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25 Ottobre 2022Mps, il titolo crolla ancora sotto il prezzo dell’aumento
25 Ottobre 2022
I contatti con Cariverona, Cariparo, Cuneo e Forlì. L’ente milanese al 5% in Intesa
di Daniela Polizzi e Andrea Rinaldi
A una settimana dalla chiusura dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi del Monte dei Paschi di Siena, fissata il 31 ottobre, Cariplo, Crt e Compagnia di San Paolo, affiancate da altre Fondazioni, sono al lavoro per valutare la ripatrimonializzazione dell’istituto. Se le consultazioni andranno a buon fine — visto che nei singoli board si registrano ancora divergenze — già oggi si dovrebbe conoscere l’importo che sottoscriveranno le grandi fondazioni bancarie del Nord nell’ambito dell’aumento di capitale di Mps. È stato un fine settimana di scambi intensi tra il ceo Luigi Lovaglio e questi enti che sembrano ormai intenzionati a entrare in partita.
I contatti sono cominciati con Compagnia di San Paolo, fondazione Crt, Cariplo, Cariparo, Cariverona, Cuneo e Cariforlì. La Compagnia di San Paolo, presieduta da Francesco Profumo, che è anche al vertice di Acri, starebbe studiando i limiti legislativi della partecipazione, dato che la sua quota in Intesa Sanpaolo, sia diretta sia in gestione, vale il 34% del patrimonio (il protocollo Acri-Mef vincola l’investimento della propria ricchezza a non oltre il 30% su un singolo asset, in questo caso quello creditizio). Crt, che oggi ha in calendario un cda, dovrebbe deliberare di partecipare con 7 milioni, Cuneo con 3. Da Cariplo e dalla Compagnia di San Paolo sarebbe atteso un impegno tra 10 e 15 milioni. Tra oggi e domani il mondo delle grandi Fondazioni alzerà il velo.
Gli enti sanno bene che quella su Mps è un’operazione di sistema e in questi giorni c’è stata una chiamata alla responsabilità. Anche se alcuni ricordano ancora l’adesione, non certo indolore, per 500 milioni al fondo Atlante per il salvataggio delle Popolari venete.
Se si riuscirà a chiudere, il loro ingresso in campo sarebbe frutto dei sondaggi avviati dal Mef, socio con il 64,2% di Mps, la cui attenzione è caduta sulle prime 16 Fondazioni, cioè su quelle con un patrimonio superiore al mezzo miliardo. Se confermato, il via libera di oggi seguirà quindi a ruota quello già arrivato da CariFirenze e Siena con 10 milioni a testa, Carilucca con 7, Pistoia con 3. Gli impegni degli enti bancari si aggiungerebbero alla sub garanzia, pari a 500 milioni, firmata dai cosiddetti investitori-chiave Axa (per circa 200 milioni), Algebris, Denis Dumont, Andrea Pignataro (Cedacri e Cerved) e altri fondi. In tutto una decina di investitori che interverranno con 500 milioni nel caso in cui il mercato — chiamato a sottoscrivere 900 milioni — non rispondesse. E se non basteranno ancora interverrà il consorzio di garanzia con Mediobanca, Credit Suisse, BofA, Citi, Credit Suisse, più i joint bookrunner SocGen, Sitfel, Santander e Barclays, che si sono impegnate per 807 milioni, e da Algebris (50 milioni, di cui 30 pari passo con le banche garanti e 20 milioni come sub-underwriter). Con l’impegno personale, forte e simbolico, del ceo Lovaglio che ha già investito 200 mila euro.
L’intervento su Mps segna il riavvicinamento o, meglio, l’irrobustimento del cordone delle fondazioni, mai tagliato con le banche, conferitarie o meno. Pur rispettando la cornice della legge Amato-Carli e del protocollo Acri-Mef, molti enti hanno reinvestito nei loro istituti di credito di riferimento. A luglio Cariplo è salita dal 3,9% al 4,81% di Intesa Sanpaolo mobilitando 350 milioni e ieri ha arrotondato al 5,063%. Mentre in Toscana altre fondazioni azioniste di Ca’ de Sass starebbero seguendo l’esempio della cugina milanese e si starebbero preparando a pesare di più. Crt ha arrotondato la quota in Banco Bpm all’1,8% e non si escluderebbe di crescere ancora ma non oltre il 2%. Peraltro nel patto che Crt ha costituito su Piazza Meda con altri enti bancari e soggetti previdenziali dovrebbero arrivare altre casse per accrescerne il peso. Il Banco è sottostimato in Borsa in questo periodo, l’investimento ne testimonierebbe l’apprezzamento ma anche l’idea di esprimere un paio di consiglieri nel futuro cda.
Intanto il ceo Lovaglio ha avviato le trattative con i sindacati, volte a soddisfare le oltre 4 mila richieste di esodo, contro le 3.500 previste. Dovranno essere «programmato un numero di assunzioni di giovani» per garantire «un importante ricambio generazionale», ha scritto la Fabi. Se così sarà, Lovaglio potrà contare su risparmi superiori rispetto ai 270 milioni l’anno previsti a piano. Ma anche a costi maggiori rispetto agli 800 milioni stimati, che saranno coperti dall’aumento.