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La Francia è sempre più il malato d’Europa. Non solo per i numeri impietosi del deficit e del debito pubblico – che in valore assoluto ha ormai superato quello italiano – ma per l’incapacità della politica di offrire una via d’uscita stabile. L’ultimo segnale è arrivato dal piano del nuovo premier François Bayrou: 44 miliardi di euro di tagli e aumenti fiscali, congelamento della spesa pubblica e la proposta di abolire due festività nazionali per stimolare la produttività. Una provocazione, certo, ma anche un segno di quanto sia drammatica la situazione dei conti francesi, con il deficit oltre il doppio del tetto di Maastricht.
Ma la Francia non è solo in difficoltà economica. Il Paese è politicamente ingovernabile. Dopo le elezioni anticipate, l’Assemblea Nazionale è frammentata: il partito di Marine Le Pen, pur arrivato terzo, è oggi la prima forza parlamentare e può sfiduciare il governo ogni volta che vuole. A sinistra, Jean-Luc Mélenchon si rafforza, mentre il centro macroniano perde pezzi. Nessuno ha i numeri per governare davvero.
Sul piano internazionale, questa instabilità pesa come un macigno. Gli investitori stanno abbandonando Parigi, mentre si rafforzano altri Paesi europei. La fiducia nei titoli di Stato francesi cala, e il paese viene sempre più percepito come un rischio sistemico per l’Unione Europea, proprio mentre Bruxelles discute il nuovo bilancio pluriennale e i piani di difesa comune.
La paralisi politica indebolisce anche la credibilità diplomatica di Macron. Il presidente cerca di compensare rilanciando il ruolo della Francia nei grandi dossier internazionali: la crisi in Medio Oriente, l’Ucraina, la nuova Europa politica. Ma la sua voce è meno ascoltata, perché il Paese alle sue spalle è più fragile che mai.
A questo si aggiunge una crisi sociale profonda. La natalità è crollata, la povertà dilaga (oltre 10 milioni di francesi sotto la soglia minima) e i migliori giovani emigrano. Il successo dei Giochi Olimpici del 2024 è un ricordo lontano. Il recente trionfo del Paris Saint-Germain in Champions League ha scatenato più violenza che entusiasmo. Anche le feste si trasformano in rabbia.
In questo scenario, il rischio alle presidenziali del 2027 è che la sfida sia tra Jordan Bardella, il giovane delfino lepenista, e Mélenchon, volto di una sinistra radicale. Una polarizzazione che lascia poco spazio ai moderati, mentre il Paese scivola verso un’implosione identitaria: la Francia rischia di non riconoscersi più, né nei suoi leader, né in se stessa.
L’Europa guarda con preoccupazione, perché senza la Francia – l’unica potenza nucleare e membro permanente al Consiglio di Sicurezza Onu – non c’è vera Unione Europea.