La palla della neve
13 Marzo 2024Meloni, la squadra. La prova di forza e il futuro
13 Marzo 2024
Milano
Dopo un cantiere negoziale complesso e lungo oltre tre anni, il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva la direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici, quella delle cosiddette “case green”. Il voto è passato, come prevedibile, tra le divisioni: con 370 a favore, 199 contrari e 46 astenuti. Il testo finale è il frutto di una serie di compromessi che sono stati trovati nel corso delle trattative tra i Paesi membri e all’interno delle stesse istituzioni comunitarie. La normativa si pone l’obiettivo di raggiungere le emissioni zero e la neutralità climatica entro il 2050 per il parco immobiliare dei Ventisette. Ma in realtà, nel corso dell’iter negoziale, la direttiva da inizialmente ambiziosa e stringente è divenuta via via più morbida, con il risultato che si è giunti alla fine a un’intesa al ribasso.
Tra gli obiettivi figurano anche la ristrutturazione di un maggior numero di edifici con le prestazioni peggiori e una migliore diffusione delle informazioni sul rendimento energetico. Secondo la nuova normativa, tutte le nuove costruzioni dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030. Mentre i nuovi edifici occupati o di proprietà delle autorità pubbliche dovranno essere a emissioni zero dal 2028. Gli Stati membri potranno tenere conto, nel calcolare le emissioni, del potenziale impatto sul riscaldamento globale del corso del ciclo di vita di un edificio, inclusi la produzione e lo smaltimento dei prodotti da costruzione utilizzati per realizzarlo. Per gli edifici residenziali, i Ventisette dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. In base alla nuova direttiva, gli Stati dovranno inoltre ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica. Se tecnicamente ed economicamente fattibile, i Paesi dovranno garantire anche l’installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici e non residenziali, in funzione delle loro dimensioni, e in tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030. Gli Stati dovranno spiegare come intendano predisporre misure vincolanti per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento eliminando, gradualmente, i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffreddamento entro il 2040. A partire dal 2025, sarà vietata la concessione di sovvenzioni
alle caldaie autonome a combustibili fossili. Saranno ancora possibili incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore.
Non mancano però le “eccezioni”, senza le quali il testo probabilmente non sarebbe mai passato. La nuova normativa non si applica infatti agli edifici agricoli e agli edifici storici, e i Paesi membri possono decidere di escludere anche gli edifici protetti per il particolare valore architettonico, gli edifici temporanei, le chiese e i luoghi di culto. Proprio l’ampio margine di manovra che viene lasciato ad ogni Stato membro è stato uno degli aspetti chiave, perché da una parte ha ammorbidito il testo ma dall’altra parte ha però permesso di trovare la quadra per un’approvazione a maggioranza.
Nonostante le modifiche progressive apportate alla direttiva, rendendola più soft, i partiti italiani della maggioranza di governo hanno confermato la loro contrarietà. Forza Italia, Fdi e Lega hanno infatti votato compatti “no” alla direttiva. Il Ppe si è spaccato, ma più della metà ha seguito le indicazioni positive giunte dalla commissione Industria del Parlamento europeo. Tra le delegazioni italiane a favore della direttiva hanno votato Pd, M5s, Avs e Iv. Ci sono stati anche momenti bizzarri e caotici nel corso della votazione. Al momento dell’approvazione, l’eurodeputato della Lega Angelo Ciocca ha inscenato una protesta con un fischietto da arbitro il cui suono è rimbalzato nell’Aula per diversi secondi. La presidente di turno dell’Aula ha chiesto a Ciocca di allontanarsi definendo il gesto «deplorevole e senza precedenti». Comunque, in confronto alla proposta iniziale di dicembre 2021 della Commissione Ue sulla direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD), molti obiettivi sono stati rivisti al ribasso e contemporaneamente si sono allungati i tempi fissati per raggiungerli. Alla fine si è arrivati a un testo che non prevede sostanzialmente obblighi da rispettare per gli Stati, a cui viene lasciata al contrario ampia autonomia sulle strategie da mettere in campo per la sostenibilità edilizia. Anche l’idea iniziale di prevedere classe energetiche armonizzate è stata abbandonata. Non a caso c’è chi pensa che per l’Italia la normativa possa rappresentare un’opportunità più che un pericolo per il suo patrimonio immobiliare: «Penso che sarà una spinta per l’Italia e per i suoi cittadini per attirare finanziamenti nel settore delle ristrutturazioni non solo nel breve periodo, ma nell’arco di una generazione a venire», sostiene Ciarán Cuffe, eurodeputato dei Verdi e relatore per il Parlamento europeo sulla direttiva.
Fulvio MARTUSCIELLO
eurodeputato Forza Italia
Siamo orgogliosi del nostro voto contrario alla direttiva, su questa posizione ci siamo ritrovati con tutti i partiti della coalizione
Patrizia
TOIA
eurodeputata del Pd
È un accordo ragionevole, che porterà a un minor consumo di energia, minori bollette e valorizzazione delle abitazioni
Ciarán
CUFFE
Verdi, relatore direttiva
Sarà una spinta per l’Italia, attirerà finanziamenti nel settore della ristrutturazione, per un’intera generazione a venire