi e vegeti”.
Neppure le orate di Orbetello muoiono direttamente per il caldo, a differenza di specie come la nacchera (Pinna nobilis) di cui dal 2018 si registrano eventi di moria di massa. Muoiono a causa della presenza di cumuli di alghe sul fondo della laguna, unite all’alta presenza di fertilizzanti trasportati dal fiume Albegna. Alghe che degenerano e marciscono rapidamente, come ha spiegato in questi giorni Mauro Lenzi, biologo che da decenni lavora sulla laguna: nel processo si consuma prima l’ossigeno, poi si attivano i batteri anaerobici che utilizzano il solfato come agente ossidante e lo trasformano in idrogeno solforato, gas che uccide i pesci, ma anche altre specie che non si vedono e restano sul fondo. Un processo che ha tante concause, a partire dalla cattiva manutenzione dell’ambiente – servono soldi e un piano strutturato per creare aree di smaltimento e discarica delle alghe –, e che però sta accelerando a causa del caldo di questi giorni. Così come le nuove temperature stanno favorendo la diffusione di mucillagini nell’Adriatico, le stesse che stanno uccidendo quei granchi blu che nel nuovo ambiente adriatico hanno decimato negli ultimi anni la produzione di vongole veraci.
Solo pochi giorni fa, Federagripesca aveva fatto l’elenco dei danni previsti. I granchi blu, dopo i milioni investiti l’anno scorso, fanno meno danni, ma ciò non toglie che la produzione di vongole sia ridimensionata di netto: dopo aver perso tra l’80 e il 100% del prodotto, i pescatori l’hanno ridotta all’osso, lavorando solo in piccole aree protette con recinti e teloni per salvare la semina. “Ed è difficile pensare al futuro visto che per ogni vongola che viene allevata ci sono almeno 100 granchi pronti a mangiarla”, spiega il vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca, Paolo Tiozzo.
L’allerta per il rischio morìe è anzitutto nelle lagune, come in quelle dell’Oristanese, dove ormai ogni anno aumenta il rischio di una strage: le prime avvisaglie si sono registrate quest’anno già a maggio. In queste ore un’altra morìa, sempre per anossia, nel lago Patria, nel Napoletano. Non solo in Italia, ma in tutto il Mediterraneo. Nella laguna di Venezia gli invasori sono tanti, non tutti si vedono materialmente. Un recente studio dell’Università di Padova ha notato che negli anni 2014-19, prima che scoppiasse l’allarme granchio blu, la “noce di mare” (Mnemiopsis leidyi) arrivata nel 2010, aveva già provocato un calo del pescato del 40%.
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Al Sud quest’estate si registra anche l’esplosione del vermocane, un parente dei lombrichi ma vorace, lungo dai venti centimetri fino a un metro, che si insinua nelle reti e divora i pesci. In Puglia, Calabria e Sicilia in particolare gli avvistamenti sono entro i 25 metri di profondità, abbastanza vicini alla costa: una presenza mille volte superiore a quella di soli due anni fa, secondo Federagripesca. Il problema di fronte a questi cambiamenti, denuncia l’associazione, è anche quello della mancanza di una filiera di stoccaggio che non permette di prelevare il prodotto e di metterlo in salvo in attesa delle richieste di vendita. Perché il tema è anche questo ormai: pescare subito, prima che il pesce muoia, significa trasformare la filiera. “Non possiamo porre rimedio agli eventi climatici – ha detto il vicepresidente Tiozzo – ma dobbiamo contenere i danni, preservando laghi, lagune e stagni, con interventi di manutenzione periodici. I pescatori troppo spesso si trovano a dover combattere da soli questa battaglia con gesti quotidiani come ripulire le acque dalle alghe prima di iniziare a pescare, ma non può più bastare”.
Chi sperava che fosse sufficiente iniziare a mangiare le specie aliene, come sta accadendo con il granchio blu, si sbagliava. Il cambiamento climatico – quest’anno sulle coste italiane il mare ha raggiunto i 30 gradi di temperatura a fine luglio, ben sopra le serie storiche – sta stravolgendo le nostre coste, a partire dalle lagune. I danni sono ancora difficili da stimare (Coldiretti ha parlato di 100 milioni per il solo granchio blu), ma crediti d’imposta e aiuti, aumentati nel recente dl Agricoltura, sembrano rincorrere una situazione in continuo peggioramento. Nel frattempo si attende la nomina del Commissario per il granchio blu. Purtroppo avrà molto da fare.
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