Il Nuovo Fronte Popolare (Nfp) della sinistra francese ha vinto le elezioni legislative. E ora? Éric Coquerel, deputato di La France Insoumise, figura di spicco del partito e presidente della commissione finanze nella legislatura precedente, è convinto che il Nfp possa governare, evolvendosi in una crisi istituzionale senza precedenti, forte del fatto di aver fermato, almeno temporaneamente, «l’evoluzione autoritaria del neoliberismo» in Francia.

Cosa ha reso possibile la vittoria del Nfp in queste elezioni legislative?

Il popolo francese! Questo è un paese che, quando ci sono grandi scelte da fare, riprende il controllo di sé. I nostri principi repubblicani sono l’antitesi del Rn: questo è stato il punto di partenza. Poi, dopo sette anni di macronismo, la sinistra ha proposto un’alternativa reale, nei termini di un programma di rottura. Il rifiuto dell’estrema destra e l’aspirazione a qualcosa d’altro sono i due fattori che hanno fatto sì che fossimo maggioritari in queste elezioni.

Il Nfp è la coalizione principale ma non ha la maggioranza assoluta, nel quadro di un’Assemblée Nationale spaccata in tre. Come potrà governare il Nfp per applicare il suo programma di «rottura»?

Innanzitutto, Macron deve accettare il voto dei cittadini, mentre per ora sembra tergiversare. Quando l’avrà fatto, il Nfp dovrà governare: abbiamo un programma nel quale abbiamo scritto quali misure vogliamo introdurre nei primi 15 giorni, e i tre quarti di queste possono essere realizzate tramite decreti, dunque senza votazioni. Sul resto si dovrà vedere legge per legge, trovando di volta in volta delle maggioranze alla Camera. Io credo che le si potranno trovare su misure come l’abrogazione della riforma delle pensioni, o sull’introduzione di una tassa sui super-dividendi. Dopodiché, se un governo del Nfp venisse bloccato, ci si troverà in un’impasse politica grave e, in quel caso, il presidente della Repubblica dovrà prendersi le proprie responsabilità e dimettersi.

Che ruolo hanno svolto i movimenti sociali nella costruzione del Nuovo Fronte Popolare, e che ruolo potranno svolgere qualora la coalizione della sinistra andasse al governo?

I movimenti sociali e la società civile hanno giocato un ruolo essenziale. Il fatto che i sindacati abbiano appoggiato la creazione del Nfp è del tutto inusuale in Francia, una cosa che non succedeva dal 1936. Se c’è un Nfp, è perché c’è stato un movimento contro la riforma delle pensioni, è perché sui territori ci sono mobilitazioni contro la chiusura di luoghi di lavoro, per la difesa dei servizi pubblici e della scuola… Tutto ciò ha creato il terreno adatto affinché i politici prendessero le loro responsabilità, appoggiati dai sindacati. Se arriviamo al governo, conservare questa dinamica sarà essenziale. Per esempio, noi intendiamo convocare una grande conferenza nazionale sui salari, ma per farlo, abbiamo bisogno che i lavoratori spingano per l’aumento dei salari, dal basso. Solo tramite i movimenti sociali riusciremo a rendere i rapporti di forza più favorevoli a un governo del Nfp di quanto non siano ora.

Come spiega il fatto che Lfi abbia perso una parte della sua egemonia in seno alla sinistra, rispetto per esempio alla Nupes del 2022?

Lfi resta comunque la forza predominante e, soprattutto, il Nfp ha più eletti della Nupes. Dopodiché, abbiamo patito la politica del «né-né», cioè, mentre il nostro elettorato ha rispettato in massa la disciplina repubblicana salvando dei candidati macronisti nei duelli con il Rn, il contrario non si è avverato in modo altrettanto sistematico, cosa che ci ha fatto perdere tra i 15 e i 20 deputati, facendoli guadagnare all’estrema destra. Inoltre, la campagna di diabolizzazione nei nostri confronti ha funzionato in una certa misura ma, malgrado tutto, penso che abbiamo resistito bene.

Personalità in precedenza legate a Lfi come François Ruffin hanno annunciato che lasceranno il partito. Quali sono le divergenze politiche che hanno portato a tale separazione?

Ruffin ci ha attaccato molto severamente durante questa campagna elettorale, denigrando l’idea stessa di un programma di «rottura». Lui pensa che Lfi dia troppa attenzione alle lotte contro le discriminazioni e alle rivendicazioni dei quartieri popolari, cosa che, sostiene, ci metterebbe in conflitto con la “classe operaia”. Sono in radicale disaccordo con quest’idea, penso che abbracciare le lotte antirazziste e dei quartieri popolari non ci impedisca assolutamente di parlare a una parte delle classi popolari che vive nelle zone peri-urbane o rurali. Penso che quella di Ruffin sia una strategia fallimentare, d’altronde ha seriamente rischiato di perdere il proprio seggio. Credo, al contrario, che chi è riuscito a tenere testa al Rn lo abbia fatto proprio in virtù di una militanza forte su di un programma di «rottura».

La crisi francese, apertasi con le legislative del 2022, sembra avvitarsi sempre di più. Dove, o come, finirà?

In Francia ci sono ora due crisi che si accavallano. Da un lato una crisi globale, legata all’evoluzione autoritaria del neoliberismo che, per applicare le proprie politiche, si presta a opzioni sempre più autoritarie con il concorso dell’estrema destra. Queste elezioni segnano una momentanea battuta d’arrestato di tale evoluzione. La seconda crisi è di ordine locale, e riguarda il regime della 5a Repubblica, che personalizza all’estremo le istituzioni. È un sistema istituzionale in profonda crisi. Per fortuna abbiamo un popolo repubblicano, che ha rifiutato l’opzione autoritaria dell’estrema destra.