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6 Luglio 2023ROMA — Un terzo dei bambini tra zero a due anni in Italia ha un posto all’asilo nido. L’obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002 è stato raggiunto prima ancora che vengano costruiti tutti gli asili nido previsti dal Pnrr, alcuni dei quali in bilico perché i Comuni non sono riusciti ad affidare i lavori alle ditte entro la scadenza del 30 giugno. Ma è un successo a metà: i posti nei nidi sono cresciuti, e un buon contributo di oltre il 5% è arrivato dagli anticipi della scuola dell’infanzia, e tuttavia la vera ragione che ci ha permesso di raggiungere l’obiettivo Ue, spiega la Relazione Cnel sui servizi pubblici 2022, è «il costante calo delle nascite». Rimaniamo comunque più in basso della media di copertura europea, che nel frattempo, mentre noi raggiungevamo faticosamente il 33%, è arrivata al 36,6%. Soprattutto, ci sono enormi differenze territoriali, con tassi che vanno dal 44% dell’Umbria e dal 40,7% dell’Emilia Romagna alla Campania e alla Calabria, che non raggiungono il 12%. Sono le luci e ombre del Rapporto Cnel, che racconta di un’Italia che fa passi in avanti nei servizi pubblici, con un balzo della digitalizzazione anche grazie alla spinta della pandemia, ma non riesce a superare i fortissimi divari territoriali, e neanche ad affrontare le nuove sfide, a cominciare da quella dell’invecchiamento della popolazione, con la richiesta di servizi territoriali sempre più capillari e specializzati.
Gli anziani: pochi servizi
Tra il 2021 e il 2022 c’è stato un incremento del 2% della spesa per i servizi sociali dei Comuni in Italia, che ha raggiunto la cifra record di 9,7 miliardi (anche se c’è un abisso tra i 583 euro pro capite della provincia di Bolzano, i 239 del Sud Sardegna e soprattutto i 6 di Vibo Valentia). Ma quella per gli anziani è l’eccezione negativa: è l’unico target di utenza che ha registrato una diminuzione di spesa sia in termini reali che nominali in 13 regioni. A ridursi soprattutto l’assistenza domiciliare (-5,8%). Al contrario, aumenta la spesa per i disabili, le famiglie e i minori. Ma anche in questo caso i livelli di spesa non sono omogenei: la spesa per i disabili diminuisce in Calabria, Veneto, Basilicata e Valle d’Aosta.
Un grosso impulso all’assistenza domiciliare e territoriale agli anziani non autosufficienti dovrebbe arrivare, ricorda il Cnel, dalla riforma appena approvata nell’ambito del Pnrr. Al momento i divari di spesa e di assistenza non potrebbero essere maggiori: si va da una spesa per singolo over 60 di 5 euro (Vibo Valentia) ad un massimo di 1.132 euro (Bolzano). E anche il confronto con gli altri Paesi è impietoso: hanno accesso all’assistenza domiciliare 61 anziani ogni 1000 abitanti, mentre in Olanda, Spagna, Svezia e Germania si va da un minimo di 80 fino a 120 ogni mille abitanti.
Sanità in disarmo
Il finanziamento pubblico alla Sanità è sceso nel 2022 intorno al 6% del Pil, dopo i picchi del 7,4% e 7,3% registrati nei due anni precedenti per via della pandemia. Nei Paesi del Nord Europa la media è di circa l’8-9%. In più, in Italia c’è l’aggravante dei divari territoriali: dai 2.250 euro pro capite dell’Emilia Romagna ai 1.950 della Calabria. Continua a diminuire il personale: ci sono 15 mila medici specialistici in meno rispetto al 2015, 5.000 di medicina generale in meno dal 2016, e mancano tra i 50 mila e i 70 mila infermieri. Un problema che è un aspetto del calo generale dei dipendenti pubblici (-19% per le amministrazioni comunali tra il 2011 e il 2020). E che adesso la Funzione Pubblica sta provando ad affrontare con nuovi concorsi, che per ora non riescono neanche a garantire il ricambio.
Trasformazione digitale
Il digitale dà qualche soddisfazione, perché l’Italia guadagna due postazioni nell’indice Desi, passando dal 20° al 18° posto. Lo Spid registra un incremento del 24%, la carta d’identità elettronica del 26%, finalmente i fascicoli sanitari elettronici funzionano da Nord a Sud (57 milioni attivi). Bene anche le fatture elettroniche, che contribuiscono a ridurre l’evasione tributaria. Ma siamo ancora in basso nella classifica Ue, e soprattutto le competenze digitali nella Pa scarseggiano: vanno male sia la formazione che l’assunzione di personale specializzato.
Arranca l’istruzione
La pandemia e la didattica a distanza hanno lasciato profonde cicatrici nel nostro sistema scolastico, soprattutto nell’istruzione secondaria. Dopo 13 anni di scuola, solo il 52% degli studenti ha le competenze richieste in italiano, contro il 64% pre-pandemia. E negli istituti professionali ci si ferma al 17%, mentre nel 2019 ci si attestava al 28%. In alcuni professionali del Mezzogiorno arriva al 98% la quota degli studenti carenti in inglese.