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11 Gennaio 2024EDITORIA
Nella persuasiva e informatissima introduzione di Riccardo Deiana e Federico Masci c’è già tutto ciò di cui abbiamo bisogno per orientarci al meglio in questo libro che raccoglie i Pareri editoriali per Einaudi (pagine 248, euro 20,00) di Franco Fortini, pubblicato da Quodlibet in collaborazione con l’Archivio che del poeta porta il nome. Intanto questo primo dato: che Fortini, contattato per la prima volta per conto dell’editore da Natalia Ginzburg il 15 ottobre 1947, «fu consulente della casa editrice Einaudi in due periodi distinti: dal 1947 al 1963 e, dopo un’interruzione di circa quindici anni, dal 1978 al 1983». Con una precisazione: «Sebbene l’arco temporale della prima stagione sia più esteso, il numero maggiore di schede editoriali si ha nella seconda: più di un centinaio contro le diciassette del primo periodo ». Fatto che, come spiegano i curatori, ha la sua motivazione principale nella mancanza d’«un contratto ufficiale di collaborazione ». Una consulenza, insomma, che «non si è manifestata sempre allo stesso modo»: e che dunque, come si può ricavare da un’analisi circostanziata dei verbali delle famose riunioni editoriali del mercoledì e dalla corrispondenza tra il poeta e la casa editrice, ha «assunto fattezze plurime e goduto di ondivaga vitalità». Molta parte del risultato di questo impegno si trova ora ripartito nelle due folte sezioni che strutturano questo volume, in cui protagonista è paradossalmente la poesia (seguita dalla saggistica straniera), negli anni immediatamente precedenti al suo declassamento di mercato: Schede editoriali; Pareri delle lettere (di cui vengono riportati «stralci»).
Dico molta parte perché, con sicura intelligenza critica, Deiana e Masci si sono limitati a proporre qui i pareri che «meritavano di essere trascritti», escludendo così «tutti i contributi scritti di scarso interesse» e la totalità di quelli orali, i quali, «frutto di una circostanza dialogica, come è a tutti gli effetti una riunione di redazione, si consumano, nei casi più fortunati, nel rapido tempo di una battuta». ma lasciamo al lettore l’onere (e il gusto) di entrare nei dettagli quanto ai criteri che hanno guidato i curatori nella loro scelta. Più interessante è farsi un’altra domanda: che Fortini è questo che emerge da tale materiale d’archivio e che i due curatori, parlando dei volumi dei Nuovi poeti italiani, definiscono con brillante formula «un acuto rabdomante-editore »? E poi: quanto coincide il lettore-editore col Fortini poeta e critico che conosciamo? È proverbiale l’oscurità dell’intellettuale, persino nei suoi interventi militanti e politici, sino al punto che Cesare Garboli era arrivato e scrivere nel 1978, parlando d’un libro come Questioni di frontiera, queste parole: «Se c’è un luogo dove non vorrei entrare neppure per tutto l’oro del mondo, questo è la mente di Franco Fortini ». Ebbene: niente di tutto ciò nelle schede e nelle lettere editoriali. Hanno ragione i due curatori quando sottolineano, relativamente a un parere su Milo De Angelis, che nei suoi referti Fortini si muove sempre con una sorta di doppia vista, con un occhio rivolto alla «mossa editorialmente opportuna » e con l’altro al «rilievo qualitativo».
Tentiamo un’analisi più ravvicinata e prendiamo in considerazione una scheda che a me pare particolarmente esemplificativa, quella dedicata al Georges Perec di La vita, istruzioni per l’uso, che Fortini dettò al telefono l’11 gennaio 1979. Vi ravvisiamo, nonostante una prosa sarcastica non priva di malevolenza («Citati ha ragione, anche perché il libro gli somiglia»), un compito di schedatura realizzato alla perfezione.