Un biennio d’oro per le banche Ue: 100 miliardi di profitti
30 Dicembre 2023La premier maschio tra i maschi
30 Dicembre 2023CONTI PUBBLICI
Via libera alla Camera. Meloni: «Maggioranza compatta» E ringrazia l’opposizione Giorgetti: è la strada giusta. Tra Pil e rischio-infrazione nell’anno nuovo si parte da meno 15 miliardi
Roma
Via libera all’ultima manovra in extra-deficit. La Camera ieri sera ha definitivamente approvato (220 sì, 112 contrari), senza fiducia, la legge di bilancio da 28 miliardi, 16 dei quali raccolti con un maggiore indebitamento che ha permesso di confermare il taglio del cuneo fiscale sul lavoro e di avviare la riduzione dell’Irpef.
«Bene, proseguiamo su un percorso di prudenza, responsabilità e fiducia. Avanti così », ha commentato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti predicando continuità. Mentre Giorgia Meloni ha ringraziato la maggioranza «per il sostegno e la compattezza dimostrati». La premier ha ringraziato anche le opposizioni per non aver ostruito il dibattito.
Superato lo scoglio parlamentare della manovra (con il sostanziale azzeramento degli emendamenti) e sistemata in qualche modo la grana del superbonus, ora il governo può guardare alle sfide che lo attendono nel 2024 che si annuncia con una crescita debole mentre si avvicina l’appuntamento con le elezioni europee.
Il calendario non prevede a breve appuntamenti decisivi. Il primo vero banco di prova sarà con il Def, il documento di programmazione atteso per aprile quando sarà più chiaro l’andamento del Pil e si capirà se nell’ultimo step prima dell’entrata in vigore – l’esame da parte dell’Europarlamento- il nuovo Patto di stabilità avrà qualche piccolo aggiustamento. L’accordo raggiunto a Bruxelles, che ha lasciato l’Italia insoddisfatta, obbliga i Paesi superindebitati come il nostro ad un nuovo bagno di realtà. Giorgetti ha escluso una manovra correttiva in corso d’anno. Sembra scontato però che con le nuove regole l’Italia finirà sotto procedura di infrazione per il deficit eccessivo.
Secondo le proiezioni della Nadef, nel 2024 l’Italia avrà un deficit al 4,3% – ben al di sopra di quel 3% che è rimasto
la soglia limite – a fronte di una crescita del Pil dell’1,2%. Le stime degli osservatori indipendenti hanno però rivisto al ribasso la crescita. Bankitalia prevede un risicato +0,6%. Meno crescita significa meno entrate e più deficit.
In base alle nuove regole l’Italia sarà chiamata a ridurre il disavanzo strutturale dello 0,5% l’anno fino a portarlo sotto il 3% e poi tendere verso l’1,5%. Il patto prevede uno “sconto” fino al 2027 sulla spesa per gli intessi, che potrebbe diminuire un po’ la correzione richiesta, e la traiettoria della Nadef per il 2025 già prevede un calo di mezzo punto del deficit. In prima battuta potremmo dunque cavarcela senza ulteriori tagli (che potranno arrivare invece dal 2027 in avanti quando la clausola di flessibilità accordata verrà meno e ci sarà l’obbligo di tagliare anche il debito). Ma sembra fin da ora escluso che il governo nella prossima manovra possa contare su un aumento del disavanzo come quest’anno.
In questo quadro si misureranno le conseguenze delle legge di bilancio sul 2024 che ha finanziato taglio del cuneo fiscale e riduzione Irpef con coperture temporanee. Ciò significa che solo per lasciare le cose come stanno oggi – l’alternativa politicamente impraticabile sarebbe quella di ridurre le buste paga – il governo dovrà trovare 14-15 miliardi di euro riducendo le spese o aumentando altre tasse. La prossima manovra dunque non partirà da 0 ma da -15 o giù di lì. E sarà ben difficile trovare risorse da destinare agli investimenti e al welfare.
Un contributo alla crescita può arrivare dal Pnrr se dopo l’ok della Ue alla rimodulazione del Piano le risorse in arrivo riusciranno ad essere effettivamente spese in tempi accelerati. Notizie positive anche dal fronte inflazione, prevista in netto calo, salvo nuovi choc internazionali. Questo attenuerà la pressione sui salari, falcidiati nell’ultimo biennio dalla corsa dei prezzi. Anche se la perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni continuerà ad essere un problema sia politico che economico. Sul tavolo resta poi la questione Mes. La bocciatura da parte del Parlamento ha chiuso solo temporaneamente il caso dato che l’Italia è l’unico Paese che non ha ratificato la riforma del Meccanismo di stabilità. Un problema che riguarda le rete di sicurezza finanziaria della zona euro ma anche la “reputazione” del governo italiano in Europa. Una soluzione andrà trovata.