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30 Marzo 2024Un nuovo inizio
Nella visione comune il raggiungimento di un ruolo di governo è visto come un punto di arrivo, il coronamento di una «carriera». Le parole con cui l’arcivescovo di Firenze si è rivolto ai presbiteri, ai fedeli e alla città, giovedì scorso, tracciano un quadro per certi aspetti opposto. Il cardinal Betori ha ripercorso i 15 anni del proprio episcopato offrendo una riflessione sulla natura del sacerdozio che riguarda certo i presbiteri, ma più in generale tutta la Chiesa che è in Firenze. E in quella riflessione è centrale la consapevolezza che in questi anni, oltre alla comunità, è cambiato anche il pastore, in un cammino condiviso. Le parole di Betori sono una riflessione su un presente che è l’esito di un itinerario nel quale non sono mancati momenti di fatica, tornanti complessi e in cui però serve cercare i segni di futuro. La Chiesa fiorentina che si accinge ad accogliere un nuovo pastore vive in profondità l’interrogativo su come sia possibile essere cristiani in un contesto sociale e culturale che sembra rendere sempre più fragile il valore della dimensione comunitaria. I cattolici fiorentini sperimentano ormai ogni giorno la difficoltà di trovare linguaggi e forme con cui incarnare la fede in questo tempo. E tuttavia, essi hanno anche avuto l’occasione di riappropriarsi di quello che è il percorso che hanno compiuto nei decenni del «secolo breve», nel quale il Vangelo ha dato forma ai gesti e alle parole di La Pira e Milani.
La Chiesa fiorentina si trova così a un crocevia, con la consapevolezza che i mutamenti sociali e culturali la pongono di fronte all’interrogativo sul proprio modo di essere fra gli uomini. Il cammino sinodale che anche a Firenze è stato compiuto e che è lo specchio di un processo che attraversa tutta la Chiesa, ha lasciato emergere tutta la forza di nuove istanze. Vi sono questioni più strettamente ecclesiali, come quelle relative al valore e al ruolo delle donne e al bisogno di includere i laici nei processi di governo della comunità. E ve ne sono di connesse al presente di una città ormai molteplice per culture e religioni, in cui si pone l’esigenza di ascoltare le generazioni più giovani e dare spazio adeguato al loro essere annunciatori di futuro, in cui la povertà è oggi materiale e morale e anche ambientale e in cui la pace torna a interrogare le coscienze. Sono queste le attese e i bisogni che toccano la vita della Chiesa di cui Betori è stato pastore e che sono consegnate al suo successore. La piena consapevolezza di questi nodi porta con sé anche l’indicazione di una direzione possibile. La centralità del Vangelo, come Parola non solo ascoltata ma praticata ha scandito la vicenda storica dei cattolici fiorentini. È la radice delle scuole di San Donato di Calenzano e di Barbiana e della cura per la persona umana della politica lapiriana; è il tronco su cui si è innestata la stagione del sinodo voluto dal cardinal Piovanelli; è stato il filo conduttore del ministero di Giuseppe Betori. Guardare a quelle stagioni mentre ci si appresta ad accogliere il nuovo arcivescovo non significa fare opera di nostalgia o pensare di poter replicare forme ed esperienze ormai consegnate al passato. Al contrario, significa riconoscersi in una storia che non è fatta di punti di arrivo, ma di inizi sempre nuovi.
Riccardo Saccenti
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