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Roma
Gli effetti del post-pandemia si fanno sentire sull’Italia e gli italiani. Secondo il Rapporto annuale 2023 dell’Istituto nazionale di statistica (circa 200 pagine) presentato ieri alla Camera dal presidente Francesco Maria Chelli, il nostro è un Paese resiliente, ma ancora in ritardo sui temi dell’innovazione e dell’ambiente, con il nodo della denatalità e dell’inclusione di giovani e donne nel mondo del lavoro. « Il Paese è stato messo a dura prova dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica che ne è seguita – sintetizza Chelli –. Molte disuguaglianze a livello economico, sociale e territoriale si sono aggravate. Nell’ultimo biennio, altri fronti di crisi si sono sovrapposti: la guerra in Ucraina, le tensioni a livello internazionale, la crisi energetica e il ritorno dell’inflazione. Si tratta di fattori che hanno condizionato la ripresa dell’economia e accresciuto il disorientamento delle famiglie e l’incertezza per le imprese. Eppure, l’Italia ha mostrato una considerevole capacità di resilienza e reazione».
I giovani vulnerabili
Nel 2022 quasi un giovane su due (47,7% dei 18-34 enni) mostra almeno un segnale di deprivazione in uno dei “domini” chiave del benessere (Istruzione e Lavoro, Coesione sociale, Salute, Benessere soggettivo, Territorio). Di questi giovani oltre 1,6 milioni (pari al 15,5% dei 18-34enni), sono multi-deprivati ovvero mostrano segnali di deprivazione in almeno due domini.
I livelli di deprivazione e multi-deprivazione sono sistematicamente più alti nella fascia di età 25-34 anni, che risulta la più vulnerabile. La crisi pandemica ha esercitato i suoi effetti negativi rispetto alla maggioranza dei domini, ma un impatto particolarmente intenso lo ha prodotto in quello Istruzione e lavoro; anche se nel complesso i livelli pre-Covid sono stati recuperati, la ripresa non riguarda il segmento dei più giovani (18-24), i quali, nonostante siano caratterizzati da livelli più bassi di deprivazione rispetto ai 25-34 anni (17,2% contro il 22,3%), hanno risentito degli effetti negativi in modo più intenso e duraturo.
Per mettere le nuove generazioni in grado di affrontare positivamente i cambiamenti in atto, e per prevenire l’insorgere di situazioni di vulnerabilità, sottolinea l’Istat, è necessario garantire a tutti bambini fin dalla nascita livelli di benessere che consentano un adeguato livello di sviluppo fisico, cognitivo, emotivo e relazionale. Questo obiettivo va perseguito incidendo sui contesti di vita dei bambini e sulle opportunità educative, formative, culturali e di socializzazione a cui sono esposti. Inoltre, è fondamentale che queste opportunità siano caratterizzate da equità di accesso, riducendo, per quanto possibile, l’influenza dei contesti, non solo familiari, di appartenenza. Quest’ultimo aspetto è determinante per poter sottrarre i minori dal circolo vizioso della povertà e alle sue conseguenze sui percorsi di vita individuali. In Italia la trasmissione intergenerazionale delle condizioni di vita sfavorevoli è particolarmente intensa. Gli ultimi dati disponibili per la comparazione a livello europeo si riferiscono al 2019 e ci dicono che nel nostro Paese quasi un terzo degli adulti (25-49 anni) a rischio di povertà proviene da famiglie che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria.
Un esercito di Neet
In Italia, nel 2022 quasi un quinto dei giovani tra i 15 e i 29 anni rientra nella categoria Neet: non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione. Un’intera generazione dimenticata.
Il tasso italiano di Neet è di oltre sette punti percentuali superiore a quello medio europeo e, nell’Unione Europea, secondo solo alla Romania. Il fenomeno interessa in misura maggiore le ragazze (20,5%) e, soprattutto, i residenti
nelle regioni del Mezzogiorno (27,9%) e gli stranieri, che presentano un tasso (28,8%) superiore a quello degli italiani di quasi 11 punti percentuali; questa distanza raddoppia nel caso delle ragazze straniere, per le quali il tasso sfiora il 38%.
La crisi delle nascite
Nel primo quadrimestre 2023 le nascite in Italia, pari a 118mila unità, continuano a diminuire: -1,1% sul 2022, 10,7% sul 2019. Il 2022 si contraddistingue per un nuovo record del minimo di nascite (393mila, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400mila) e per l’elevato numero di decessi (713mila). Dal 2008, anno di picco relativo della natalità, le nascite si sono ridotte di un terzo. Il saldo naturale è diminuito in modo progressivo nel corso del tempo, toccando il minimo nel biennio 2020-2021, quando si è registrata una riduzione di oltre 300mila individui in media annua. A questo si aggiunge, nel 2022, un ulteriore decremento di 321mila unità, che porta quindi, in soli tre anni, alla perdita di quasi un milione di persone (957mila unità). Il calo delle nascite tra il 2019 e il 2022 (27mila unità in meno), dipende per l’80% dal cosiddetto “effetto struttura”, ovvero dalla minore numerosità e dalla composizione per età delle donne. Il restante 20% è dovuto, invece, alla minore fecondità: da 1,27 figli in media per donna del 2019 a 1,24 del 2022. L’evoluzione di periodo del numero medio di figli per donna in Italia continua a essere fortemente condizionato dalla posticipazione della genitorialità verso età più avanzate. L’età media al parto per le donne residenti in Italia, aumentata di un anno dal 2010 al 2020, è stabile negli ultimi due anni e pari a 32,4 anni.
Sempre più anziani
Al 31 dicembre 2022, la popolazione residente in Italia ammonta a 58.850.717 unità (-179.416 rispetto all’inizio dello stesso anno, -3 per mille). Nel 2022 la stima della speranza di vita alla nascita è di 80,5 anni per gli uomini e 84,8 anni per le donne.
Nonostante l’elevato numero di decessi di questi ultimi tre anni, oltre due milioni e 150mila, di cui l’89,7% riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media della popolazione da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023. Il numero stimato di ultracentenari raggiunge il suo più alto livello storico, sfiorando, al 1° gennaio 2023, la soglia delle 22mila unità, oltre 2mila in più rispetto all’anno precedente. Gli ultracentenari sono in grande maggioranza donne, con percentuali superiori all’80% dal 2000 a oggi. Risultano in diminuzione tanto gli individui in età attiva, quanto i più giovani: i 15-64enni scendono a 37 milioni 339mila (sono il 63,4% della popolazione totale), mentre i ragazzi fino a 14 anni sono sette milioni 334mila (12,5%).
La variabile ambiente
Oltre il 70% della popolazione considera il cambiamento climatico o l’aumento dell’effetto serra tra le principali criticità del Paese, con una quota più marcata tra i giovani di età compresa tra 20-24 anni. I più giovani, tra i 14 e i 19 anni, sono i più sensibili al tema della difesa della biodiversità. Differenze di genere nell’orientamento verso l’ambiente si rilevano rispetto all’adozione di comportamenti ecosostenibili che sono più diffusi tra le donne, sia quando si tratta di contenere gli sprechi di acqua ed energia, sia soprattutto nei comportamenti di acquisto.