“Anche nelle facoltà scientifiche i migliori vengono da lì” I presidi in difesa: “La scuola non serve solo al lavoro”
La flessione degli iscritti sarà pur lieve, è lo 0,4%, ma preoccupa e, soprattutto, riaccende il dibattito: ha ancora un senso lo studio matto e disperato del greco e del latino? Più di un quarto dei ragazzi che hanno scelto il liceo va allo scientifico — un dato stabile — mentre al classico siamo al 5,8% (un anno fa era il 6,2%) con punte che superano il 9% in Sicilia, Calabria e nel Lazio, le regioni che hanno meno risentito della decrescita. Tradizionalmente scuola minoritaria, ed elitaria, il classico deve però fare i conti sempre più con l’avanzata delle discipline Stem. «Noi abbiamo tenuto e già questo è un miracolo, ma in prospettiva sono preoccupato», osserva Massimo Nunzio Barrella, preside del blasonato Parini di Milano. «Intanto dovremo fare i conti con il calo demografico e ci vorrà tempo prima di veder arrivare al classico i figli degli immigrati.
Ma quello che più lo farà soffrire è l’impatto con il mondo digitale e con una cultura che vuole discipline sempre più direttamente funzionali alla produzione».
Si corre ai ripari, già da alcuni anni i corsi di classico tradizionale si sono ristretti a vantaggio di percorsi scientifici anche nei licei storici, alfieri dello studio del greco e del latino. Il filologo Federico Condello, prorettore agli studenti all’Università di Bologna, autore del libro
La scuola giusta. In difesa del liceo classico ,
ribalta il ragionamento che vede gli scientifici favoriti: circa il 40% degli studenti del classico, dopo il diploma, fa scelte lontane dalla dominante umanistica, contro il 20% di chi esce da licei scientifici rispetto alle Stem. «Vuol dire che ci sono più studenti del classico che si muovono con agio all’università, e il tasso di libertà di scelta dovrebbe essere considerato uno degli elementi di salute di una scuola. Tra l’altro non è vero che il classico sia rimasto uguale dai tempi di Gentile».
Da Ingegneria a Fisica, da Medicina a Scienze, sempre più le università accolgono matricole che vengono dal classico. Anche in studi di frontiera. «Il fatto che il 5% delle matricole del nostro corso in Scienze matematiche per l’intelligenza artificiale abbia un diploma di liceo classico — spiega il direttore del corso alla Bocconi, Riccardo Zecchina — è un segno di ricchezza culturale, che dimostra come anche la formazione classica possa essere un viatico per questo tipo di studi».
Molti concordano con Galatea Vaglio, docente blogger: «Limitarsi a difendere il classico a spada tratta è classismo». Fa sintesi Paolo Pedullà, preside del Tasso a Roma: «Il classico va difeso e rinnovato. Un’ora in più di matematica sarebbe indispensabile. L’approccio scientifico e la capacità di tradurre dal greco e dal latino danno una marcia in più».