di Elisabetta Berti
La direttrice dell’Accademia per un presidio fisso. Tra i contrari Risaliti: “ Non militarizziamo la cultura”
I pilastri del Corridoio Vasariano vengono imbrattati e spuntano dal 1 settembre i vigilantes. Un presidio di sicurezza (armata) che in realtà è previsto in altri grandi musei del mondo e che, anche nello stesso complesso delle Gallerie degli Uffizi, è già in funzione a Palazzo Pitti e al giardino di Boboli. Ma l’annuncio da parte del direttore Schmidt della prossima presenza di un vigilante in divisa e con pistola nella fondina, arrivato a sole 24 ore di distanza dalla scoperta della scritta ultras sul loggiato affacciato sull’Arno, a qualcuno è suonato come un eccesso di reazione. E monta la polemica. «Ho come l’impressione che si sia radicalmente dimenticato lo scopo costituzionale del patrimonio culturale, che è il “ pieno sviluppo della persona umana”, non la repressione” scrive sui social Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena e membro del comitato scientifico degli Uffizi. « Mi vergogno di questa deriva forcaiola che prende il posto dell’educazione » continua, e definisce la decisione di Schmidt di assumere una vigilanza armata h24 un gesto in sintonia con « l’estrema destra amica delle armi ». Secondo Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento, siamo di fronte ad una « degenerazione di cui vanno comprese le cause» e alla quale non si può rispondere con «uno stato di polizia o una militarizzazione dei luoghi d’arte». «Dov’è il limite? Perché agli Uffizi sì e a Santa Maria Novella o al Battistero no?» si chiede lo storico dell’arte che ricorda come i danni al patrimonio culturale provocati da inquinamento e clima siano altrettanto gravi ma del tutto ignorati. Ancora Risaliti: «Questa comunicazione aggressiva alza i toni senza contribuire ad affrontare il degrado del turismo di massa, o la desacralizzazione dell’arte. Perché non pensare ad una sorveglianza “formata” anziché “armata”, sorveglianti che facciano da mediatori culturali, più che da poliziotti». Paola D’Agostino, a capo dei Musei del Bargello, preferisce non commentare, mentre Cecilie Hollberg, che in qualità di direttore della Galleria dell’Accademia si trova a gestire flussi da milioni di visitatori, confessa che da anni fa richiesta, senza risultato, di un presidio fisso delle forze dell’ordine davanti dal museo: « Non si tratta certo di sparare alvandalo o al maleducato, ma di fare da deterrente per chi dimostra una così profonda ignoranza da imbrattare le opere d’arte. Qui abbiamo appena finito di ritinteggiare e già ci sono le impronte dei turisti che appoggiando i piedi alla parete » racconta, « queste cose sono sempre successe, ma preferiamo gestirle in silenzio. E se individuiamo il responsabile lo denunciamo». Quando era direttore degli Uffizi Antonio Natali, attualmente consigliere dell’Opera del Duomo, fece affiggere delle targhette di ottone che ricordavano le pene in cui si incorre in caso di imbrattamento, e di fronte agli ennesimi sfregi propose di alzare una cancellata intorno alla Loggia dei Lanzi. « Fui preso per fascista, mi dissero che i miei erano sistemi medievali. Ma uno Stato che si protegge dall’inciviltà non è uno stato di polizia» commenta. «Come si fa a pretendere il rispetto per l’arte se non la si insegna neanche più a scuola? Non servono leggi più severe, bisogna applicare quelle che ci sono. Beccaria scriveva “non è l’entità della pena a spaventare, ma la sua certezza».