La cena di lavoro dei leader al Consiglio Europeo è terminata senza un accordo sulla migrazione. «I leader non hanno approvato le conclusioni» sul dossier, spiegano fonti Ue. Al testo si sono opposte Polonia e Ungheria, i paesi alleati europei della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

I lavori del vertice riprenderanno oggi verso le 9:30 con la volontà di giungere a un accordo sul dossier migratorio prima di passare agli altri temi previsti in agenda: la Cina, la situazione economica, e le strategie di sicurezza economica, oltre che un passaggio dedicato alla Tunisia, un altro tema di fondamentale rilevanza per l’Italia.

L’Italia osserva la questione con vivo interesse: il governo ha voluto fortemente riportare il dossier migratorio nei dibattiti del Consiglio europeo ed è sicuramente fra i Paesi che più hanno sostenuto l’accordo dello scorso 8 giugno.

La presidente del consiglio Meloni al suo arrivo ai lavori del Consiglio, ieri mattina, ha espresso soddisfazione per la bozza della risoluzione finale che, tuttavia, ora è ferma proprio a casa dell’intransigenza di due suoi alleati storici come Viktor Orban e Mateusz Morawiecki. Il primo ministro del Belgio, Alexander De Croo, ha elogiato i tentativi di mediazione della premier, ma al momento superare questo stallo resta abbastanza complicato.

IL NO DELLA POLONIA

«Abbiamo segnalato molto direttamente che non accetteremo nessuna redistribuzione obbligatoria», ha affermato il ministro polacco per gli Affari europei, Szymon Szynkowski vel Sek, intercettato dai cronisti a margine del Consiglio.

Se la parte sui migranti verrà tolta dalle conclusioni «questo dipenderà dai leader», ha aggiunto. «Sicuramente è una discussione complicata perché abbiamo mostrato chiaramente la nostra linea rossa e non possiamo andare oltre. Lo abbiamo sempre segnalato, non accetteremo soluzioni che tornano alla soluzione proposta nel 2015-16, ossia il meccanismo di ricollocamento obbligatorio», ha rimarcato il ministro.

LA LUNGA CENA

L’accordo approvato dai ministri dell’Interno andrà negoziato con il Parlamento e una volta trovato un compromesso sarà necessario un nuovo voto finale al Consiglio Affari interni. Per questo Polonia e Ungheria insistono sull’unanimità.

In questo potranno ancora dire la propria ed eventualmente bloccare l’approvazione finale del Patto per le migrazioni e l’asilo. Condizione ovviamente inaccettabile per buona parte degli altri Stati Ue. La cena di giovedì sera si è protratta a lungo, oltre l’una di notte. Ma senza successo. Per il premier olandese, Mark Rutte, la mancata approvazione delle conclusioni è più questione di forma che di contenuto. «Non è un problema, che ci siano le conclusioni o meno sulla migrazione. Se ci saranno sarebbe bene, altrimenti non è un problema. C’è un ampio accordo sulla questione della dimensione esterna della migrazione. Vediamo come andrà domani», ha detto lasciando il vertice.

Per la Polonia, però, non è digeribile che altri – in questo caso l’Ue – possano obbligare ad accogliere i migranti. «No all’immigrazione clandestina, no all’imposizione di sanzioni pecuniarie o a sanzioni varie», è il messaggio con cui si è presentato il premier polacco. Il piano polacco – ha spiegato – «è un no all’abbandono della regola dell’unanimità e un sì alla sovranità, alla sicurezza, soprattutto a quella dei confini polacchi, delle strade polacche, delle città e dei villaggi polacchi. Ma ovviamente auguriamo lo stesso ai nostri amici europei».

«La Polonia – ha aggiunto – sa molto bene cos’è la solidarietà e non abbiamo bisogno che ci venga insegnata. Abbiamo accolto oltre tre milioni di rifugiati. Un milione e mezzo sono ancora nel nostro Paese. Abbiamo aperto case polacche». Eppure, ha sostenuto Morawiecki, «nel caso dell’Ucraina, la Polonia ha ricevuto scarso sostegno: alcune decine di euro per rifugiato. Nel caso di un rifugiato non accettato dal Medio Oriente, dobbiamo essere puniti con una multa di 20 mila euro o più. Non siamo d’accordo», ha attaccato.