Dove l’accento va posto sul termine “centrosinistra”: perché se spesso – da Funaro a Leccese – i sindaci eletti sono espressi dal Pd, se a festeggiare più di tutti è la segretaria Elly Schlein che dalla doppietta Europee-amministrative esce rinsaldata nel partito e con la sensazione di avere un vento a favore, quello che i risultati consegnano è la consapevolezza – tanto intuitiva quanto complicata da mettere in pratica – che un’alleanza delle forze di opposizione consente di contrastare le destre, e qualche volta, guarda un po’, persino di sconfiggerle. Certo, è presto per pensare che l’aria stia cambiando, che Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia comincino ad avere difficoltà: epperò alle Europee, pur vincendo, hanno lasciato sul terreno 590mila voti rispetto alle Politiche del 2022, e ieri il test dei territori non è stato brillante. Segnali ancora flebili, ma che un’opposizione con l’ambizione di smettere di esserlo dovrebbe cogliere al volo.
Che poi dalle parti della maggioranza ci sia un certo nervosismo, lo confermano le parole a caldo del presidente del Senato La Russa, quel suo rinnovato richiamo a un cambio di legge elettorale perché «il secondo turno incrementa l’astensione» (già a marzo la Lega tentò di intervenire inserendo un emendamento al decreto elezioni). Intendiamoci, un’affluenza al di sotto del 50 per cento, perdipiù alle amministrative, cioè le elezioni che decidono in assoluto le figure istituzionali più vicine al cittadino, è senza dubbio un brutto segno, di cui tutte le forze politiche dovrebbero preoccuparsi. Ma che la soluzione sia eliminare il ballottaggio – quello che porterà milioni di elettori al voto in Francia a breve – appare quantomeno semplicistico. Se non frutto di un calcolo di parte.
Di questa latente preoccupazione, e dell’entusiasmo che alcune vittorie di ieri hanno suscitato, Schlein, Conte, Fratoianni e tutti i leader che si oppongono al governo dovrebbero fare tesoro. Perché sia l’inizio della costruzione di uno schieramento vero, strutturato, capace di resistere alle intemperie come quello di centrodestra, diviso su alcuni temi quanto gli avversari, eppure bravissimo a ricomporsi alla bisogna. Se fino all’8 giugno restava aperta la partita della leadership, queste due settimane hanno fatto chiarezza: difficile per i capi degli altri partiti contestare oggi la forza guadagnata nelle urne dalla giovane segretaria dem. Da perno dell’alternativa, come autodefinisce il suo partito, tocca ora a lei lavorare per costruirla. Dalla battaglia contro l’autonomia differenziata e il premierato alle Regionali d’autunno in Emilia-Romagna e Umbria, le occasioni non mancano.