l’analisi
di Alberto Simoni
da Washington
Matthias è danese, abita sulle “colline” di Washington nella zona della National Cathedral. Ha due figli e spesso il sabato sera andavano a magiare in un locale su M Street, nella chic Georgetown. Mangiavano hamburger con formaggio cheddar, pancetta, cetrioli e salse. Da qualche mese Matthias ha rivisto il budget famigliare: è diventato troppo costoso anche un hamburger.
Il prezzo del cheeseburger ha superato i 17 dollari. E non è nemmeno il più caro in città, si arriva anche a superare i 22 dollari per un doppio cheeseburger.
Fra bibite mance – obbligatorie e fisse a non meno del 15% – servizi extra, tasse locali, il conto a testa può sforare i 30 dollari. Nella capitale ci sono oltre 3400 ristoranti, i prezzi dei menù in un anno sono cresciuti del 5,6%. Il problema però non è circoscritto alla capitale, un po’ ovunque negli Stati Uniti c’è stata un’impennata di prezzi dei cheeseburger, quasi piatto nazionale e alla portata – un tempo – di tutti.
In gennaio mangiare fuori costava a una famiglia il 30% in più rispetto al 2019 secondo i dati del Dipartimento del Lavoro.
La spinta ai prezzi ha molti padri, ma quella che sta mettendo a soqquadro i conti dei piccoli e medi ristoratori (e di riflesso delle famiglie) è il costo del lavoro. Secondo uno studio di Vistage Worldwide il 59% degli imprenditori del food ritiene che a incidere sull’inflazione sia il costo dei dipendenti. Diverse le ragioni: dalla carenza di personale, alle spinte dei sindacati sino all’entrata in vigore il primo gennaio di nuovi minimi salariali in 22 Stati. In Colorado per esempio la paga oraria è 18,29 dollari.
Camerieri e baristi costano, in alcuni casi, sino al 30% in più e per moltissimi proprietari l’alternativa alla chiusura è stata ridurre il personale, affidare più mansioni ai dipendenti o fare dei tagli.
Al Floriana di Dupont Circle, il barista del weekend è un collaboratore di un importante deputato del Massachusetts, arrotonda la paga servendo prosecco e cocktail dopo le 11. Prima però serve ai tavoli – il bar ha un ristorante al piano superiore – cosa che sino a qualche mese fa non gli era richiesta.
Il Wall Street Journal ha raccontato di un locale a Concord, in New Hampshire, che per cercare di rientrare nel budget ha cancellato l’abbonamento alla tv via cavo, cambiato marca di ketchup e ridotto al minimo i servizi di consegna a domicilio. Ogni piatto infatti da delivery grava un dollaro per il confezionamento. Una delle soluzioni per arginare i costi e mantenere i ricavi è stata smettere di “omaggiare” i clienti con posate di plastica e tovaglioli di carta.
«Se chiedessi più di 12 dollari per un cheeseburger qui non verrebbe nessuno», ci ha raccontato invece un ristoratore di Raleigh in North Carolina. Ammette di lavorare, per ora, in perdita, ma confida che la fedeltà dei suoi clienti e un locale sempre pieno lungo Wilmington Road possano compensare una volta aggiustate le voci del budget.
Due anni fa in California i sindacati dei lavoratori dei fast food ottennero di portare il salario minimo a 20 dollari, contro i poco più di 16 del 2022. La lobby dei padroni – da McDonald’s a Chipotle – si oppose e avvisò il governatore Gavin Newsom: qualcuno dovrà pagare l’aumento del costo del denaro. Ovvero i consumatori.
Se gli americani pagano il conto, il prezzo politico rischia di ricadere sulla Casa Bianca che da due anni è alle prese con il carovita. L’inflazione, dai picchi di giugno 2022 (9,1%), ha segnato una progressiva diminuzione. Ma in gennaio i prezzi al consumo sono aumentati del 3,1% su base annua, raffreddando l’ottimismo di chi intravvedeva già la luce in fondo al tunnel e un’inflazione attorno al 2% nei prossimi mesi. L’economia è, insieme all’immigrazione, il tema cardine delle presidenziali. E una spina nel fianco di Biden insieme, oggi, al sostegno a Israele nel conflitto a Gaza. Secondo un sondaggio diffuso domenica dal Wall Street Journal il numero di statunitensi che considera migliorata la propria situazione finanziaria è aumentato, tuttavia questo non è traslato in sondaggi più positivi per Biden nella sfida contro Trump. Lael Brainard, capo del team economico della Casa Bianca, aveva ammesso, rispondendo a una domanda de La Stampa, che «c’è ancora molto da fare e che siamo consapevoli che la percezione degli americani sull’economia non sia positiva». Il problema è che il prezzo del cheeseburger più che percepito è reale.