Associazione Culturale laLut
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Ho avuto l’opportunità di parlare con un urbanista, nei giorni scorsi, uno di quelli che guarda alle basi economiche e sociali su cui si forma la pianificazione dei territori. Nel colloquio mi ha posto questa domanda su Siena: “E ora dopo il potere economico della Esselunga su cosa si sta orientando la città?” Vero: dopo le rendite parassitarie e di posizione, quelle legate alle grandi strutture commerciali, oggi cosa sta succedendo alla città e cosa si prevede? Ho provato a giocarci sopra e mi è venuto spontaneo: “Dai centri commerciali, si passa alla mercificazione della cultura”. A pensarci bene non è proprio un gioco. Il capitale privato utilizza i centri storici e la cultura nelle città d’arte per accumulare nuovo capitale. Esempio paradigmatico a noi più vicino e per non citare Siena, Palazzo Strozzi a Firenze. Là, dove va bene tale operazione, riesce anche a creare lavoro di qualità legato alle nuove contemporaneità, e in questo caso i profitti diventano molto significativi. Dove va male, il lavoro è precario nella stragrande maggioranza dei casi, pagato poco e in ritardo, ma è il modo per fare cassa e arricchire solo qualcuno. Il quadro politico resta sostanzialmente indifferente alla redistribuzione della ricchezza prodotta anche grazie al luogo, perché sotto il ricatto dell’occupazione: basta che ci sia non importa come. L’accumulazione ha un costo economico e sociale per i territori che non viene quasi mai considerato dai politici e Il successo si misura dai biglietti staccati. Una vera e propria competizione di cui siamo stati e siamo costantemente vittime. Se poi, come sta avvenendo a Siena, si punta sulla rendita fondiaria, il risultato è l’espulsione strisciante e continua dei residenti dal centro storico e di fasce importanti di studenti che, pur pagando tanto e tanto, non rendono quanto un turista in un b&b o in una residenza storica. Chiaro che vengono penalizzate strutture come l’Università: se mancano i servizi, le iscrizioni calano. A Siena su circa 8 mila abitazioni, 3 mila circa sono vuote: per vuote si deve intendere oltre a quelle effettivamente vuote anche quelle occupate da non residenti. Su questa situazione si innesca il turismo quello che conosciamo, che è criticato perché permane poco e ha margini reddituali ristretti, fatto che inevitabilmente abbassa la qualità dell’offerta. Un turismo a cui vengono dati dei servizi scarsi, che diventa conflittuale con i cittadini anch’essi privi spesso dei quotidiani servizi, uno su tutti – ma la lista potrebbe essere lunga – i parcheggi.
Si potrebbe invertire questa tendenza? Si, che si può: è difficile, ma si potrebbe. Innanzitutto, servono politiche tra settori diversi concordate tra di loro, senza compartimenti stagni. L’urbanistica, senza le politiche sociali, economiche e culturali non può da sola risolvere le problematiche di cui abbiamo appena parlato. Bisogna avere la consapevolezza degli obiettivi che si vuole raggiungere e a quali soggetti sociali si intende indirizzare l’azione amministrativa: il populismo in queste materie non paga, come non paga l’ideologizzazione della realtà, il ricorso a un passato che non c’è più. Il centro storico di Siena ha bisogno di un progetto di rivitalizzazione generale, soprattutto in quelle parti considerate “periferiche” del centro, legate a forti contenuti sociali; inoltre, di politiche culturali pubbliche che rimettano in gioco soggetti ed enti considerati o che si considerano marginali; infine, di apparati pubblici che abbiano la forza e il coraggio di mettersi in discussione e accettare la sfida con politiche strutturali che non siano solo operazioni di maquillage, come ormai avviene all’epoca degli annunci spot! Si tratta di una sfida difficile, ma decisiva.