ROMA -Il bavaglio Costa contro i giornalisti? «È una norma sbagliata, che peraltro non può realizzare il fine che si prefigge». Parte da qui il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia. Che, tecnicamente, rivela il danno prodotto dall’emendamento del responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa «ai diritti delle persone, al processo, alla sua strutturademocratica».
In che senso è una norma “sbagliata”?
«Comunque il contenuto dell’ordinanza di custodia potrà essere pubblicato, e quindi si affida al giornalista il compito di riassumerne il testo, quando è meglio, per lo stesso indagato, che l’ordinanza sia conoscibile per ciò che è oggettivamente, e non per le mediazioni di riassunto del cronista».
È appena esploso il caso dell’indagine romana su Verdini junior. Delicatissima perché coinvolge aziende di Stato. La norma Costa, se fosse operativa, occulterebbe le responsabilità degli indagati e priverebbe i cittadini di informazioni necessarie?
«No, non avrebbe questo effetto perché l’arresto e i suoi motivi certamente sarebbero conosciuti, ma impedirebbe, in casi come questo di particolare complessità, una conoscenza compiuta e corretta di ciò che è accaduto».
Il blackout della comunicazione danneggerebbe anche gli stessi imputati e indagati?
«Certamente, perché espone in modo del tutto inutile al rischio diinformazioni distorte, imprecise, incomplete».
Certo, una sintesi può essere omissiva. Vede un danno concreto per l’indagato dalla mancata pubblicazione testuale di interrogatori e intercettazioni?
«Il danno per l’imputato è che l’ordinanza non potrà essere conosciuta, fino alla conclusione dell’udienza preliminare, per ciò che contiene e per ciò che il giudice che l’ha emessa ha ritenuto rilevante. Ancora una volta il passaggio attraverso l’interpretazione del singolo giornalista, che gioco forza potrà enfatizzare alcuni passaggi, minimizzarne o addirittura ometterne altri, non significa affatto rendere un buon servizio ai diritti dell’indagato».
Sta dicendo che Costa, anziché fare un regalo agli indagati, li sta precipitando?
«Sì. Questo emendamento tradisce una concezione del processo penale antistorica e in contrasto con i principi costituzionali che reggono l’esercizio della giurisdizione. Ciò che avviene nel processo dev’essere conosciuto, salvo eccezioni. Invece quest’emendamento, per una malintesa concezione della cosiddetta gogna mediatica, pretende di oscurare ciò che invece deve essere conosciuto».
Alcuni suoi colleghi, i procuratori di Perugia Cantone e di PotenzaCurcio, sostengono che gli atti potranno essere dati ugualmente.
È così?
«Intanto chiarisco che se l’emendamento diventerà legge, questa nuova regola dovrà essere interamente applicata da tutti, anche dai magistrati. Ciò premesso, i due colleghi hanno semplicemente detto che l’emendamento non rende segreta l’ordinanza cautelare, che pertanto potrà essere consegnata anche a terzi, appunto perché atto non coperto da segreto».
Scusi, l’obiettivo esplicito della norma, perché così è scritta, è vietare del tutto la pubblicazione dell’ordinanza. Quelle poche righe non ammettono deroghe di alcun tipo.
«Il divieto di Costa attiene alla pubblicazione, ma fortunatamentenon si arriva fino a segretare del tutto l’ordinanza cautelare. Per il semplice motivo che tutti gli atti segreti non sono pubblicabili, ma che non tutti gli atti non pubblicabili sono segreti».
Un momento. Innanzitutto lei è un esperto della materia visto cheda direttore dell’ufficio legislativo di via Arenula con il Guardasigilli Andrea Orlando nel 2017 ha scritto quelle sei parole che hanno reso pubblicabili le ordinanze…
«Ricordo bene che quella norma fu voluta proprio per soddisfare un’esigenza di massima trasparenza, e non certo per conculcare i diritti dell’indagato, né tantomeno per provocare gogne mediatiche. L’intento era quello di mettere al corrente la pubblica opinione di ciò che realmente conteneva l’ordinanza. Ricordo che il processo mediatico è la manipolazione del processo reale, la sua inevitabile alterazione attraverso una rappresentazione distorta. Ma di questa patologia non si può parlare se una norma consente di pubblicareintegralmente un atto, in questo modo preservandolo da manipolazioni, alterazioni, enfatizzazioni di parti a dispetto di altre, secondo tecniche funzionali a realizzare un racconto alterato rispetto a quel che è contenuto nelle carte».
Ma quando lei dice che il promotore Costa non si spinge fino a segretare del tutto l’ordinanza lascia uno spazio ai suoi colleghi per dare i testi?
«No, le cose non stanno così.
L’attuale emendamento Costa vieta la pubblicazione anche parziale dell’ordinanza. Ma non interferisce con la disposizione del codice di procedura penale – il comma sette dell’articolo 114 – che consente sempre “la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto”».
Eh no, perché dopo la norma Costa l’ordinanza sarà segreta.
«No, lei sbaglia, l’ordinanza sarà solo non pubblicabile, anche solo parzialmente».
Sta dicendo che l’ordinanza viene depositata, ne entrano in possesso gli avvocati, i quali, se non è segreta, potranno darne delle parti che noi giornalisti possiamo pubblicare? E la stessa cosa potranno fare i suoi colleghi?
«Non ci potranno essere pubblicazioni integrali o parziali del testo, ma potrà uscire solo il contenuto nella forma del riassunto, e io giudico questo uno svantaggio per tutti, ivi compreso l’indagato».
Allora c’è un primo punto fermo, nessun suo collega potrà dare parti dell’ordinanza da pubblicaretestualmente, perché altrimenti, a norma approvata, finirà sotto processo disciplinare.
«Se l’ordinanza sarà pubblicabile nel suo contenuto dovrà essere necessariamente conosciuta dai giornalisti che potranno solo riassumerla, ma dovranno leggerla e conoscerla, quindi non vedo una possibile violazione».
Ho l’impressione che voi toghe non abbiate compreso lo spirito della norma Costa, che è quello di impedire che l’ordinanza finisca nelle mani dei giornalisti.
«Al di là dei suoi intendimenti, la norma vive per quello che è. In questo senso, ribadisco le mie perplessità su un emendamento che non solo non ottiene il risultato auspicato, ma rischia pure di incentivare le distorsioni del cosiddetto processo mediatico».
Ma lei conferma che l’ordinanza potrà essere data anche in futuro, ma il giornalista non potrà pubblicarla? Oppure, stando al testo attuale dell’emendamento, non potrà neppure essere consegnata alla stampa?
«Certo, se ci sarà un divieto di pubblicazione è ovvio che il giornalista non potrà chiederne ufficialmente copia a fini di pubblicazione, ma continueranno a circolare le copie delle ordinanze, in un sottobosco assai poco regolato di consegne informali, ma non per questo illegali».