Luca Monticelli
Il voto di fiducia sul decreto che blocca i controlli della Corte dei Conti sul Piano nazionale di ripresa e resilienza riaccende lo scontro tra governo e opposizioni, mentre i magistrati lanciano l’allarme: «La legalità è a rischio, possibili danni per i conti pubblici e per tutta la collettività». E già si parla della possibilità di impugnare le norme per profili di incostituzionalità.
Bagarre a Montecitorio dopo che il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo ha posto la questione di fiducia sul provvedimento. «È un doppio bavaglio, prima mettono all’angolo la Corte dei Conti, poi impediscono alle opposizioni di spiegare le proprie ragioni», accusa il deputato dell’Alleanza Verdi e Sinistra, Filiberto Zaratti.
«Il Pnrr è il banco di prova del fallimento del centrodestra, purtroppo a pagare è il Paese», dice Chiara Braga, capogruppo del Pd. Il leader del M5s, Giuseppe Conte, sostiene che Giorgia Meloni ha stabilito un record di decreti, «proprio lei che quando era all’opposizione lamentava che il Parlamento fosse esautorato». Si smarca invece il Terzo Polo: Carlo Calenda considera «una fesseria» le polemiche, e Raffaella Paita non vede «scandali».
Il no delle toghe
I magistrati contabili non arretrano e bocciano la proroga di un anno dello “scudo”, la norma che limita il danno erariale ai soli casi di dolo assicurando un colpo di spugna sulla colpa grave di politici e funzionari. Ribadiscono la loro «netta contrarietà» allo stop sul controllo concomitante, l’istituto che consente alla Corte dei Conti di vigilare sulla spesa dei fondi del Pnrr in itinere, lasciando alle toghe solo il potere di fare le verifiche ex post.
Ieri l’Associazione dei magistrati della Corte dei Conti ha convocato una riunione straordinaria che è durata tre ore: «Un confronto intenso e serrato chiesto a gran voce dalla base», raccontano. La fiducia sul decreto è stata letta come una «prova di forza dell’esecutivo, che esclude ogni possibile discussione nel merito». Nella nota diffusa dall’Associazione al termine dell’assemblea viene sottolineato che lo “scudo” sulle «condotte gravemente colpose di soggetti sia pubblici che privati riduce la tutela della finanza pubblica». Le toghe non vogliono parlare di scontro tra poteri dello Stato: «Non sono in gioco le funzioni della magistratura contabile, ma la tutela dei cittadini». La premier Giorgia Meloni, intervistata da Retequattro, ribadisce di aver confermato «ciò che ha fatto il precedente governo, non c’è alcuna deriva autoritaria né bavaglio, è la sinistra che è molto in difficoltà». La Corte risponde che lo scudo fu varato «nel contesto di emergenza pandemica», prorogarlo ancora «impedisce di perseguire i responsabili e di recuperare le risorse distratte, facendo sì che il danno resti a carico della collettività». Discorso simile per l’abolizione dei controlli in itinere che, spiegano le toghe, «indebolisce i presidi di legalità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa».
Norme incostituzionali
L’Associazione, prosegue la nota, «con gli strumenti che ha a disposizione, continuerà a svolgere le sue funzioni a difesa dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura contabile». Non sarà la presidenza della Corte dei Conti a impugnare la legge, ma, evidenzia una fonte, soprattutto sullo “scudo” erariale «ci sono dubbi di costituzionalità che verranno impugnati quanto prima dal basso, probabilmente da singoli magistrati, da una procura o da una sezione regionale, perché lo scudo non ha alcun fondamento giuridico, serviva durante l’emergenza Covid che adesso non c’è più».
Il voto di fiducia dell’Aula della Camera è fissato per oggi. La seduta proseguirà ad oltranza per l’esame degli ordini del giorno. Il via libera del Senato è atteso entro il 21 giugno.