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19 Novembre 2022L’attuale strumento urbanistico – il Piano operativo – è del tutto carente di un’idea di città e del suo futuro
19 Novembre 2022Giani chiede l’autonomia differenziata sul patrimonio culturale e l’energia geotermica
G.Be.
«Occorre attuare l’articolo 5 della Costituzione e concedere alla Toscana l’autonomia differenziata. Chiediamo lo si faccia in due materie, i Beni e il patrimonio culturale e l’energia geotermica, in cui abbiamo due patrimoni davvero unici e indubbie competenze e capacità». Il presidente della Toscana Eugenio Giani entra a far parte della truppa trasversale di governatori che rivendicano maggiore indipendenza su temi specifici. Nel corso della riunione che ha avuto ieri a Roma nella Conferenza delle Regioni, ha spiegato: «Abbiamo già servizi per gestire in autonomia questi settori. Penso ai Beni culturali e a ciò che abbiamo deciso di fare insieme all’ex ministro Franceschini costituendo una Fondazione in cui sono insieme Comune, Regione e Stato per gestire il patrimonio di Mitoraj o al prossimo museo che verrà allestito a San Casciano dei Bagni per dare la giusta collocazione alle 24 statue che sono state appena rinvenute». Proprio in quella sede il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli ha anticipato ieri la bozza del provvedimento che riguarda l’autonomia differenziata, un documento che porterà all’approvazione del Consiglio dei ministri. Tra i governatori storicamente favorevoli all’iniziativa, i leghisti Luca Zaia e Attilio Fontana, ma anche il presidente dem dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, a cui si è aggiunto ora anche Giani. Il punto divide da sempre le sensibilità della politica a livello geografico, dato che i territori meridionali mettono in guardia dalla creazione di territori di «serie A e di serie B». «L’autonomia differenziata — replica su questo punto il presidente toscano — non va letta come un problema di risorse da dividere tra nord e sud Italia creando squilibri. Piuttosto dobbiamo leggerla come l’Italia che, attraverso questa pratica, dà ad alcune Regioni spazio per decidere su materie in cui hanno la maggiore competenza» .
Autonomia a quale prezzo?
di Stefano Fabbri
Rischia di essere stucchevole e fuorviante la riduzione del confronto sull’autonomia regionale, differenziata o meno, a una specie di duello tra Nord e Sud. Non minore rischio lo corre una visione altrettanto schematica e cioè se la questione sia di destra o di sinistra. Senza contare che, per ora, quest’ultima non pare aver colto pienamente la contraddizione apertasi nella compagine delle forze di governo su questo tema: il tardivo incontro riparatore di ieri promosso da Giorgia Meloni non riesce a mascherarla. Ma di occasioni perse il centrosinistra ha un intero album da collezione, e la figurina della fuga in avanti del ministro Roberto Calderoli, che ha lasciato al palo i presidenti di Regione illustrando quasi a sorpresa il proprio progetto, non sarà certo l’ultima da incollare. Nei primissimi anni Novanta fu l’allora presidente della Toscana Vannino Chiti a spingersi sul terreno allora tabù del federalismo fiscale, strappando di mano alla Lega quella che pareva l’esclusiva competenza sul rapporto tra autonomie e Stato e sfidando con in mano un’idea seria e credibile lo stesso Umberto Bossi. Impossibile non ricordarlo di fronte allo zig-zagare in ordine sparso del Pd davanti al progetto di Calderoli. Il disegno del ministro sembra modellato su una improbabile autonomia on demand, in cui dagli scaffali del supermercato istituzionale si possa scegliere una o più delle 23 materie che potrebbero essere devolute dallo Stato alle Regioni.
Con la possibilità di far crollare la scaffalatura della Costituzione. Un progetto sul quale c’è una complessa varietà di posizioni assunte da esponenti politici e dagli stessi presidenti di Regione di centrosinistra. I due governatori Pd che sembrano più disponibili sono l’emiliano Stefano Bonaccini, il quale peraltro ha prudentemente ricordato che la bozza di Calderoli è «ritirabile», ed Eugenio Giani. Il presidente della Toscana, in un’intervista a La Repubblica , ha già prenotato due materie per la nostra Regione: i beni culturali e l’energia, soprattutto la geotermia. Dietro l’ opzione c’è il fatto che questo territorio è ricco di entrambe le risorse, assicurando così alla Toscana una specie di comfort-zone. Ma è legittimo chiedersi se, nel caso in cui fosse possibile, non sarebbe meglio cercare di aggiudicarsi competenze su ciò che manca, spesso proprio a causa della limitata possibilità di manovra delle Regioni, a cominciare dai sistemi infrastrutturali locali sostenibili. E in ogni caso ci sono le capacità per farlo? Veniamo da un periodo in cui la prestazione delle Regioni non ha sempre brillato: basti pensare all’emergenza Covid, che ha fatto anche balenare l’idea di riaccentrare il sistema sanitario gestito da anni dalle autonomie regionali; oppure al grido di allarme lanciato per la preparazione dei progetti del Pnrr poiché non c’erano sufficienti energie e competenze. E non basta la pur positiva congiunzione astrale descritta ieri su queste pagine dal presidente della Camera di Commercio Leonardo Bassilichi, per cui i principali attori istituzionali ed economici, almeno quelli fiorentini, sono per ora allineati come pianeti. C’è uno scenario complesso e da maneggiare con cura, dove sarebbe preliminare la valutazione sull’opportunità di rendere disponibili alla dimensione regionale, o chiedere che lo siano, questioni come le reti strategiche, di cui un altro evento drammatico come la guerra ha messo in luce il ruolo nella necessaria coesione del Paese. Perché, dopo lo shopping, c’è il rischio di pagare un conto salato alla cassa.
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