Poi c’è il presidente del Banco Bpm, Massimo Tononi, che di Mps è stato presidente nel 2015-2016 uscendone a sorpresa in scia a uno scontro tra l’allora ad Fabrizio Viola e il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, oggi presidente di UniCredit. L’economista trentino, già sottosegretario all’Economia con Tommaso Padoa Schioppa e, prima ancora, assistente di Romano Prodi all’Iri, era stato infastidito, si disse, dalle ingerenze continue dei consulenti di JP Morgan sui piani per la banca. Poi c’è Patrizia Grieco, che ha lasciato la presidenza di Mps nel 2023 per passare, come “indipendente”, allo stesso ruolo in Anima che pure è stata fondata anche dal Monte, suo importante distributore.
Insomma, al netto della holding degli eredi Del Vecchio, Delfin, che ormai viaggia in tandem con Caltagirone e spiega l’acquisto con il desiderio di rispettare la volontà di contribuire al bene comune dello scomparso fondatore, la vera new entry è Giuseppe Castagna. L’amministratore delegato del Banco Bpm ha fatto questa operazione con molte buone ragioni, come sottolineano anche i suoi detrattori: col lancio dell’offerta sull’intero capitale di Anima prima e poi l’acquisto di una quota del Monte dal ministero dell’Economia, una doppia mossa relativamente facile, di poca spesa e a rischio zero, il banchiere napoletano – che non ammette l’idea che ci possano essere successori per la sua poltrona – è aumentato di peso specifico, assicurandosi uno scudo da eventuali compratori e un distributore per i prodotti della partecipata al 20,6% Anima, che peraltro per il Mef rappresenta un importante acquirente di Buoni del Tesoro.
Se poi questa comunione di azioni e di intenti diventerà il terzo polo bancario che l’Italia cerca da tempo è tutto da vedere. L’unica cosa davvero certa è che Castagna ha dato una grossa mano a Giancarlo Giorgetti, che ha incassato denaro fresco e preservato “l’italianità” di Siena, ottemperando agli impegni presi con l’Ue e dando al tutto una veste industriale tanto convincente quanto insperata. Naturale dedurre che il banchiere si sia assicurato un inestimabile credito di riconoscenza presso il governo, che per di più apprezza, e non poco, il fatto di passare Siena nelle mani di una banca del Nord non connotata politicamente. E quanto alle origini meridionali del banchiere, quelle sono preoccupazioni che avrebbe avuto la vecchia Lega.
L’interessato, a ogni buon conto, conosce bene la disciplina che serve per navigare in tutte le acque, trattandosi di un ex carabiniere con un passato da nuotatore maratoneta plurimedagliato: la carriera da banchiere l’ha iniziata in Comit per scalare in un trentennio le posizioni di vertice di Intesa Sanpaolo, dove è arrivato alla direzione generale che ha lasciato nel 2013. Coi tempi che corrono, non dispiacerà neanche la sua maniacale attenzione ai costi, che pure gli ha attirato gli strali dei vecchi potentati della Bpm, i sindacati, che un anno fa hanno attaccato Castagna chiamandolo “lo smemorato di piazza Meda”, dove ha sede la banca milanese, accusandolo di aver sacrificato i dipendenti con un taglio del 25% del premio annuale, mentre il suo emolumento nel 2023 era salito quasi a 2,9 milioni e gli azionisti erano stati saziati con la promessa di 4 miliardi di euro in dividendi in tre anni. Azionisti tra i quali figura anche l’onnipresente Blackrock di Larry Fink, recentemente protagonista di un’ospitata a Palazzo Chigi, che ha sollevato più di un interrogativo sul ruolo del fondo nella (eventuale) futura politica industriale italiana.
Chi invece godeva già di buon credito politico è sicuramente Caltagirone che, insieme a Delfin, ha puntato sul Monte una somma più che alla sua portata – quasi 520 milioni in due – rafforzando il nocciolo duro dei nuovi soci di Siena. Questo proprio mentre – e il Mef promette che non sarà rinviata – si avvicina l’entrata in vigore della legge Capitali che, fortemente voluta dal costruttore-editore, agevola non poco le mire sue e della holding di Luxottica sul cda di Generali, che scade a primavera, e a seguire ne agevolerà gli interessi anche su Mediobanca. Nel caso del duo romano-veneto, il credito è andato al contrario: è il Tesoro ad aver riscosso quello accumulato con una legge che ha fatto impazzire tutti gli editorialisti del Financial Times.
Resta da dire degli altri, promessi sposi e no. UniCredit, che aveva provato a farsi regalare Mps dal governo Draghi, prova con fatica a comprare Commerzbank in Germania e ora in Italia non ha piani B. Unipol, a lungo candidata(si) al Monte, è la prima vittima delle mosse di Castagna e dovrà accontentarsi di distribuire le sue polizze tramite le partecipate Sondrio e Bper, bloccate dall’ingombrante azionista. Resta fuori dai giochi la banca di sistema per eccellenza, Intesa Sanpaolo, che pure ha scalato le classifiche delle banche europee per capitalizzazione e non può toccare palla in Italia per questioni Antitrust, ma se non altro benedice il caso della Equalize di Enrico Pazzali e Carmine Gallo, che ha oscurato l’imbarazzante vicenda del funzionario infedele che si è introdotto senza che nessuno lo fermasse nei conti correnti di migliaia di clienti…