Sergio Risaliti
Parla l’autore del libro il 30 in regalo con Repubblica
diElisabetta Berti«Non bastano tre vite per dire: conosco Michelangelo». E dire che Sergio Risaliti, storico dell’arte e direttore del Museo Novecento, lo studia da quando frequentava l’Università a Firenze, a lezione da Mina Gregori e Carlo Del Bravo. Poi, come un fiume carsico che sistematicamente torna in superficie, l’autore del David si ripresenta nelle attività di curatore, saggista e divulgatore che Risaliti svolge da trent’anni. Per questo Maratona Michelangelo, che oggi viene presentato in Regione e sabato 30 novembre uscirà nelle edicole di tutta la Toscana in allegato gratuito con Repubblica, è una sfida: sorprendere il lettore con dettagli, aneddoti e nuove letture sul più ammirato e celebrato tra i maestri fiorentini dell’arte di tutti i tempi.
Sergio Risaliti, cos’èMaratona Michelangelo?
«È un piccolo libro tascabile che uno può tenere con sé comodamente, per andare in giro per Firenze armati di molto fiato e resistenza. Poi il godimento spirituale che restituisce questa cavalcata ripagherà dello sforzo».
Perché?
«Quando si parla di Michelangelo e delle sue opere si parla di una delle esperienze, da un punto di vista artistico, poetico e intellettuale, tra le più alte di tutta la storia dell’arte. Michelangelo parla al di là del tempo e dello spazio essendo artista universale, ed è per questo che rende universale Firenze. Poi, come dice Giorgio Manganelli, l’opera d’arte più sconosciuta è il capolavoro. Intendo dire che la storia dell’arte è sempre contemporanea e mai esaurita, rivela sempre sorprese e possibilità di nuove letture».
Nuove letture possibili anche con un artista tanto studiato?
«Purtroppo i grandi capolavori, così come i grandi artisti, cadono vittima di stereotipi e geometrie ermeneutiche che sono precostituite e si ripetono di stagione in stagione.
Dobbiamo avere la capacità di decostruire il già detto e il già scritto.
Il continuo rinnovamento della lettura di un’opera o della vita di un artista deriva dalla prospettiva sempre contemporanea con cui siaffronta, liberandosi in modo creativo dalla più pedissequa storicizzazione».
La sua più recente mostra al Museo Novecento era dedicata a Louise Bourgeois, una delle figure più iconiche dell’arte contemporanea. E ora un salto indietro di cinque secoli fino a Michelangelo.
«Anche qui non dobbiamo cadere negli stereotipi. Mi sono sempre ritenuto uno storico dell’arte: il mio primo articolo l’ho scritto a 24 annisul David di Michelangelo, ho lavorato a lungo nella sezione didattica degli Uffizi, con la grandissima Maria Fossi Todorow che l’aveva “inventata”, e con Antonio Paolucci e Carlo Sisi. Lì ho capito che l’erudizione a cui ci preparava la facoltà non doveva diventare un esercizio narcisistico, uno sfoggio di sapienza stretto nello specialismo, ma dovesse trasformarsi in sapere condiviso. Alcune mie operazioni come il David sugli sproni del Duomo nel 2012, sono unateatralizzazione che dà la possibilità di conoscere in modo spettacolare eventi non conosciuti. Cerco di creare l’osmosi, una dialettica continua tra gli artisti di oggi e quelli del passato».
Cosa contiene di nuovo questo volume?
«Ci sono alcune novità interpretative. Ad esempio sul Bacco del Bargello.
Con Francesco Vossilla abbiamo riletto la committenza dell’opera, destinata ad un teatro all’antico da ricostruire nel Palazzo della Cancelleria, dove la si doveva osservare a 360 gradi, mentre usualmente, condizionati dalle letture critiche precedenti, la statua è sempre stata vista e fotografata di fronte e sul lato destro, quasi mai sul lato sinistro, dal quale si osservano dettagli preziosi».
Quindi c’è qualcosa di ancora misterioso che riguarda la produzione michelangiolesca?
«C’è tanto da capire anche delle Cappelle medicee. Nel testo c’è un passaggio in cui mi soffermo sulla posizione contrapposta del GesùBambino nella Vergine Medici: non guarda né l’osservatore né le statue dei duchi. L’interpretazione può nascondersi tra i versi di un sonetto che critica i vizi in cui cade il tiranno al quale Michelangelo ricorda che la gloria umana, ogni velleitaria speranza di essere eterni è cosa vana perché il tempo consuma tutto. Qui Michelangelo fa riferimento ai Trionfi del Petrarca. Questa mia lettura deriva dagli studi che ho fatto in questo ultimo anno su Michelangelo e il potere, poi concretizzati nella mostra di Palazzo Vecchio il cui catalogo uscirà a breve, con saggi miei e di Cristina Acidini».
In futuro quale aspetto vorrebbe approfondire?
«Tutta la vicenda legata ai Prigioni che lasciano tanti punti interrogativi sulla datazione. Così anche per il Tondo Doni e la Battaglia dei Centauri. Ma secondo me una cosa che andrebbe divulgata con più generosità didattica, è la vera storia del David. Il pubblico non la conosce».
In Palazzo Strozzi Sacrati
Sulle orme fiorentine del mito Oggi la presentazione
“ Maratona Michelangelo. Viaggio tra i capolavori del grande artista a Firenze” viene presentato oggi a Palazzo Strozzi Sacrati, sede della Regione Toscana ( p. zza del Duomo 10, ore 12, ingresso libero fino ad esaurimento posti). All’incontro saranno presenti l’autore Sergio Risaliti insieme ad Eugenio Giani, che firma la prefazione del libro, la storica dell’arte Elena Capretti e il caporedattore di Repubblica Firenze Fabio Galati. Il volume uscirà poi in edicola in tutta la Toscana il 30 novembre in allegato gratuito con La Repubblica. I titolari di un abbonamento al giornale avranno a disposizione un’edizione digitale. Si tratta di una guida in 144 pagine corredate da un ricco apparato iconografico, in cui il direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti accompagna il lettore attraverso le opere e i luoghi di Michelangelo a Firenze: la Galleria dell’Accademia dove è custodito il David, gli Uffizi con il Tondo Doni, e poi autentici scrigni rimasti ai margini dei percorsi turistici come Casa Buonarroti, l’Accademia delle arti del disegno e la basilica di Santo Spirito. Il volume è diviso in dieci capitoli, ciascuno dedicato ad una tappa del percorso cittadino, ed è introdotto da una mappa della città. È una guida da portare sempre dietro che ci conduce ad osservare meglio i particolari, i dettagli di opere d’arte assolute, talune celeberrime, di cui c’è ancora tanto da scoprire.