il racconto
Marc Lazar
Andrea Malaguti
Danilo Ceccarelli
Parigi
La posta in gioco oggi è la Pace, ma per vincerla bisogna scommettere sulle grandi sfide del mondo contemporaneo. Prima fra tutte quella incarnata dalla crisi democratica, come ricordato durante uno dei forum che si sono tenuti a Parigi nell’ambito dell’incontro internazionale “Immaginare la Pace” organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio a Parigi. «La democrazia messa alla prova» è il titolo della conferenza tenutasi nel municipio del Quinto arrondissement della capitale francese, a due passi dal Panthéon, durante la quale si è cercato di rispondere a uno dei problemi cruciali del mondo occidentale.
Perché la democrazia deve essere concepita come «una scelta e non come un destino», secondo il direttore de La Stampa, Andrea Malaguti, che ha preso parte agli scambi davanti un pubblico composto soprattutto da giovani insieme all’Arcivescovo di Kinshasa Fridolin, Ambongo Besungu, l’ex ministro degli Esteri ciadiano Mahamat Saleh Anadif, il direttore dell’istituto iracheno Al Khoei, Zaid Mohammed Bahr Al-Uloom, il presentatore di Al Jazeera Tunisia M’hamed Krichen e lo storico Agostino Giovagnoli. Ancor di più oggi, viste le scelte degli elettori europei, che sembrano prediligere «gli uomini forti» alle «istituzioni forti» come dimostrano i risultati elettorali di molti Paesi del Vecchio continente. Un divario causato dalla sfiducia scoppiata con la crisi economica del 2008, responsabile dell’aumento della distanza tra le classi agiate e quelle più povere.
«La politica non è stata in grado di vedere questa frattura», ha sottolineato Malaguti, prima di ricordare la conseguente ascesa, soprattutto in Italia, delle destre, arrivate al potere con la promessa (non mantenuta) di risolvere il problema. Il tutto mentre aumentavano le divisioni, causate da alcuni fattori chiave come la crisi del Coronavirus, che ha visto emergere le separazione tra sostenitori della scienza e no vax, la guerra in Ucraina, che ha contrapposto pro-putiniani a pro-Nato, e l’aggressione di Hamas ad Israele del 7 ottobre, dopo la quale è tornato ad inasprirsi il confronto tra filo-palestinesi e filo-israeliani.
Intanto, la base elettorale è andata sempre più a restringersi, come evocato dallo storico Marc Lazar citando un’inchiesta riguardante la Francia, l’Italia, la Germania e la Polonia condotta dal laboratorio Cevipof dell’università Sciences Po, dove insegna. «La parola chiave è “sfiducia”», ha analizzato lo specialista. Quella dei cittadini nei confronti dei rappresentanti politici, delle istituzioni, dei governi e dell’Ue.
Il «popolo senza potere» citato dalla filosofa Donatella Di Cesare, che nel suo discorso ha puntato il dito contro la strategia dei nazionalismi, basata sulla «riduzione di una popolazione ai presunti confini etnici». «La democrazia si realizza accogliendo», secondo l’intellettuale, per questo «il demos non può mai ripiegarsi su se stesso». Di Cesare definisce quindi una “patologia” il collegamento della democrazia alle «origini autoctone» che si fa «etnocrazia».
Ma la Pace non si raggiunge solamente attraverso il cammino democratico. Per questo nel corso della prima giornata di conferenze si sono tenute altre tavole rotonde dedicate all’immigrazione, alla fede, alla lotta alla povertà e ai conflitti in corso. Come quello a Gaza, dove secondo l’islamologo Gilles Kepel, il premier Benjamin Netanyahu vuole arrivare ad una «vittoria militare approfittando dell’assenza di un inquilino alla Casa Bianca». O in Ucraina, dove con l’aggressione russa ha svelato «la fragilità della pace nel nostro Continente», secondo l’eurodeputata Nathalie Loiseau. Il mondo di oggi, però, è segnato da guerre su tutto il suo territorio, soprattutto in Africa. Per questo Nelson Moda, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Mozambico, ha posto l’accento sull’importanza del «dialogo» prima di deplorare i toni impiegati oggi, «troppo incendiari, offensivi e provocatori».
Un punto dal quale ripartire, quello della parola, per arrivare ad una Pace concreta in tutto il Mondo.