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30 Giugno 2022PARLEREMO DI CICLISMO
30 Giugno 2022Il lavoro
Sotto il Quarto Stato in Palazzo Vecchio l’incontro tra gli studenti universitari e i vertici nazionali di Cgil, Cisl e Uil “ Non dovete farvi ingannare da contratti- pirata”. “ Già, ma così rischiamo di perdere le poche occasioni di occupazione”
diAzzurra Giorgi
«Come si può evitare che, di fronte a retribuzioni che non permettono l’indipendenza, si debbano rifiutare opportunità o si debba andare all’estero? » . La prima domanda che gli universitari fanno ai vertici di Cgil, Cisl e Uil, mette insieme tutto: bassi stipendi e alto costo della vita, competenze che rischiano di non essere valorizzate e doversene andare, e un mercato del lavoro che fa sempre più fatica a far incontrare domanda e offerta. Nel penultimo giorno prima della partenza del Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, la grande tela arrivata nella Sala dei Cinquecento il 1° maggio in prestito da Milano, il sindaco Dario Nardella riunisce sindacati e studenti affinché si confrontino «sul lavoro, una delle priorità, se non la priorità » perché « i giovani sono un po’ il Quarto Stato», dice il sindaco che parla di salario minimo e taglio alle tasse sul lavoro. Accanto a lui, il segretario Cisl, Luigi Sbarra, il segretario Uil, Pierpaolo Bombardieri e Christian Ferrari della segreteria nazionale Cgil (in sostituzione di Landini), che concordano nel dire « basta precariato » : « Ha già bruciato due generazioni, bisogna ripristinare il principio per cui la regola deve essere il lavoro stabile, indeterminato. Tutto il resto un’eccezione» dice Ferrari.
« Cosa possiamo fare noi giovani? » chiede Riccardo Righini, 24 anni, studente di architettura all’Università di Firenze: «Dovete pretendere la giusta applicazione del contratto di riferimento, non dovete lasciarvi ingannare da contratti pirata che vi condannano a bassi salari, orari pesanti, negazione di straordinari retribuiti. E continuate a investire in formazione » dice Sbarra, convinto che «per ogni euro speso in nuove tecnologie ne deve corrispondere uno sul capitale umano, sul lavoro. Il lavoro povero non si affronta con una legge sul salario minimo, bisogna combatterlo a partire dalle tante persone, soprattutto donne, intrappolate in part- time involontari. E basta con quest’idea dei giovani fannulloni: quando non li si massacra rispondono alla chiamata del lavoro». Un mercato che in tre anni ha visto il calo drastico dei contratti a tempo indeterminato per gli under 30 ( passati dal 21% delle nuove assunzioni nel 2015 all’ 8% del 2021 secondo la Ires-Cgil), l’aumento dei determinati, il raddoppio di quelli a intermittenza, e in cui « servono misure per il lavoro femminile» dice Giuliana Morel, studentessa 26enne di Finanza e Gestione del rischio. «Bisogna assicurare che ci siano condizionalità forti per le imprese che chiedono stanziamenti e incentivi: nei bandi di gara deve esser previsto l’impegno delle aziende a incrementare l’occupazione netta di giovani e donne – continua Sbarra -. E poi investimenti». Che le « infrastrutture » siano fondamentali lo dice anche Bombardieri, che ricorda come «in questo Paese il 75% dei contratti è precario » e chiede ai ragazzi di « non accettare compromessi. Date fastidio, anche all’interno delle nostre organizzazioni, combattete per cambiare le cose che vivete».
Nel Salone dei Cinquecento, gremito, i ragazzi hanno idee chiare. Per Carolina Rocca, 32 anni, studentessa di Economia, «servono corsi di formazione per rispondere ai problemi di domanda e offerta. Il Comune dovrebbe coordinarsi con l’Università per far formazione», mentre Alessandro Corsetti, 23 anni e iscritto a Scienze Politiche, chiede « corsie preferenziali per gli studenti dell’Università » affinché « scelgano Firenze come luogo di lavoro » anche nella cultura e in un turismo che pur deve essere ripensato.
Oltre le proposte, i dubbi. « Ho visto molti colleghi dover rinunciare al lavoro o accettare condizioni che sono, in realtà, sfruttamento – conclude Righini -. Servono soluzioni dall’alto e dal basso: nel primo caso spero non ci siano soltanto chiacchiere ma fatti, nel secondo bisogna insistere nel chiedere i nostri diritti. Ma può avere un costo: i lavori più belli sono spesso sottopagati, a volte pretendere diritti rischia di costarci il lavoro stesso».