Offerta Mps al doppio esame della Borsa e del vertice di Mediobanca
Domani il board di Piazzetta Cuccia che dovrà valutare l’operazione indicata come ostile
di Daniela Polizzi
Oggi l’offerta del Monte dei Paschi su Mediobanca va di nuovo al test dei mercati dopo la giornata di venerdì in cui Mps ha lasciato sul terreno il 6,9%. Mentre domani si riunirà il consiglio di Piazzetta Cuccia che classificherà come ostile l’operazione pubblica di scambio di Siena da 13,3 miliardi, tutta in azioni. Passerà al vaglio anche degli avvocati per verificarne la correttezza. Il cda, presieduto da Renato Pagliaro, sarà però anche un momento di confronto. Nel board di Mediobanca ci sono infatti due consiglieri espressi dalle minoranze: Sabrina Pucci e Sandro Panizza, indicati nel 2023 dai soci Delfin, la cassaforte della famiglia Del Vecchio che di Mediobanca ha il 19,8%, e il gruppo Caltagirone (accreditato del 7,8%).
Si prospetta una settimana di lavoro intenso sia per il ceo di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, sia per il vertice di Mps, la banca guidata da Luigi Lovaglio, protagonista di un’offerta pubblica di scambio che ha definito «di frontiera» per il mercato italiano e che vuole mandare a nozze l’attività di banca d’investimento e il sofisticato wealth management di Milano con l’attività di prevalente di banca retail di Siena con l’obiettivo di creare una banca globale.
Non hanno condiviso la stessa analisi gli esperti delle banche di investimento che vedono «dissinergie» dall’unione di una banca commerciale con una specialistica. Difficile, secondo i report pubblicati fino a venerdì, fare efficienze di ricavi per via del forte rischio di diaspora di professionisti della consulenza. Il timore è la perdita di autonomia. Il percorso sarà lungo. Piazzetta Cuccia presenterà i conti semestrali al cda del 10 febbraio. Secondo le stime, i numeri confermeranno le linee guida al 2026 che prevedono una remunerazione agli azionisti pari a 3,7 miliardi, in crescita del 70% rispetto al piano precedente.
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Per il Monte l’iter ora prevede il deposito del documento d’offerta alla Consob e la richiesta di via libera alla Bce, dossier che vede impegnato il board e il presidente Nicola Maione. Il 5 febbraio il ceo Lovaglio presenterà i conti 2024 al board, un’occasione per tornare a illustrare l’offerta su Mediobanca.
Centrale sarà l’assemblea del 17 aprile chiamata ad approvare l’offerta che partirà tra giugno e luglio con l’obiettivo di arrivare al 66,67% del capitale di Mediobanca. Come si esprimerà la plenaria? La compagine di soci vede Delfin al 9,9%, Caltagirone al 5%, una quota probabilmente già più alta, affiancati dalla società di asset management Anima holding (partecipata anche da Caltagirone) al 4%. Ipotizzando che questa compagine voti a favore, Lovaglio potrebbe contare sul supporto del 24% del capitale. Poi, tutto dipenderà dal mercato. Che ora il ceo di Siena dovrà convincere.
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Anche la difesa di Mediobanca dall’ops di Mps, passa dal mercato. E qui Nagel, che conosce bene gli investitori, metterà a frutto le relazioni di lungo percorso con i fondi e alcune famiglie imprenditoriali vicine a alla banca. Poi c’è l’Accordo di consultazione (11,4%) che include Mediolanum, di cui è azionista Fininvest della famiglia Berlusconi, Gavio, Monge, il gruppo Lucchini, per citarne alcuni.
La partita Mps-Mediobanca non si ferma qui. Si allunga sulle Generali, di cui Mediobanca ha il 13%, la cui assemblea dell’8 maggio rinnoverà i vertici. Azionisti del Leone sono di nuovo Delfin (9,9%) e Caltagirone (6,9%) che non hanno visto con favore il progetto di creare un campione mondiale nell’asset management con i francesi di Natixis, un’operazione fortemente voluta dal management di Trieste e dal ceo Philippe Donnet che giovedì presenterà il nuovo piano.