
Un nome antico per una sfida nuova
9 Maggio 2025
“Putin-Xi amici d’acciaio” il grande show dell’intesa per la festa della Vittoria
9 Maggio 2025L’accordo Via le tariffe su acciaio e alluminio, tagli all’auto, tanta carne Usa: la Casa bianca celebra
LONDRA
Ieri, ottantesimo anniversario della vittoria Alleata sui nazifasci, veniva siglato ed annunciato in pompa magna il primo accordo commerciale fra gli Stati Uniti neo-protezionisti di Donald Trump e il primo paese europeo suo malgrado, la Gran Bretagna di Keir Starmer. Trump lo aveva descritto fin dai primi tweet mattutini come un vasto accordo, ma nella conferenza stampa nello Studio ovale, in presenza dell’ambasciatore britannico Peter Mandelson (ex materia grigia del New Labour di Tony Blair) non è entrato in dettagli, limitandosi a enuclearne le anticipazioni. Il resto sarà messo a punto nelle prossime settimane. Starmer, collegato telefonicamente, lo ha definito «fantastico, storico», foriero di una partnership commerciale dei due paesi più intensa e come un vero e proprio omaggio al passato comune di stretta collaborazione da essi condiviso.
NEL SEGNO di un mercato ormai solidamente ex-libero, l’accordo prevede l’eliminazione dei sulfurei dazi al 25% sull’acciaio e l’alluminio del Regno importati negli Stati Uniti annunciati in precedenza dal presidente americano: un gancio in mezzo al cielo per la dolorante siderurgia britannica. Ridotti soltanto al 10% dal 27,5% quelli sulle auto britanniche, ma limitato alle prime 100mila unità importate. Dazi zero anche su motori e componentistica aeronautica della Rolls Royce, mentre la Gran Bretagna importerà dieci miliardi di dollari di commissioni dalla Boeing. In attesa di definizione ulteriore anche il commercio agricolo, che vedrà il libero ingresso di macchinari, fertilizzanti e carni americane in Uk. Il segretario al commercio degli Stati Uniti Howard Lutnick ha dichiarato che l’accordo incrementerà di 5 miliardi di dollari le opportunità agli esportatori americani.
La redazione consiglia:
Nel gioco a somma zero in cui Trump ha costretto il commercio con l’estero, hanno come al solito vinto tutti. Secondo Starmer/Mandelson l’accordo è un grande successo diplomatico. Dagli stabilimenti della Jaguar Land Rover dove si era strategicamente portato dopo la fitta giornata di celebrazioni del VE Day, Starmer ha enfatizzato il buon lavoro svolto: «Questo deal significa che le tariffe statunitensi saranno ridotte dal 27,5% al 10% per 100.000 veicoli ogni anno», ha detto rivolgendosi alle maestranze. «Si tratta di una riduzione enorme e importante». Quanto all’agricoltura, che vedeva un evidente scontento da parte degli allevatori britannici non solo per via dei temuti bassi standard zootecnici della carne americana, Starmer ha affermato che l’accordo con gli Usa darà un accesso al mercato statunitense senza precedenti per gli agricoltori britannici senza compromettere i «nostri stringenti controlli qualitativi».
IN CAMBIO delle concessioni su acciaio e automotive, il governo britannico rimuoverà i controdazi sull’etanolo per le merci statunitensi. Dal canto suo, il Secretary of Agriculture americano Brooke Rollins ha commentato durante la stessa conferenza stampa presidenziale che l’accordo avrebbe aumentato esponenzialmente le esportazioni di carni bovine nordamericane.
È IL PRIMO accordo commerciale da che Trump aveva scatenato la sua iniziale offensiva protezionista. Il presidente lo aveva annunciato sin dall’alba di un giorno simbolico per ovvi motivi (il busto di Churchill, ripetutamente traslocato dentro e fuori lo Studio ovale fin dalla presidenza Obama, vi è stato reintrodotto da Trump assieme al resto delle suppellettili a lui tanto care). Non un caso dunque che sia stato annunciato proprio ieri, anche se non può certo considerarsi un modello per i ben più congrui accordi che la Casa Bianca vorrà siglare con economie come il Giappone e l’Ue (definita «ingiusta» da Trump), soprattutto perché il volume del commercio con il Regno Unito ammonta al 3% del totale commercio con l’estero nordamericano. Poca roba, insomma. Tanto più che il Regno Unito imponeva un magro 1% sulle importazioni estere: passare dall’1 allo 0% non è poi questo grande risultato.
LE OPPOSIZIONI? I Tories di Kemi Badenoch vedono la Gran Bretagna come «fregata», mentre Nigel Farage considera l’accordo «un passo nella giusta direzione», vedendolo come un frutto di Brexit, come del resto Boris Johnson e lo stesso Donald Trump.