A un certo punto, durante una riunione di marketing alla Disney, qualcuno deve aver alzato la mano e detto: «Sostituiamo gli archetipi con l’inclusione». Immagino una di quelle riunioni dove a chi dice una cosa poco brillante, gli si risponde: genio, ma perché non ci ho pensato io, Nobel subito, grazie di averlo detto. Deve essere proprio andata così la riunione in cui si decideva di prendere Biancaneve e i sette nani e di togliere la ragione per la quale la protagonista si chiama così, togliere i nani, togliere il principe, e a questo punto, immagino, togliere anche la trama. Quella persona era Greta Gerwig? Che lo sciopero degli sceneggiatori americani sia iniziato molto tempo fa e che non ce l’abbiano detto? Probabile. La storia di questa Biancaneve emancipata dice molto di noi, del cinema, e del fatto che oggi tutto si possa vendere e comprare, compresi i principi, e l’accento mettetelo voi dove più vi torna comodo. Ieri su questo giornale Gianluca Nicoletti ha scritto un pezzo su Biancaneve che era un pezzo innanzitutto classista, ma i reati erano diversi: ageismo, mansplaining, principessa shaming, per non parlare di quel “avidi trafficanti di diamanti” riferito ai nani dove siamo ben oltre il limite della diffamazione e un attimo prima della galera. Tutti reati immaginari, ma spero che comunque Nicoletti abbia un buon avvocato. Insomma, questa Biancaneve era una povera scema in balia di avidi sfruttatori a capo di una meschina società patriarcale e capitalista, e ben venga che si salvi da sola. Ma Biancaneve ha diritto ad autodeterminarsi? Pare di no. Pare che esista un solo e unico modo di essere donna e personaggio di fantasia. Si è ben pensato che si potesse fare soldi sostituendo stereotipi con altri stereotipi, oltre a guadagnare in modo spericolato mettendosi a fare attivismo. Se Biancaneve avesse Instagram sarebbe Giorgia Soleri? Il successo di Biancaneve e i sette nani si deve anche e soprattutto agli animatori che quasi cento anni fa ebbero l’intuizione di mettere un fard vero sulle guance di Biancaneve, fard che applicavano su ogni singolo fotogramma della pellicola. Oggi l’illuminante deve rispondere a un codice etico, perché truccarsi è diventato un’istanza femminista, ma casualmente soggetto a un conveniente codice sconto. Pare che sia intollerabile agli occhi del mondo fare la casalinga. Quella scappata di casa di Biancaneve, orfana, vittima di abusi familiari, vittima di una serie di tentati omicidi e nessun Isee da presentare al Caf per chiedere il bonus psicologo, decide che forse è meglio spolverare che andare in miniera. Lo so che sembra incredibile, ma nel mondo esistono donne che non hanno nessuna intenzione di lavorare. Esistono donne che vogliono solo sposarsi, lavare i piatti, fare figli. Esistono donne il cui unico scopo nella vita è sposare un uomo ricco. Perché ci è venuto in mente che queste fossero scelte talmente poco dignitose da non dover più essere rappresentate? Chi li sceglie i modelli comportamentali, il marketing o noi? E perché il cinema dovrebbe sostituire la pedagogia? Biancaneve se ne stava bella serena a passare la pezzetta bagnata, e invece no, Biancaneve deve ribellarsi al patriarcato. Cioè questa è Miss Reame, sposa l’uomo ricco, si è fatta amica i proprietari di una miniera di diamanti, non deve mai più lavorare in vita sua, e la vittima è lei? Qua, signore e signori, l’unica vittima è il cinema. Di tutta questa storia mi risulta tuttavia incomprensibile arrivare a capire perché si siano tolti i nani. Come ha detto Luca Bizzarri nel suo podcast Non hanno un amico, i sette nani «rappresentavano tutte le sfaccettature dell’animo umano: c’era il saggio, l’iracondo, il pigro, il mammone, nulla era inclusivo come quei sette personaggi che nella diversità trovavano però l’uguaglianza». Ma poi, prendersela con Cucciolo, affetto pure da mutismo selettivo, siamo sicuri? La gravissima disgrazia che negli ultimi anni ha colpito il cinema è che i film vengono pensati per i genitori e non per i figli, ma venduti come film per bambini. Pixar, dico a te. Ci ricordiamo tutti Inside out, spacciato come film per bambini quando in realtà era Bergman a cartoni animati. Questa disgrazia non solo ha colpito il cinema, ma anche la letteratura per bambini. Nelle fiabe il lupo non è più cattivo, ma se diciamo ai bambini che tutti sono buoni compresi i lupi, come fanno a capire chi sono i cattivi? Ma non sarà un po’ pericoloso? Il cinema poi non è l’arte del documentario. Si ha una pretesa di verità che niente ha a che vedere con l’essere autentico, e questo perché sono quasi finite le persone di talento, quelle capaci di fare i film con gli alieni e contemporaneamente parlare di noi. E anche perché si sono scambiati archetipi per stereotipi. E poi, ricordiamoci sempre che il live action di Biancaneve è già stato fatto nel 2003 ed è Dogville di Lars Von Trier. Da lì in poi abbiamo solo visto abiti brutti e femminismo a buon mercato: non vedo perché questa volta dovrebbe andare meglio, vedrete che ci toccherà rimpiangere Kristen Stewart.
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