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21 Dicembre 2022Il professor Givone: siamo alla banalizzazione dei nostri monumenti
G.G.
«Palazzo Vecchio e i musei non sono servizi essenziali. Non sono ristoranti, alberghi o mezzi di trasporto. Un museo è una testimonianza storica, certo fondamentale, ma come lo è la scuola. Non per questo si va in classe a Natale o Capodanno». Il professor Sergio Givone, filosofo ed ex assessore comunale alla Cultura, critica la linea dettata dal ministero dei Beni culturali per i musei sempre aperti e la conseguente decisione del Comune di Firenze di disporre le aperture straordinarie di Palazzo Vecchio e del Museo del Novecento.
Professor Givone, queste aperture straordinarie non la convincono.
«No, perché in questo bisogno di tenere sempre tutto aperto e a disposizione ci leggo una banalizzazione dei nostri monumenti: rendere Palazzo Vecchio, o il museo del Novecento, o gli Uffizi sempre disponibili, pronti ad essere consumati, significa volerli privare della loro vocazione: l’essere qualcosa di prezioso da conquistare».
Cosa significa?
«Non sono luoghi pronti da consumare. Se vado in giro per una città a ogni ora del giorno troverò una locanda o una bettola pronti a darmi un panino. Ma un museo, un luogo di cultura, necessita di uno sforzo: se si vuole andare ad esempio agli Uffizi, si ha il dovere di organizzare il proprio viaggio in funzione dell’apertura del museo, vedere gli orari, studiare quello che si andrà a vedere, prepararsi. Invece passa il concetto che ci si entra per fare una giratina, mettere la bandierina, vantarsene, per poi andare in via Tornabuoni, che era il nostro vero obiettivo, a fare tutt’altro».
Qualcuno potrebbe obiettare che anche questo tipo di visitatore porta ricchezza.
«È una logica da centro commerciale che va ribaltata. Se si va in un luogo di cultura, bisogna sapere che si sta facendo una cosa importante. E, se ci si portano i propri figli, bisogna sapere che non è come andare ai giardini pubblici. Ripeto, bisogna prepararsi, bisogna re-imparare la fatica dello studio. E bisogna avere rispetto. Ma è possibile che un turista non debba neanche avere il fastidio di verificare gli orari di un luogo? Ma cosa stiamo diventando?».
Firenze è un luogo di cultura? Viviamo solo del passato, senza creare niente di nuovo, o i segnali che arrivano dal suo Museo del Novecento, dalle mostre degli ultimi anni di Palazzo Strozzi, dicono qualcos’altro?
«C’è tanta strada da fare, ma sarebbe sbagliato dire che non facciamo niente. Però è chiaro che ci sono due prospettive, alternative e nette. Una è quella del grande Antonio Paolucci, che sostiene che Firenze ha un patrimonio così immenso che prenderne cura significa non potersi dedicare ad altro. La rispetto, ma non è la mia prospettiva: Firenze ha il più grande patrimonio al mondo, ma conservarlo per consegnarlo alle generazioni future dovrebbe significare andare oltre alla pura archeologia, usandolo come fonte di ispirazione, di nuova creazione. Per questo il mio sogno era creare delle residenze per artisti all’ex Meccanotessile».
La vicenda delle aperture di Natale e Capodanno desta anche polemiche sul fatto che i lavoratori siano chiamati in servizio all’ultimo minuto. Cosa ne pensa?
«Se dobbiamo chiedere sacrifici ai lavoratori, facciamolo per ragioni più fondate».
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