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di Elena Tebano
Le stime sul fenomeno in Italia. I casi di Grecia e Ucraina
Non ci sono in Italia numeri certi sui bambini figli delle coppie dello stesso sesso in attesa di riconoscimento. E neppure di quelli già riconosciuti. Dal 7 luglio, quando il Comune di Milano ha ripreso a registrare alla nascita entrambi i genitori dei figli nati all’interno delle coppie omogenitoriali, le registrazioni effettuate sono state 38. La grande maggioranza riguardano madri: per lo più di bambini e bambine nati in Italia dopo che le mamme hanno effettuato la fecondazione assistita eterologa nei Paesi in cui è legale, ma anche di bambini nati all’estero in Paesi che riconoscono l’omogenitorialità. Circa un terzo delle trascrizioni milanesi riguarda invece bambini figli di due padri con la maternità surrogata, ma non è una fotografia dei nati nei sei mesi trascorsi: comprende anche i nati negli anni passati che finora (al contrario dei figli di due madri) non erano stati «trascritti» e che sono recuperati dopo dall’anagrafe.
Le proporzioniC’è un dato empirico chiaro: in generale sono molte di più le madri dei padri, con un rapporto stimato di 9 a 1. Le coppie di donne possono fare la fecondazione eterologa all’estero, una procedura ormai facilmente accessibile in Europa, e poi partorire in Italia. I padri gay per avere figli devono ricorrere alla maternità surrogata, che è una procedura estremamente costosa (oltre che contestata) e quindi preclusa ai più, e possono farlo solo in Canada e negli Stati Uniti, gli unici due Paesi in cui la gestazione per altri è legale per le coppie di uomini non residenti. Il fatto che i figli delle coppie dello stesso sesso non vengano rilevati dipende dall’assenza di una legge per riconoscerli: all’anagrafe vengono registrati per lo più come figli di una madre single, o più di un padre single.
Un dato circolato in questi giorni è di 150 mila figli di coppie dello stesso sesso in attesa di riconoscimento. Ma è un numero sbagliato. Si basa su un’interpretazione impropria di una ricerca realizzata nel 2005 da Arcigay con il patrocinio dell’Istituto superiore di sanità da cui emergeva che «il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche con più di 40 anni ha prole. Se si considerano tutte le fasce d’età sono genitori un gay o una lesbica ogni 20». Proiettando queste percentuali sulla popolazione gay e lesbica italiana (un dato comunque in evoluzione perché aumenta con il diminuire dell’omofobia), si è arrivati a stimare 100 mila figli, che secondo alcuni sarebbero oggi 150 mila. Ma questo calcolo non dice niente sui bimbi nati all’interno di una coppia dello stesso sesso in attesa di vedersi riconosciuti i due genitori: dice quante sono presumibilmente le persone con un genitore che a un certo punto della propria vita si è identificato come gay, lesbica o bisessuale.
Non ci sono dati certi neppure sui genitori tramite maternità surrogata, di qualsiasi orientamento sessuale. Anche in questo caso stime empiriche calcolano che facciano la surrogata almeno 250 coppie all’anno, di cui il 90 per cento eterosessuali.
I viaggiLe coppie gay sembrano più numerose perché sono immediatamente riconoscibili: quando ci sono due padri, visto che l’adozione è preclusa alle coppie dello stesso sesso, è chiaro che i bambini sono nati con la maternità surrogata (in molti Paesi europei per i padri gay è possibile adottare ma bisogna risiedervi da anni e questo taglia fuori quasi tutti gli italiani). Le coppie eterosessuali che ricorrono alla surrogata fanno di tutto per nascondersi, nel timore di vedersi togliere i bambini, anche se da anni ormai i processi aperti in proposito hanno concluso che il fatto che la maternità surrogata sia illegale in Italia non è un motivo per toglierli ai loro genitori. La meta preferita dalle coppie eterosessuali per la surrogata era l’Ucraina, e in parte lo rimane nonostante la guerra. Subito dopo c’è la Grecia (entrambe non accettano coppie gay). Di solito i genitori vanno in quei Paesi e tornano con un atto di nascita ucraino o greco che li indica come il padre e la madre del bambino nato qualche settimana prima, senza che da nessuna parte sia indicato che è stato partorito da una madre surrogata.
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