Via libera al nuovo Patto di Stabilità Sì dell’Italia dopo l’astensione in Aula
30 Aprile 2024Ilva, i sindacati dicono no al nuovo piano del governo
30 Aprile 2024Il voto europeo si sta concentrando sui nomi, la questione diventa se scrivere Giorgia sulla scheda elettorale sia una trovata efficace o un trucco per personalizzare una sfida e rinviare – o nascondere – i problemi legati soprattutto alla tenuta dei conti pubblici. Ognuno dice la sua ma di certo dall’opposizione hanno seguito lo stesso copione, così Schlein è candidata in due circoscrizioni con il suo cognome in lista. Il trucco c’è ma non è solo della leader di FdI, entrambe resteranno a Roma. Certo, l’eccezione è che in Italia si candida la premier e si vedrà con quale forza elettorale andrà a Bruxelles per condizionarne le trattative sia politiche che finanziarie sulla prossima legge di bilancio.
Succede, però, che nel frastuono della campagna elettorale accadano fatti: nelle prossime ore andrà in Gazzetta ufficiale Ue il nuovo Patto di stabilità e noi siamo tra gli 11 Paesi con deficit eccessivo (il più alto del 2023). Qui è necessario fare un breve riassunto della posizione italiana perché, oltre i voti presi dalla premier, conterà anche cosa metteremo sul tavolo negoziale di Bruxelles: innanzitutto c’è il no al Mes che blocca l’avvio del meccanismo per tutti gli altri partner Ue; il “ni” sul Patto di stabilità perché a fine anno il Governo ha dato il via libera, poi invece – una settimana fa – la destra si è astenuta al Parlamento Ue, infine, ieri al Consiglio Ue dei ministri dell’Agricoltura è arrivato il via libera formale. Guarda caso, non c’era il ministro Lollobrigida ed è toccato al sottosegretario leghista D’Eramo dare il disco verde. Insomma, nel giro di una sola settimana è di nuovo cambiato il giudizio sul Patto. Ormai il sì è definitivo e presto le regole entreranno in vigore. Tra l’altro pure il Pd si è astenuto nonostante la tradizione euro-fedele e il Commissario Ue Gentiloni (Pd).
Accanto a questo zigzag, vanno messe in fila altre questioni: il ritardo sul Pnrr certificato dalla proposta di Giorgetti di far slittare in avanti le scadenze; il dato dei Fondi Ue 2021-2027 da cui risulta che in tre anni la spesa italiana è sotto quota 1% (vedi Sole 24 Ore del 24/4); il continuo rinvio di direttive come quella sui balneari o ambulanti. È legittimo quindi chiedersi se un consenso elettorale, per quanto consistente, possa “sanare” ambiguità e ritardi. E se la spinta popolare sia di per sé sufficiente a rafforzare una posizione negoziale dove contano pure i risultati. Ora il Governo prova lo sprint concentrando su Palazzo Chigi sia la gestione del Pnrr che dei Fondi di coesione (oggi il decreto va in Cdm) ma anche qui sorge una domanda: si punta ad accentrare mentre in Parlamento si vota l’Autonomia differenziata?