A 39 anni dal Rapporto di Jacques Delors che fece partire il progetto del mercato unico (o singolo), 14 anni dopo il Rapporto di Mario Monti che individuò alcune sue debolezze, il Rapporto di Enrico Letta mostra la frammentazione che è ritornata a caratterizzare il progetto più importante finora realizzato dall’Unione europea (Ue).
Il mercato comune e quindi il mercato singolo europeo ha costituito la risposta ai pericoli del nazionalismo economico fornita dai leader europei del dopo Seconda guerra mondiale. Sin dal 1957, quei leader avevano compreso che si poteva contrastare il nazionalismo politico modificando le sue basi economiche, così ostacolando la convergenza tra di esso e il nazionalismo politico.
La risposta al nazionalismo economico è stata la costruzione di un mercato sovranazionale che ha progressivamente trasformato gli stati nazionali in suoi stati membri. Attraverso la produzione di leggi europee (regolamenti e direttive), è stato definito un sistema normativo (su proposta della Commissione europea e con l’approvazione sia del Consiglio dei ministri che del Parlamento europeo) indipendente da specifici interessi nazionali. Ma, soprattutto, attraverso la supervisione della Corte europea di giustizia circa la costituzionalità di quel sistema normativo, il mercato singolo ha potuto integrarsi attraverso la legge (e non già attraverso la buona volontà degli stati). Apparentemente, in questo mercato sovranazionale, le barriere alle pressioni del nazionalismo economico sono abbastanza robuste. Per di più, in alcune politiche come quella degli aiuti di stato o del commercio internazionale, la Commissione ha il monopolio della decisione politica. Tuttavia, con le crisi del dopo-2009 e con la crescita incontrollata dell’approccio intergovernativo durante le crisi, la situazione è cambiata anche nel mercato singolo. Le difese sovranazionali sono risultate più fragili, i governi nazionali (specialmente quelli più grandi) hanno cominciato a mettere in discussione il controllo della politica degli aiuti di stato da parte della Commissione, la nazionalizzazione è diventata dirompente nelle politiche di competenza nazionale, come l’energia, divenute centrali dopo l’aggressione russa all’Ucraina. Nonostante quelle crisi, il mercato singolo ha tenuto, ma le pressioni alla nazionalizzazione e ri-nazionalizzazione si sono rafforzate.
È in questo contesto che va inserito il Rapporto Letta. Esso propone sei linee programmatiche per far avanzare il mercato unico. Ne considero alcune, come l’integrazione dei mercati finanziari (dando vita ad un’unione dei risparmi e degli investimenti); il rafforzamento del mercato dei capitali (mobilizzando risorse private finora inutilizzate); l’incremento della scala degli operatori di mercato (nel campo delle telecomunicazioni e della difesa) che risultano troppo segmentati sul piano nazionale; la convergenza o armonizzazione fiscale tra gli stati membri. Per perseguire queste (e le altre) linee guida, il Rapporto propone di rafforzare gli strumenti comuni e non solamente quelli nazionali. Creando, ad esempio, un “Ufficio del mercato unico europeo” oppure, nel campo degli aiuti di stato, dove gli stati membri con più spazi fiscali sono destinati ad avvantaggiarsi da un rilassamento delle regole, il Rapporto propone di devolvere una quota del budget di quest’ultimi in un fondo comune con cui promuovere politiche industriali europee. Peraltro, solamente un mercato singolo rafforzato potrà assorbire i nove stati candidati ad entrare nell’Ue. Anche se la condizione, sottolinea il Rapporto, per diventare stati membri deve essere chiara e non-negoziabile, rispettare i principi e le istituzioni dello stato di diritto. Il Rapporto è consapevole delle difficoltà che le sue proposte sono destinate ad incontrare. Le crisi, e la loro gestione intergovernativa, hanno diviso gli stati membri tra di loro, con la parziale eccezione della crisi pandemica. La guerra russa, invece di favorire processi di aggregazione e di ricerca di soluzioni comuni, ha prodotto esiti opposti, accelerando la nazionalizzazione delle politiche (persino nella sicurezza e difesa militari). Le richieste franco-tedesche di superare il controllo sugli aiuti di stato sono ogni giorno più vociferanti.
Insomma, il mercato singolo non se la passa bene, nonostante le sue difese sovranazionali. Il nazionalismo economico è ritornato ad essere una minaccia. Dopo tutto, la nazionalizzazione della politica europea è inevitabile quando si riconosce un ruolo decisionale centrale al Consiglio europeo. Quest’ultimo, non solamente rappresenta uno strumento di crisis management, ma è divenuto un organismo per riportare nella politica europea la centralità delle sovranità nazionali. Se non si riuscirà a trovare un equilibro tra queste ultime e la sovranità europea, il mercato singolo continuerà a poggiare su basi fragili. Ecco perché il Rapporto andrebbe discusso dal governo italiano, la cui leader si professa a favore della confederazione europea. È l’occasione per chiarirci cosa ciò significhi.